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 Home page > Tribuna Libera > Grillo e lo "ius soli"

Grillo e lo "ius soli"

Non fa una piega l’idea di democrazia partecipativa dell’esimio Grillo Giuseppe detto Beppe.

In questo caso, essendo solo il “megafono” di un non-partito che si regge su un non-statuto, attua logicamente la prassi di ascoltare il popolo, non di pensare, progettare, valutare pro e contro e infine proporre iniziative che sarebbero (o dovrebbero essere) la priorità e la ragion d’essere di un partito politico.

Sfugge il motivo per cui poi ci si presenti alle elezioni e si chiedano i voti dei cittadini se la funzionalità di un gruppo politico è solo quella di raccogliere domande e indire referendum. Per fare questo sarebbe sufficiente un semplice (e ben più economico) funzionario amministrativo della burocrazia statale.

Si parla dell’esternazione del politico genovese sullo “ius soli, il diritto di un essere umano nato in Italia di essere automaticamente considerato cittadino di questo paese anche se figlio di immigrati privi di cittadinanza. Diritto che la nuova ministro per l’integrazione di origine congolese Cécile Kyenge vuole far diventare legge dello Stato. Grillo afferma che questa sarebbe un'eccezione rispetto allo "ius sanguinis" considerato il vero diritto naturale, ma questa è semplicemente una bufala grossolana.

Secondo il comico sulla questione andrebbe indetto un referendum popolare (che fra l’altro, essendo propositivo, non è nemmeno contemplato dall’ordinamento italiano) in modo che sia il popolo a decidere; il che maschera a stento la reale volontà di solleticare una prevedibilissima guerra fra poveri che già appare evidente nei commenti al post di Grillo: "Prima spendiamo i soldi per i pannolini, omogeneizzati gratis per gli italiani, poi pensiamo agli extracomunitari". Come se in Italia non ci fossero davvero le risorse per migliorare le condizioni di vita dei più disagiati, italiani o stranieri che siano. Sai con i tre milioni di euro spesi solo per la sfilata militare del 2 giugno quanti pannolini ci compri?

Grillo si limitò, un anno fa, a definire questa questione, fondamentale per la vita di milioni di immigrati (che fino a prova contraria sono esseri umani con speranze, aspettative, sofferenze e affetti) una questione “priva di senso”. Definizione orripilante nella sua gelida indifferenza.

Freddamente sarcastica ed estremamente efficace gli risponde una lettrice di Repubblica.it che si limita a commentare “discutere si può sempre, ma i diritti umani non sono materia di referendum, sennò a noi donne manco il diritto di voto ci avrebbero dato”. Ineccepibile.

Il punto è esattamente questo. Esiste un’opinione pubblica, pesantemente influenzata dalla cultura dominante, appesantita da secoli di avversione verso tutto ciò che è (o appare) "diverso”; un’opinione pubblica che si autodefiniva non-razzista sull’onda di quella farsa degli “italiani brava gente” semplicemente perché non c’erano, fino a qualche decennio fa, stranieri su cui scaricare tutte le proprie frustrazioni. Appena l’immigrazione si è fatta importante anche nel nostro paese, il razzismo latente (che poi non era nemmeno così latente, basta ricordarsi di come venivano trattati i “terroni” o gli zingari o gli ebrei) è riemerso in tutta la sua brutalità, sfruttato politicamente da quei bei tomi della Lega e dell’estrema destra “di lotta e di governo”.

A questa opinione pubblica, così ampiamente becera e pronta a sciropparsi le stupefacenti verità berlusconiane sulla “nipote di Mubarak” o i deliri bossiani sul dio Po (ma anche a le idiozie apocalittiche di Casaleggio), si vorrebbero affidare le sorti di centinaia di migliaia di persone colpevoli di niente se non di avere un’origine diversa da quella della popolazione indigena.

Ovviamente non si può accettare che milioni di persone vengano apposta a partorire in Italia solo per avere in automatico il passaporto italiano (che poi significa europeo) per il figlio, dando vita ad una specie di turismo procreativo; ma davvero si crede che questo possa accadere? E se anche questo fosse il problema non sarebbe sufficiente che la cittadinanza fosse concessa solo al neonato di una coppia straniera che vive e lavora in Italia da un tot di tempo (uno o due anni) in modo da evitare le eventuali (e quantomai poco credibili) trasferte di milioni di straniere tanto gravide quanto malintenzionate?

Davvero questa paranoica preoccupazione per l'ipotetica invasione di partorienti è per noi più grave che non le mille vicissitudini e le angosce a cui si devono sottoporre persone prive di cittadinanza che pure vivono, lavorano, studiano e danno il loro contributo economico, culturale e umano al nostro paese?

La sprezzante definizione di Grillo - "questione priva di senso" - mostra qui tutta la spocchia di un miliardario che non ha problemi economici né quel minimo di interesse per l’umanità più sfruttata e bistrattata perché più debole.

Come un Borghezio qualsiasi. E altrettanto repellente.

Commenti all'articolo

  • Di GeriSteve (---.---.---.195) 11 maggio 2013 11:01

    Su Agoravox io ho già scritto che la contrapposizione fra due i due "diritti" - sanguinis e soli - è contrapposizione fra due diritti entrambi sbagliati, e che il problema della cittadinaza è di difficile ma possibile razionalizzazione.

    Queste contrapposizioni fra due tesi entrambe balorde sono ottime per "fare politica", cioè per ottenere adesioni e consensi elettorali, spengendo il senso critico degli elettori e rivolgendosi alla loro pancia e alle loro appartenenze. In questo ci sono effettivamente similitudini fra la Lega Nord e il M5S.

    Ma il pericolo più grosso deriva dall’avanzare di un concetto semplicistico e completamente distorto di "democrazia": l’idea che chi prende più voti può fare tutto ciò che vuole e che ha sempre ragione.
    Si va dalla dittatura della maggioranza nei riguardi di qualsiasi minoranza, come giustamente evidenziato nell’articolo, all’idea che un leader elettoralmente vincente possa violare qualsiasi legge, come pubblicamente sostenuto da Ghedini, avvocato del pluridelinquente Berlusconi.
    GeriSteve

    • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.93) 11 maggio 2013 11:28
      Fabio Della Pergola

      Non sono del tutto d’accordo sull’idea che entrambi i diritti - quello di sangue, cioè di discendenza geneticamente determinata, e quello di ’suolo’ cioè di appartenenza ad una comunità qualunque sia l’origine del proprio ’sangue’ - siano ugualmente sbagliati. Altrimenti non avrei scritto questo articolo.

      Che poi il diritto di cittadinanza debba essere attentamente vagliato per evitare distorsioni e un uso non corretto siamo d’accordo, ma proprio per questo trovo demenziale l’idea che si pensi di affidarne le sorti ad un referendum popolare in cui diventerebbe semplicemente l’ennesimo motivo di tifo fra opposte fazioni e non argomento da approfondire seriamente. L’avanzare di un concetto molto semplificato di democrazia diretta, magari on line con tutte le problematiche di verifica e sicurezza del caso, è indubbiamente pericoloso. Nonostante questo alcuni dei referendum del nostro passato (vedi divorzio e aborto) hanno rivelato una maturità della società italiana molto maggiore di quanto - a quei tempi - sospettato.
      Ma erano, appunto, "quei tempi". Oggi, dopo vent’anni di berlusconismo e bossismo (e vaticanesimo), ho molta meno fiducia negli strumenti della democrazia diretta.
      Preferirei che si affrontassero questi temi con gli strumenti della cultura, anziché con quelli della propaganda.

  • Di (---.---.---.235) 11 maggio 2013 19:59

    Oggi, dopo vent’anni di berlusconismo e bossismo (e vaticanesimo), ho molta meno fiducia negli strumenti della democrazia diretta. 


    In altre parole hai molta meno fiducia negli italiani, "rimbambiti" dagli -ismi degli ultimi 20 anni: chi decide se le piazze sono credibili o no, da prendere in considerazione o no. Gli spettatori che negli stadi hanno fischiato il minuto di silenzio x andreotti (minuscolo), sono da applaudire o no? Eppure maggiorenni, hanno capito se sul divo deciderà la Storia (che si vuole maiuscola) oppure se lo abbiamo già conosciuto abbastanza, e capito.

    Che originale la tua tesi: ora la democrazia diretta sarebbe meno valida di quella del ’74 ... O è democrazia diretta o sono discorsi fatti da "esperti" in cenacoli privati, se non è diretta che democrazia è?
    • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.93) 11 maggio 2013 20:38
      Fabio Della Pergola

      Le tue obiezioni sono plausibili, ma continuo a mantenere le stesse perplessità della commentatrice che ho citato nell’articolo. In determinati periodi storici la democrazia più o meno diretta, fatta di entusiasmo popolare ed esaltata da vari populisti, ha portato al potere individui che sarebbe stato meglio non avessero avuto tutto quel grande riconoscimento popolare.

      E penso che gli -ismi abbiano parecchio rimbambito quelle masse che tuttora votano in maggioranza per un individuo come Berlusconi e corrono ad adorare un Papa solo perché scende dalla macchina per accarezzare la testa di un bambino (capirai). Avrò il diritto di avere meno fiducia in questi italiani piuttosto che negli italiani che negli anni ’70 hanno votato a favore di divorzio e aborto andando contro la cultura dominante (da millenni) ? o no ?

      Nessuno pretende di decidere se sono credibili in assoluto o no, ma rivendico il diritto di pensarla come mi pare, se non ti dispiace. E di distinguere. Gli spettatori che hanno fischiato andreotti sono da applaudire, quelli che fanno buuu a un giocatore di colore sarebbero da prendere a calci in c....qualcosa di strano in questo ? Oppure si deve approvare la massa (o la piazza) sempre e comunque ?

      Ti sembra strana la mia tesi ? eppure la Costituzione della Repubblica fu pensata, elaborata, discussa e approvata da esperti in "cenacoli" privati. Il risultato non è stato così male.

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