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Herald Tribune "Gli stilisti italiani volgari, eccessivi, vestono le veline è colpa di Berlusconi"

eh, no ancora?

Suzy Menkes è una reporter da sempre osannata per le sue considerazioni post passerella, come sempre e come il mondo sa bene fare è stata per anni messa su un piedistallo per la sua audacia e il suo stile nel descrivere la moda e le tendenze sulle colonne dell’Herald Tribune. Non può che scoppiare un piccolo scandalo fra gli stilisti italiani quando la signora Menkes decide che la moda italica e i suoi "colori" sulle passerelle della settimana della moda risultano "volgari, sexy e adatti a vestire solo i festini del premier". Non mi soffermerei su quanto possa essere fuori luogo l’accorpamento governo/ moda, scenderei invece nel dettaglio delle sue affermazioni, ovviamente studiate per avere un tanto di pubblicità quanto basta da rubare la scena alle altre personalità in prima fila alle sfilate.

Soggetti dell’attacco sarebbero stati principalmente Emporio Armani, Pucci e Bottega Veneta, ma anche Versace ha avuto di che godere dagli improperi della giornalista, che attacca Giorgio Armani per aver inserito nella sua linea Emporio "Sgargianti vestiti, coloratissimi shorts e look da giovane donna pronta per il trampolino" mentre Pucci avrebbe abbandonato la classe aristocratica che contraddistingue la maison per "moda appiccicata addosso". Immancabile poi, e non del tutto estranea al pensiero comune, la frase bacchettona "Le donne non si vestono così, hanno bisogno di abiti portabili che si possono piegare, mettere in valigia e tirare fuori con tutta comodità".

Interessante come una giornalista di moda quotata sia capace di dire tante castronerie tutte insieme per giustificare un attacco alla moda italiana privo di fondamento. Sarebbe giusto lasciare che ognuno facesse il proprio mestiere, sebbene la moda sia un po’ una grande azienda, senza cavalcare l’onda della polemica per tentare di mettere in cattiva luce una delle poche cose che ancora stenta a vacillare, il made in Italy. Senza molta retorica però e analizzando le sue parole si può dedurre come la Nostra goda di poca memoria per quanto riguarda la moda italiana.

Partiamo da Emporio Armani, che è la linea giovane e meno costosa proposta dallo stilista, che da anni propone il colore distaccandosi dal classico "Giorgio" sempre sulla linea del bianco e nero e dell’argento, d’altraparte basta camminare per strada per accorgersi di quanto gli shorts vadano di moda, anche senza veline a strisciare sui banconi.

Versace dal canto suo non è certo mai stata una maison votata al passare inosservati, soprattutto con l’avvento di Donatella a dirigere la macchina aziendale. Le modelle in vetrina con abiti accecanti proposti al VFNO ne sono un esempio, ma se andiamo indietro nel tempo anche il famoso vestito verde con la generossissima scollatura che sfoggiò la portoricanissima Jennifer Lopez era di Versace, al tempo fu definito "audace, ma bellissimo" succedeva più o meno dieci anni fa, anni in cui la D’Addario forse andava ancora alla scuola per giovani manager. 


Arriviamo poi a Pucci che del colore ha sempre fatto il suo punto forte, la vivacità, la fantasia dei suoi accostamenti sono sempre stati sopra le righe, ma immortali e che tutto ad un tratto diventino "volgari" mi puzza un po’ di tirata per i capelli.
Mi chiedo poi come si possa avere questa concezione delle passerelle italiane riducendo tutto alla bieca polemica, quando poi Suzy Menkes scrive un articolo per il NY Times Online del 28 settembre in cui tesse le lodi di Salvatore Ferragamo (il fondatore was born in Avellino) e del suo giallo paglierino in passerella, con tanto di foto a dimostrarne l’entusiasmo. Forse perchè Christina Ortiz è spagnola, forse perchè la Ferragamo ha siglato un accordo di licenza con la Timex Group, l’anno scorso e quindi un po’ americana lo è diventata.

Senza parlare del commento “le donne non si vestono così” si dovrebbero eliminare quindi le sfilate, tutte, dell’Alta Moda e per prima quella di John Galliano e di Dior. Quando la moda si esprime nella forma più pura dell’arte è difficile metterla in valigia e suppongo che chi si possa permettere la spesa abbia qualcuno che si occupa di portare i vestiti a mano.

Insomma purtroppo le uscite ridicole dei giornalisti che precipitano dai piedistalli eretti dalle stesse persone che ne traggono beneficio sembrano essere sempre attualissime, penso comunque che se ci si interessa di moda lanciare dei paragoni politici così facili sia un po’ azzardato. D’altraparte l’anno scorso andavano di moda gli anni ottanta, sarebbe come dire che è stata colpa di Clinton se sulle passerelle sono apparse delle ginocchiere.

La comodità non si discute.


Commenti all'articolo

  • Di massimo (---.---.---.131) 1 ottobre 2009 01:39

    Complimenti a chi ha scritto l’articolo.
    Peccato che in Italia ci siano molti che godono a vedere alcuni arroganti giornalisti esteri a parlare male del nostro paese, per loro chiari interessi personali o nazionali.

    • Di Ambra (---.---.---.129) 1 ottobre 2009 08:58

      Grazie Mille.
      In realtà mi ha stupito l’accoppiata, mi ha fatto pensare che lei abbia ambizioni che nessuno le fa sfogare, tipo quelle di scrivere di politica, così ha deciso di infilarla dove non c’entra proprio...In effetti come dici tu a volte nessuno sa farsi del male come noi.

    • Di virginia (---.---.---.53) 1 ottobre 2009 11:19

      Ambra, non si è fatto notare che contemporaneamente all’Herald Tribune, una folta schiera di quotidiani tra i quali anche Le Monde ed altri, inglesi, non sospetti di simpatie destrorse, hanno fatto l’elogio della moda italiana e delle sfilate.
      Si è anche spiegato così il livore dell’Herald Tribune: il fashion system anglosassone è in grande declino e nemmeno Mary Quant o Vivienne Westwood riescono a risollevarlo perché non hanno ancora capito che la crisi ha cambiato il costume.
      Personalmente sono dell’idea che le ultime recenti sfilate italiane abbiano rappresentato un esempio ( nella loro eterogeneità) di come di fronte alla crisi economica ci si possa rimboccare le maniche e inventarsi stili e materiali adatti al momento.

    • Di Ambra (---.---.---.129) 1 ottobre 2009 12:04

      Si beh in realtà nell’articolo è ben chiaro che anche il NY Times ( che è poi la versione solo americana del tribune) e la stessa giornalista abbiano sostenuto le passerelle degli stilisti...quindi la sua uscita oltre che infelice è anche stata smentita dalle sue stesse parole...
      Diciamo che io l’ho presa come una volontà sua di esprimersi sulla politica quando nessuno le da modo di farlo... o forse è un suo inizio di una carriera anche in quel mondo.
      La moda anglosassone poi è sempre stata molto varia, ma molto concentrata su se stessa, la Vestwood che tu citi ad esempio e che io adoro ha basato il suo concetto sui kilt post punk e raramente si è mossa dalla sua visione...Quella che detta le regole però anche se l’Italia ha il primato nei tessuti e nella manodopera è purtroppo ancora la Francia, ci sono dei motivi però altrettanto validi

  • Di Francesco Rossolini (---.---.---.47) 1 ottobre 2009 09:06
    Francesco Rossolini

    Cara Ambra permettimi questo fuori tema ma gradirei che venissero arrestati a vita tutti gli stilisti che si siano serviti volontariamente di ragazze anoressiche sulle passerelle. Arresterei anche quegli pseudo giornalisti che vivono al seguito di tali stilisti osannandoli e schiaffando su insulse riviste patinate immagini di ragazze irreali, prese poi a modello da milioni di adolescenti reali, che non possono reggere il confronto con la magrezza da ospedale ed il foto ritocco.

    • Di Ambra (---.---.---.129) 1 ottobre 2009 09:23

      Sono assolutamente con te in questo commento, è da un po’ che si vogliono cambiare le cose ma gira e rigira soprattutto gli stilisti italiani fanno fatica a lasciare la magrezza poco sana, per una sana figura in forma. L’anno scorso sono partite sanzioni salate per chi mostrava corpi al limite dello svAnimento sulle passerelle, ma purtroppo c’è ancora gente che li preferisce. Accade anche per i servizi fotografici sulle riviste che poi vengono ulteriormente ritoccati...
      C’è da dire che è altrettanto sbagliato osannare gli stilisti come se fossero divinità impalpabili e irraggiungibili...

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