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Green Hill: caso chiuso?

Dopo le tante proteste degli animalisti, il corpo forestale dello Stato ha messo sotto sequestro Green Hill, lo stabilimento di Montichiari, in provincia di Brescia, dove sono allevati circa 2.700 beagle destinati ai laboratori di ricerca (non di “vivisezione”, che non viene più praticata da tempo). “Ci auguriamo che gli accertamenti in corso, disposti dalla Procura di Brescia, possano fare luce sulle reali condizioni di vita degli animali rinchiusi nei padiglioni della struttura”, hanno dichiarato la Lav e Legambiente, esprimendo soddisfazione per la chiusura di quello che hanno sempre chiamato “il lager di Green Hill”.

La notizia della liberazione dei cani ha già fatto il giro del web, suscitando un’ondata di euforia collettiva. Ho un beagle, perciò la vicenda mi tocca in modo particolare. Tuttavia, credo che Green Hill sia stata usata strumentalmente per portare avanti una battaglia contro la sperimentazione animale che poco ha a che fare con il caso specifico. Ovvio: se irregolarità sono state commesse, è giusto che i responsabili paghino. Ma una cosa è pretendere che un allevamento (qualunque esso sia, vale anche per gli allevamenti bovini, suini, ovini, avicoli) tuteli il benessere degli animali. Un'altra è prendere Green Hill come esempio, fuorviante ma d’impatto, per sostenere che la sperimentazione animale nella ricerca scientifica è una barbarie a cui bisogna porre fine. Perché le cose, nella realtà, non stanno così.

Gli scienziati non sono torturatori che si divertono a martoriare gli animali nei loro laboratori. Se utilizzano cavie (nell’80 per cento dei casi, parliamo di topi, ratti e altri roditori, come si evince dalle più recenti tabelle del Ministero della salute) è perché la ricerca biomedica non ne può fare a meno, perché non ci sono sistemi alternativi che consentano di studiare le malattie o sviluppare nuovi farmaci, come gli organismi viventi. E, in ogni caso, c'è una severa normativa, il cui scopo – si legge – è “proteggere gli animali e garantire loro il massimo benessere, limitare al minimo il dolore, la sofferenza, l’angoscia, i possibili danni derivanti dagli esperimenti, ridurre quanto più possibile il numero degli esperimenti e ridurre il numero degli animali usati negli esperimenti”.

Ora, al grido di “chiudiamo Green Hill”, la campagna contro la sperimentazione animale (una campagna ideologica, più che scientifica) si è spostata in Parlamento. In un clima non certo neutrale, è ripreso al Senato il riesame delle norme, già approvate alla Camera, che mirano a rendere più restrittivo l’impiego degli animali nella ricerca. L’articolo 14 della legge comunitaria intende, infatti, proibire l’allevamento di cani, gatti e primati sul territorio nazionale; vietare gli esperimenti senza anestesia, limitare l’uso degli animali transgenici; imporre la presenza di un “esperto in metodi alternativi” nei comitati etici, stabilendo, così, una serie di limitazioni che non sono previste nella direttiva comunitaria sulla sperimentazione animale, emanata nel 2010. “Se l’Italia dovesse approvare questi emendamenti, andrebbe in procedura d’infrazione a Bruxelles, con multe da migliaia di euro al giorno, perché la normativa europea vieta esplicitamente agli stati membri di adottare leggi più restrittive sulla sperimentazione animale, se successive alla normativa stessa”, mette in guardia Roberto Caminiti, responsabile del Comitato sull’uso degli animali della Società italiana di fisiologia (Sif) e della Società italiana di neuroscienze (Sins).

Mentre le associazioni animaliste chiedono a gran voce le nuove misure “per una ricerca pulita, scientifica ed eticamente accettabile”, il professor Caminiti, e molti altri esperti, le criticano duramente. Perché – dicono – vietare l’allevamento di cani, gatti e primati in Italia vorrebbe dire far arrivare gli animali dall’estero, sottoponendoli a uno stress maggiore nel trasporto e aumentando i costi della ricerca. Perché l’anestesia sulle cavie è già la regola, ma in alcuni casi è impossibile ricorrervi, per esempio nei test dei farmaci antidolorifici. Perché gli animali transgenici sono già protetti, alla stregua di tutti gli altri, e non c’è ragione di richiedere norme speciali in virtù di un presunto “pericolo per la salute dell’uomo” che costituirebbero. Perché non esistono “esperti in metodi alternativi”. Perché vietare gli animali nelle esercitazioni didattiche significherebbe sfornare personale medico inadeguato sia a operare sugli animali, sia sulle persone.

La politica, dal canto suo, è spaccata, anche all’interno degli stessi schieramenti. Il Pd, per esempio, vede da una parte Silvana Amati, paladina degli animali, e sul fronte opposto Ignazio Marino, chirurgo e senatore, che abolirebbe proprio questa bozza del ddl per adottare, semplicemente, la direttiva europea. Il Pdl, pure, non è compatto con l’ex ministro Michela Brambilla, in prima fila nelle proteste contro Green Hill, e Carlo Giovanardi, fortemente critico verso altre restrizioni alla ricerca scientifica. L’Idv sembra invece avere le idee chiare: è contro la sperimentazione animale. D’altronde, quando i sondaggi dicono che la stragrande maggioranza degli italiani lo è, questa appare la posizione politicamente più conveniente. Molto più difficile è spiegare agli elettori perché la sperimentazione animale serve. La decisione al Senato è attesa per le prossime settimane. Si accettano scommesse su chi avrà l’ultima parola.

Daniela Cipolloni

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.72) 19 luglio 2012 13:30
    Chi difende la sperimentazione animale usa sempre e solo un’unica argomentazione: serve a salvare vite umane.
    Recentemente ho visto un filmato relativo ad un esperimento nel quale un topo viene costretto a nuotare fino allo sfinimento, mentre la strumentazione registra i parametri della sua agonia: e questa spazzatura la chiamate "ricerca scientifica"?
    Se la comunità scientifica dimostra di non possedere limiti etici nell’utilizzo delle cavie di laboratorio, allora deve essere la legge a intervenire con maggior decisione e i nostri rappresentanti politici hanno il dovere il rispettare la volontà dei loro elettori e non quella delle aziende che campano grazie alla vivisezione.
    E che dire degli esperimenti ripetitivi, che da anni producono sempre il medesimo risultato, sempre del tutto inutile per l’uomo?
    Per non parlare della sperimentazione clinica sull’uomo avviata in PARALLELO agli studi su animali: segno evidente che il risultato animale viene considerato irrilevante dagli stessi ricercatori.
    Dovrebbe essere nell’interesse di tutti ridurre il sacrificio degli animali, invece i ricercatori si difendono sempre con frasi del tipo "è la legge che ci impone questi protocolli, noi ne faremmo volentieri a meno".
    E intanto il numero di animali utilizzati per questa barbarie è in continuo aumento.
  • Di (---.---.---.72) 19 luglio 2012 13:55
    La sperimentazione animale è un affronto al concetto di ricerca scientifica, è incredibile che a distanza di 53 anni dalla pubblicazione del principio "3R" (Reduce, Refine, Replace) l’utilizzo di animali sia invece in continuo aumento, nonostante la stessa comunità scientifica ne abbia riconosciuto i limiti e la necessità di dedicare risorse a metodi più affidabili.
    Si veda per cortesia il seguente articolo ("Ethical and Scientific Considerations Regarding Animal Testing and Research", Hope R. Ferdowsian, Nancy Beck, Sept. 2007) - http://bit.ly/pIZWC4
    Dal seguente articolo scientifico appare poi evidente la fallacia del modello animale (da The Journal of the American Medical Association):
    "Translation of Research Evidence From Animals to Humans", Daniel G. Hackam, MD, JAMA. 2006;296".
    Cito dalle conclusioni dell’articolo menzionato:
    "Only about a third of highly cited animal research translated at the level of human randomized trials. This rate of translation is lower than the recently estimated 44% replication rate for highly cited human studies.".
    Inoltre, nel 2007, un organo scientifico di rilevanza internazionale, il National Research Council di Washington D.C. ha indicato come la sperimentazione animale debba essere superata a vantaggio di metodi più aggiornati, efficaci e, soprattutto, realmente scientifici.
    Vedi rapporto on-line: “Toxicity testing in the 21st century”: http://bit.ly/yWUmBf

    E’ quindi davvero inaccettabile che ancora oggi la maggior parte dei fondi per la ricerca scientifica venga sprecata per finanziare esperimenti inutili o fuorvianti ed è ancora più scandaloso che, ancora oggi, vengano utilizzati animali per testare cosmetici o altre sostanze già note e per le quali esistono grandi quantità di dati circa gli effetti sull’uomo e sull’ambiente.

  • Di (---.---.---.234) 19 luglio 2012 14:21

    Sbaglio o questo articolo sta "leggermente" difendendo Green Hill?   La ricerca biomedica non può fare a meno delle cavie? Allora sottoponete ai vostri esperimenti di merda gente consenziente, persone come voi, non toccate animali indifesi. 

    Sperimentate su voi stessi, loro lasciateli liberi.
    • Di (---.---.---.51) 20 luglio 2012 02:39
      Non c’è che dire.
      Questo fa il paio con la responsabilità civile dei medici che invece di avventurarsi in percorsi alternativi di cura preferiscono seguire pedissequamente i protocolli.
      Tanto mica muoiono loro, muoiono i pazienti come è giusto che sia.
      Evviva la non sperimentazione nel paese dove albergano gli italioti.
      Renzo Riva
      Buja - UD
  • Di (---.---.---.234) 19 luglio 2012 14:45

    Gli esseri umani non si possono toccare nemmeno con un dito, conseguenza condanna/prigione/sanzione. Al telegiornale sono capaci anche di far notizia per una bambina che cade e si sbuccia il ginocchio. 
    Ogni giorno milioni di animali vengono torturati, uccisi e abbandonati, per il business, per la moda, o perchè si è troppo egoisti per sperimentare su noi stessi i medicinali e cagate che servono esclusivamente A NOI. Provate un attimo a pensare a che livello stanno gli animali, esseri viventi come noi, nella nostra società. Forse se facciamo una scala gerarchica gli spazzolini da denti stanno a un livello sopra il loro. 

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