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Gli Atelier di Mariano Fortuny

Apertura del secondo piano della Casa Museo Mariano Fortuny y Madrazo a Venezia

 

Dopo la riapertura, lo scorso marzo, del piano terra e del primo piano, a conclusione del necessario restauro per i danni causati dall’acqua alta del novembre 2019 e il conseguente riallestimento degli spazi, completamente rinnovato, curato dall’architetto, regista e scenografo Pierluigi Pizzi con Gabriella Belli, ex direttrice del MUVE (Fondazione dei Musei Civici di Venezia) e Chiara Squarcina, Dirigente Area Attività museali MUVE, il Museo Fortuny, precedentemente conosciuto come Palazzo Pesaro degli Orfei, splendido esempio dello stile tardo gotico fiorito veneziano, è adesso visitabile anche al rinnovato secondo piano, dove si focalizzano alcuni aspetti peculiari della eclettica esperienza di Mariano Fortuny y Madrazo (Granada, 11 maggio 1871 – Venezia, 2 maggio 1949) nell’ambito delle arti dell’incisione, della stampa su tessuto, della fotografia e del teatro.

Come sottolineato durante la conferenza stampa il mattino dell’inaugurazione, il museo riapre con una nuova veste : passa da spazio espositivo temporaneo a collezione permaente, aperto tutti i giorni dell’anno. Il sindaco, Luigi Brugnaro, ha affermato che la Fondazione Musei Civici – che riunisce oltre al Fortuny altri dieci musei – è in piena salute. I musei non sono un luogo statico. Andiamo a guardare per progettare il futuro.

Al secondo piano sono riproposte le abilità e le sperimentazioni del geniale artista spagnolo, esemplificate in quattro focus : l’incisione, la stampa su stoffa, la fotografia, il teatro e l’illuminotecnica.

Per la prima volta è possibile visitare lo studio-biblioteca di Mariano Fortuny (d’ora in poi M.F.), scrigno colmo di cose preziose, oggetti d’uso, curiosità, strumenti e vari volumi di arte e tecnica.

In ambito incisorio, M.F. sviluppò una tecnica personale e inedita di lavoro con l’acquaforte e l’acquatinta, utilizzando un trapano elettrico per uso odontoiatrico, tutt’ora visibile. Fu un pioniere nell’utilizzo di questo strumento, che venne introdotto nei testi tecnici di arte incisoria solo a partire dalla seconda metà del XX° secolo.

Nel campo tessile, l’avventura creativa di M.F. inizia in simbiosi con la compagna di vita Henriette Nigrin ( Fontainebleau, 4 ottobre 1877 – Venezia, 1965), conosciuta a Parigi nel 1902 e lì sposata nel 1924.

Avvia verso il 1905 nel sottotetto del Palazzo un laboratorio di stampa su stoffa per la sperimentazione su colori e processi d’impressione, che in pochi anni divenne una vera e propria fabbrica in cui, negli anni Venti del Novecento, prestavano la propria opera un centinaio di lavoranti. Gli esemplari visibili testimoniano la peculiarità della sua produzione tessile, ossia la capacità di ricreare l’illusione degli antichi tessuti operati attraverso la tecnica della stampa.

Nel novembre 1909 M.F. registra il brevetto di una tunica, prototipo di un abito, che convertirà in una veste femminile in seta di ispirazione ellenistica, Delphos. Nato da un’idea straordinaria di Henriette, questo capo consacrerà il successo internazionale di M.F. Attrici come Eleonora Duse, Sarah Bernhardt e Gabrielle Réjane, danzatrici quali Isadora Duncan o Ruth St.Denis, nobildonne come la marchesa di Polignac, l’imperatrice di Germania e la regina di Romania, donne fatali come la marchesa Casati, portano in scena e nella vita gli abiti di Mariano.

M.F. praticò anche la fotografia, sperimentando l’uso di diverse apparecchiature, tecniche di ripresa, sviluppo e stampa fino a brevettare egli stesso, nel 1933, una speciale carta fotografica, la Carta Fortuny, in grado di conferire all’immagine impressa l’aspetto materico del disegno o dell’incisione e garantirne la perfetta inalterabilità alla luce. Nelle sale laterali è possibile ammirare una selezione di fotografie realizzate da Mariano ed Henriette, stampe originali e riproduzioni moderne tratte da negativi su pellicola e lastra di vetro. Le immagini appartengono al vasto archivio fotografico tutt’ora conservato nel Palazzo, un corpus nato dalla commistione da parte dell’artista dell’uso della fotografia come strumento funzionale alla sua creazione in altri ambiti – pittura, teatro, stoffe – e la spontanea registrazione del suo quotidiano.

Quanto al teatro, M.F. progetta il Sistema Fortuny, un dispositivo composto da un elemento scenotecnico – una calotta di ferro e stoffa che ingloba la scena fungendo da enorme riflettore, detta Cupola Fortuny – e da un metodo d’illuminazione indiretto, realizzato con lampade ad arco e sofisticati dispositivi illuminotecnici in raso di seta colorato e specchi. L’apparato illuminotecnico era controllabile a distanza e l’illuminazione regolabile nell’intensità.

Il modello, in visione, per il Teatro di Bayreuth, realizzato nel 1903, esemplifica la complessa riforma fortunyana, adottata nel corso della prima metà del Novecento dai maggiori teatri d’Europa.

Le soluzioni illuminotecniche utilizzate in ambito teatrale ispirarono la produzione in serie delle Lampade a diffusore Fortuny, lampade a luce indiretta – a soffitto, a piantana o da tavolo – commercializzate dalla Società Leonardo Da Vinci di Milano a partire dagli anni Venti del Novecento e di cui nel museo si possono ammirare i prototipi.

Il vero cuore pulsante del Palazzo è la biblioteca privata di M.F., un luogo magico dove l’idea trovava spunto, prendeva forma e diventava prototipo. Quello che viene svelato per la prima volta al pubblico è uno straordinario cabinet d’amateur, una Wunderkammer straripante di cose preziose, oggetti d’uso, curiosità, strumenti, documenti, volumi.

La sala, illuminata da quattro polifore (finestroni gotici multipli), si caratterizza per la presenza, lungo tutte le pareti, di librerie e telai scorrevoli realizzati con stoffe Fortuny, scaffali, vetrine e armadi, disegnati e adattati dallo stesso Mariano, in cui sono contenuti i suoi tesori di bibliofilo ; antichi trattati di Architettura e Prospettiva, l’intera Encyclopédie di Diderot e d’Alambert, raccolte di incisioni, riviste, preziosi volumi di storia, arte, arti applicate, scienze e tecnica.

Vale dunque la pena trascorrere almeno un paio d’ore ad ammirare la bellezza del passato e di un Palazzo, costruito verso la fine del 1400, situato in una zona della città lagunare fortunatamente non ancora presa di mira da un turismo inutile e ignorante.

Foto Wikimedia

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