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Gli specchi magici degli yesmen berlusconiani

A leggere i primi sondaggi dopo la cacciata dal paradiso delle libertà e del fare e dell’amore, c’è l’impressione - e non è solo di oggi - che Berlusconi sia un farlocco, e si sia attorniato di yesman o incompetenti o che per prassi lo prendono per i fondelli. Intendiamoci: la colpa è solo sua se si affida, per esempio, ad un "consulente" legale come Ghedini che una ne pensa e tre ne sbaglia.

A poche ore dall’editto del Politburo di palazzo Grazioli il cavaliere ora ammette di aver fatto i calcoli sbagliati: "I finiani? Li credevo di meno". Ora starà leggendosi i numeri della fida Alessandra Ghisleri, la sua sondaggista preferita, che proclama che "Fini, da solo, può contare su una percentuale di voti che oscilla tra l’uno e il tre per cento dei voti. In alleanza col centosinistra varrebbe tra l’uno e il due per cento", mentre i più seri Crespi e Mannheimer lo danno tra il 7 e il 12%.

E’ quello che succede quando il condottiero non vuole sentire ragioni: chiunque gli sta attorno si guarda bene dal contrariarlo, e gli fanno vedere quello che Lui vuol vedere. In questo Fini ha un’ulteriore colpa (o merito): aver spezzato lo specchio incantato del sovrano, riportandolo alla dura e cruda realtà del dissenso interno, del confronto politico, al dibattito parlamentare sui veri temi di interesse generale, alla centralità delle Camere dove si consumerà quello che molti definiscono già un Vietnam.

Su questo Berlusconi non ci sta, non essendoci nella sua mentalità uno spazio per il confronto con chi la pensa in maniera diversa. Tanto che, a mano a mano che passano le ore dalla cacciata dal paradiso artificiale, sempre più voci si levano in favore di elezioni anticipate (ma non aveva i numeri per governare altri tre anni?).
Ora, prevedere cosa succederà nel quadro politico è come giocare al superenalotto. Vediamo alcune cose certe.

Fra qualche giorno si va alle ferie parlamentari, quindi c’è il timeout dove ogni partito metterà a punto la strategia. Alla ripresa di settembre il governo non cadrà e la navigazione durerà finché Futuro e Libertà - il nuovo gruppo dei finiani - non metterà il bastone fra le ruote di qualche legge cara a Berlusconi (processo breve, ad esempio) ma non agli espulsi.

Nel frattempo si va alla conta anche in periferia con possibili ribaltoni qua e là, ma finché c’è Berlusconi il PdL tiene. Prima o poi, o per un voto di fiducia contrario o per una manifesta impossibilità di governare, il premier salirà al Colle a rimettere il mandato. Come da prassi costituzionale il Presidente conferirà uno o più mandati, ed è qui che c’è il grande punto interrogativo: riusciranno le opposizioni (includendo in questo caso anche Fini) a trovare un accordo minimo per un governo a tempo, come furono Dini ed Amato? Potrebbero, per esempio, trovare un’intesa sulla riforma della legge elettorale e poi andare al voto?

Al momento attuale pare di no. Di Pietro è per il voto anticipato, gli altri no. Casini vuole il proporzionale con le preferenze, al PD sta bene il maggioritario. Potrebbero trovare un accordo temporaneo sulle preferenze, in modo da scalfire il controllo di Berlusconi sui parlamentari, ma è tutto da vedere: in questo caso non servirebbe un nuovo governo, ma basterebbe un ddl di iniziativa parlamentare, votato da tutta l’opposizione, per cambiare la porcata calderoliana.

Sui tempi più lunghi l’azzardo è ancora maggiore ed entriamo nel campo dell’astrologia e delle speranze (o dei timori, a seconda del punto di vista). Meglio fermarsi qui.

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