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Francomà: pittore postmeridionale

Francomà - al secolo Franco Magli - è quello che viene definito un pittore postmeridionale, un artista che da anni sulle sue tele tesse, di opera in opera, un universo mitologico colorato e vivace, pieno di figure policrome e a volte ironiche. La sua opera attraversa le avanguardie storiche e la pittura espressionista americana del dopoguerra, per costruire un espressionismo postmoderno e postmeridionale caratterizzato da riferimenti mitologici ed esplosioni di colori e forme.

Perchè postmeridionale? Perchè appartiene a quella generazione di artisti che hanno scelto di operare e vivere nel Sud senza complessi di inferiorità ed in sintonia con la più attuale ricerca artistica internazionale.
 
Nato a Rende (Cosenza) nel 1945, Francomà vive ed opera a San Lucido, sul Tirreno cosentino. Proveniente da una famiglia di artisti, negli anni ’70 conduce alcune esperienze su poetiche, materiali e comportamenti delle avanguardie storiche e delle avanguardie degli anni ’60, per poi rivolgersi a quel Nuovo Espressionismo conseguente all’avvento della transavanguardia e del postmoderno che interpreta con forti accenti mediterranei.
 
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Attraversa inizialmente un periodo volutamente kitsch (1979-1981), passano poi ad una pittura neo-fauve dominata dalla gestualità e dai riferimenti mitologici (1982-1984), fino ad approdare ad una sintesi progressiva delle figure a favore della complanarità (1985-1994), del segno inciso (1995-2001), a volte riproponendo il proprio lavoro con rivisitazioni espressioniste postmoderne e gestuali (2002-2009).
 
Francomà, da sempre attratto dalle grandi dimensioni, ha realizzato anche mural, installazioni e scenografie, interventi di body-art e video per la RAI.
Molti i critici interessati al suo lavoro, e numerosi gli scritti e le pubblicazioni a livello nazionale, fra cui: Filiberto Menna, Enrico Crispolti, Massimo Bignardi, Dario Micacchi, Anna D’Elia, Claudio Crescentini, Massimo Di Stefano, Tonino Sicoli, Gabriele Perretta, Marcello W. Bruno.
 
Da "Scritti mai scritti" di Francomà

Non ho mai prestato fede all’ispirazione improvvisa, al genius da "grandi iniziati", al raptus pittorico, a quelli che si svegliano di soprassalto alle due di notte per andare nello studio a dipingere una rosa in un bicchiere, né ho mai creduto all’onestà intellettuale di chi, in mediocre buona fede o in opportunistica malafede, ha avallato tali maldestri prodotti. Ma ho sempre trovato conforto e ammirazione verso chi ha operato nella certezza della sua professionalità, nel momento in cui si è posto di fronte ad un materiale e ne ha assimilato la natura riproponendolo in nuovi significabili messaggi, così per le ostentate gestualità, così per i sapienti accostamenti e composizioni, così per il senso, così per lo scandaglio del nonsense, così per la raffinata sensibilità nel proporsi nel gioco delle epifanie, così per tutto ciò che è concettualmente possibile come per tutto ciò che viene offerto come probabile; artista è un modo di essere : nella sua esistenza, le sue opere sono soltanto apparizioni, incidenti di percorso tramite i quali i destinatari divideranno o crederanno di dividere con l’autore parte delle sue emozioni.
Io, sicuramente, non faccio parte dei primi e, purtroppo, nemmeno dei secondi, ma, si sa, c’è sempre una terza categoria da teorizzare, come c’è sempre una teoria opposta e contraria all’assunta egualmente valida e dimostrabile. Tutto si presenta sempre così fragile e discutibile e, a volte, le parole si mascherano da ventose per arrampicarsi sugli specchi e il dubbio e la contraddizione restano i miei perenni compagni di viaggio.

 

Ogni minima cosa può darti uno stimolo per costruire un’opera: l’idea, che sia legata all’astratto, al senso o al nonsense, al reale o all’onirico, vive da sempre in qualsiasi evento rilevato dai sensi, vive nel vento che soffia d’inverno, nel caldo scirocco dell’estate, nelle gocce di pioggia fitta d’autunno, in una frase sentita di sfuggita, in una gaffe, in una banalità, in un’ opera già eseguita, nei sogni senza senso dopo una cena abbondante, nei cluster coltivati nella memoria in anni di studio e ricerche, in fondo a un bicchiere di birra e, a parte i lirismi gratuiti citati, scappati dal mio animo inquieto, chi più ne ha più ne collazioni ...
 
.... appare come una sensazione che ti prende, con la voglia di fermarla subito su un pezzo di carta e nella mente cresce e si sviluppa, si dilata, si arricchisce di particolari fino a scomparire in un’opera che diventa così l’assemblaggio di una nuova idea che giustifica tutto il realizzato.......... l’idea è l’opera finita!
 
La voglia di dipingere, di assemblare e organizzare materiali sulla tela o su altri supporti, il desiderio di lavorare e di sentirsi vivo nello studio, a volte sostituiscono un’ idea che non arriva e, allora, ci si trova di fronte ad un supporto e si comincia...... .sarà ciò che vi adagerai che ti suggerirà l’ idea e, senza che tu te ne accorga, ti porterà lungo un sentiero dove troverai tutto quello che hai cercato, che hai perduto o che non hai mai pensato: è il caso di tante opere nate senza alcuna idea iniziale (parlo delle mie opere), senza un nome, senza un fine.............. l’idea sarà l’opera finita!

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