Da Marina Apollonio a Maria Helena Vieira da Silva
Due artiste, la prima ancora in splendida forma, protagoniste alla Collezione Peggy Guggenheim di Venezia
Mentre sta per inaugurarsi Maria Helena Vieira da Silva. Anatomia di uno spazio, è ancora viva la bellezza e il considerevole interesse suscitato dalla mostra Marina Apollonio. Oltre il cerchio.
Si è trattato della prima e più ampia retrospettiva mai realizzata in un’istituzione museale italiana, dedicata a una delle maggiori interpreti dell’arte Optical e Cinetica internazionale, qual’è Marina Apollonio (Trieste, 12 novembre 1940), la cui produzione è emblema della sua rigorosa e costante sperimentazione artistica, tra pittura, scultura e disegno ; opere statiche, in movimento e ambientali ; bianco e nero ; ricerca cromatica.
La mostra è stata pazientemente curata – quattro anni per portarla a termine – dalla storica dell’arte, indipendente, Marianna Gelussi, la quale si è così espressa, nel corso della presentazione alla stampa : L’idea di partenza è stata far vedere come nel corso degli anni, pur mantenendo sempre un grande rigore, un metodo sempre al centro, Marina è riuscita a partire da una forma, Il cerchio, e a dare delle variazioni infinite in una continua idea di superamento attraverso tecniche, supporti diversi.
Nel percorso espositivo, il pubblico viene accompagnato, attraverso molteplici linee di ricerca, attorno e al di là del cerchio, tra strutture e linee, diverse tecniche e materiali, che spingono la forma oltre i limiti della superficie e della cornice, dinamizzano lo spazio e la percezione, aprendola verso nuove dimensioni. Nell’eleganza della composizione perfettamente programmata, le opere trovano la propria vitalità : la geometria, lungi dall’essere un ordine sterile, respira, si fa specchio dell’universo e del suo ordine matematico.
Il cerchio ritorna, ossessivamente, in infinite variazioni – dinamiche circolari ; rilievi ; gradazioni ; rilievi a diffusione cromatica ; espansioni – e nella ripetizione si carica di un valore simbolico, rivela il desiderio di espansione, fusione, l’aspirazione alla totalità.
Nella mostra sono presenti un centinaio di opere provenienti dalla collezione dell’artista ; da istituzioni museali nazionali e internazionali ; in maniera tale da ripercorrere la carriera dal 1963 a oggi.
E sì, perché non ostante l’età avanzata, Marina è una persona ancora motivata, come dimostra questo suo pensiero - quello che mi interessa è riuscire ancora a pensare a inventare cose nuove. E’ un qualcosa di fantastico, quando riesci a fare una cosa nuova !- e tuttora pienamente attiva, come testimoniano due nuovi progetti, specifici per il luogo – Palazzo Venier dei Leoni -, dimora della mitica mecenate americana, che aprì la Collezione nel 1980.
Il primo, l’ambiente Entrare nell’opera.
Marina Apollonio ha voluto creare Entrare nell’opera, un’opera che già dà l’idea di come lo spettatore entri all’interno dell’opera per farne un’esperienza fisica.
Si tratta di tre proiezioni su tre muri contigui, in cui delle tessiture bianco e nero optical si incontrano creando appunto una sorta di vortice.
La tappa successiva è quella proprio di far uscire l’opera direttamente dalla cornice, per creare ambienti che possano stimolare tutti i sensi dello spettatore.
Il progetto è nato a partire dalla ricerca sul cerchio e quindi la ricerca spaziale di opere che ruotando o che attraverso l’organizzazione della struttura interna del cerchio escono dalla superficie, quindi creano degli effetti di tridimensionalità e di percezione spaziale, percepita in un modo assolutamente diverso e lo spettatore si ritrova completamente immerso.
Il secondo, un’inedita installazione musicale, Endings.
E’ nata da una recente collaborazione con il compositore, produttore Dj, ricercatore musicale Guglielmo Bottin, che si è ispirato ad un’opera di Marina, Fusione circolare, del 2016, per comporre una musica in relazione con l’opera.
Pochi giorni prima della chiusura, negli spazi dell’Aula Magna dell’Accademia di Belle Arti, l’artista ha incontrato il pubblico, affascinato dalla sua personalità, e da un coinvolgente dialogo con la curatrice Marianna Gelussi, la direttrice della Collezione Peggy Guggenheim, Karol P.B.Vail, nipote di Peggy, e Riccardo Caldura, direttore dell’Accademia di Belle Arti.
Marina ha ripercorso una carriera straordinaria, dagli esordi alle esperienze formative, fino ai successi che l’hanno resa un’icona dell’Arte Optical e Cinetica internazionale.
Da non dimenticare, in relazione all’artista, il ruolo di Peggy Guggenheim, collezionista attenta e lungimirante. Nel 1968, dopo aver visitato la personale di Marina alla galleria Paolo Barozzi di Venezia, Peggy le commissionò Rilievo n. 505, tuttora parte della collezione, a conferma del suo sostegno alle giovani avanguardie italiane.
Dopo “Oltre il cerchio”, le sale di Palazzo Venier dei Leoni ospitano dal 12 aprile Maria Helena Vieira da Silva. Anatomia di uno spazio, a cura di Flavia Frigeri, storica dell’arte.
L’esposizione, attraverso una selezione di circa 70 opere chiave, mette in luce la capacità dell’artista portoghese (Lisbona, 1908 – Parigi, 1992), naturalizzata francese, di trasformare lo spazio pittorico in ambienti astratti e illusioni ottiche. Con richiami alla tradizione decorativa portoghese, ai paesaggi urbani e agli influssi di Cubismo e Futurismo, la mostra esplora il legame tra astrazione e figurazione in spazi immaginari e reali.
Vieira da Silva è storicamente legata alla figura di Peggy Guggenheim, essendo una delle trentuno artiste incluse dalla collezionista nella mostra Exhibition by 31 Women (New York, galleria “Art of this Century”, 1943). Dopo Venezia, nell’autunno prossimo, la mostra si sposterà al Museo Guggenheim di Bilbao.
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