• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Cronaca > Giustizia: i vantaggi della separazione delle carriere

Giustizia: i vantaggi della separazione delle carriere

Ennesimo intervento dell’Associazione Nazionale Magistrati in difesa della unicità di carriera di Magistratura Inquirente e di Magistratura Giudicante, intervento ad opera del suo segretario dottor Cascini, che ha definito la separazione delle due carriere «grave danno per le garanzie dei diritti dei cittadini e per l’eguaglianza di tutti davanti alla legge». In primis riesce difficile capire come una normativa di validità generale, quale quella in questione inserita nel programma di riforma del processo penale, possa diversamente agire sui cittadini e quale sia il dato di fatto dirimente, sempre dei cittadini, da cui possa derivarne una differenza per l’uno dall’altro davanti all’amministrazione della giustizia. Il dottor Cascini, con ogni probabilità, ha una pronta ed esauriente risposta in merito.

In secundis il problema delle garanzie dei diritti dei cittadini. La generalità dell’affermazione induce a ritenere che le preoccupazioni del dottor Cascini riguardano sia il cittadino perseguito sia il cittadino parte lesa sia il cittadino membro della propria collettività di appartenenza: nel primo numero della rivista L’Eco dei Tribunali, pubblicato a Venezia il 4 agosto 1850, sono indicati come supremi scopi di ogni buona legislazione penale «la sicura punizione del reo, la salvaguardia dell’innocente e la moralizzazione del popolo».

Orbene, da questo rispetto le affermazioni del dottor Cascini appaiono addirittura contrarie alla logica.

Infatti è di solare evidenza che chi esercita l’azione penale non deve in alcun modo essere contiguo a chi emette il giudizio perché non si è ancora dato il caso umano di una persona che dà torto a se stessa: la coincidenza anche parziale fra accusa e giudizio può essere definita «giustizia sommaria», non ha niente a che vedere con al Giustizia con la “G” maiuscola ed è tipica delle dittature di ogni genere e tipo.

Di esempi storici sull’argomento ne abbiamo infiniti; ad esempio quello del Calvino, che nella sua Ginevra era solito risolvere i casi di disaccordo teologico ricorrendo al fuoco dei roghi, come fece con il Serveto.

Sulle difficoltà che, in generale, si frappongono ai movimenti riformatori nel settore dell’Amministrazione della Giustizia, è interessante quanto annotato in un articolo, pubblicato sempre della rivista L’Eco dei Tribunali ad inizio dicembre 1850 ed intitolato Sul Giurì. Riepilogo.



L’argomento trattato era quello dell’introduzione nel processo penale nel regno lombardo-veneto della giuria, fortemente sostenuto dalla linea editoriale della rivista e mai avvenuto.

 Dalla lettura dell’articolo (v. «L’Eco dei Tribunali», I, 1850-1851, pp. 313-316 e 321-323), recentemente illustrata da Ettore Dezza nel testo Processo penale e opinione pubblica in Italia tra Otto e Novecento editore il Mulino, si ricava che :

Il disomogeneo aggregato dei nemici della giuria risulta in effetti formato :
a) Da chi per inerzia, per paura o per partito preso rifugge da ogni novità, segnatamente in materia di libertà costituzionali ;
b) Da coloro che preferiscono il loro interesse particolare a quello generale (e questi sono i nemici più pericolosi) ;
c) Dagli amanti della tradizione dottrinale, dei suoi cavilli e della sue astratte costruzioni ;
d) Dai magistrati e dai funzionari che temono, con l’avvento della giuria, di perdere prestigio, autorità e rendite di posizione.
 
Ovviamente questo punto di vista può essere applicato al nostro caso per analogia solamente con grande prudenza. Non è mestiere facile quello dei magistrati applicati al penale, che si devono occupare delle vite degli altri e, se coscienziosi, non possono ignorare cosa comporti la loro attività in termini di “danno alla reputazione” (come ci insegna il recente caso del cardiochirurgo Marcelletti).
Ma proprio per questo motivo l’inerzia, dinanzi al dato di fatto negativo delle macroscopiche inefficienze del sistema giudiziario, è assolutamente inaccettabile.

Commenti all'articolo

  • Di Antonio DS (---.---.---.208) 26 maggio 2009 05:55

    D’accordo sulle macroscopiche inefficienze, ma che c’entra la separazione delle carriere? Casomai, in una situazione come quella attuale, porterebbe ulteriori disagi, ed è semplice aritmetica: da tanti processi con pochi giudici, si passerebbe a tanti processi con ancora meno giudici, mi sembra una corbelleria di prima scelta!
    Il conflitto d’interesse tra chi esercita l’azione penale e chi emette il giudizio pare si applichi comunque col sistema attuale, cioè con la discriminazione in sede di affidamento degli incarichi. Ben più pericolosa, per l’interesse del cittadino e soprattutto di quello più debole in quanto povero, è la sottaciuta sottrazione di poteri al pubblico ministero, cui si vuol togliere l’obbligo di accertare la verità e lo si continua a rappresentare come persecutore...
    diciamola tutta, questa manovra è conveniente solo per la casta degli avvocati e per i rei con buone possibilità finanziarie!
    Il problema più macroscopico della giustizia in Italia, è che la politica non ha alcun interesse a farla funzionare con la sovrabbondanza di decretazione e legiferazione, spesso paradossalmente contraddittoria anche in termini di principio, si ingolfano i processi, e in più sottraendo finanze e mezzi si mette in ginocchio tutta la macchina della giustizia.
    Ora che non mi si venga a dire che certi programmi sulle reti nazionali, quelli con la giuria all’americana che decide in vece del giudice, non sono un primo tentativo di educare le masse di pecoroni televisivi a prendere per normale un sistema che diventa più un terno al lotto che un processo giudiziario, in realtà la decisione è già stata presa da chi governa nell’ombra, dietro il pupazzo, e che si vuole impossessare del mercato di mediazioni extragiudiziali che ne deriverebbe... un bel boccone appunto, ma solo per gli studi legali!!!

    • Di Bernardo Aiello (---.---.---.73) 26 maggio 2009 10:05
      Bernardo Aiello

      Rispondo ad Antonio DS.
      Egregio signore,

      concorderà con me che l’assoluta separatezza fra le parti ed il giudice, e la conseguente terzietà di quest’ultimo, sono condizioni necessarie per la correttezza del processo.

      Ed i Pubblici Ministeri dovrebbero spiegarci perchè questo principio dovrebbe valere solo per l’imputato e per le parti lese e non per loro.
      Un proverbio delle parti mie dice che il re non fa corna.

      Abbiano più fiducia nelle loro capacità e nella loro professionalità ed accettino l’elementare necessità della trasparenza e del giudizio sulla loro attività inquirente, anche se spesso, e questo è nella natura delle cose e non deve offendere la suscettibilità di nessuno, le decisioni sono, almeno in parte, diverse dalle loro richieste.
      Abbiano piena fiducia sul dato di fatto che il cittadino non ha bisogno di giustizieri, ma di giustizia ; e questo chiede loro, anche se trascorre il tempo libero guardando le tante sgangherate trasmissioni televisive aventi per argomento fatti giudiziari.
      Cordialità
      Bernardo Aiello

       

       

    • Di Antonio DS (---.---.---.132) 26 maggio 2009 10:41

      Noto con tristezza e disappunto che Lei risponde senza leggere il mio commento.
      Prima di presumere che concordo qualcosa con lei, mi usi la cortesia di dubitare che non stia dando per scontato qualcosa che di scontato non lo è affatto.
      Provi a rileggere e si renderà conto che affermo diverse cose di cui Lei non ha minimamente tenuto conto.
      Grazie.


Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares