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Francia e il richiamo dell’ambasciatore: Boulevard Connerie des Italiens

La dichiarazione di guerra è stata consegnata all’ambasciatore francese! Squillavano le trombe della propaganda italiana, con priapismo mascellare d’ordinanza e impiego del talentuoso ghost writer che si ispira al Ventennio, quando il nostro ministero per le Infrastrutture e i trasporti l’altro giorno ha inviato agli odiati franzosi il ferale documento con l’analisi costi benefici sul Tav. Quanto accaduto in seguito è stato solo il naturale sviluppo del canovaccio messo in scena dalla compagnia di giro italiana.

L’incontro di Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista con un moncone di scappati di casa transalpini, da mettere in franchising sulla piattaforma Rousseau (che, ehi, era anche di origine francese!), i casseur noti come Gilet Jaunes, alla disperata ricerca di una forma-partito per andare a fare una scampagnata alle elezioni europee, e che non hanno ancora deciso se vendersi a Marine Le Pen o a Jean-Luc Mélenchon, è stato la goccia che ha fatto traboccare il vaso, per il presidente Emmanuel Macron, che ieri ha richiamato l’ambasciatore francese a Roma, per consultazioni .

Immediato è stato il fremito degli Italiens, che rivedono agli anni ruggenti del Puzzone del Balcone. Subito, editorialisti imbrattacarta e da schermo sono accorsi a dire la loro, al Caffè Italia (ricordate: bar verrà proibito perché parola non autoctona). Dopo lunghe elucubrazioni, il responso dal versante italiano è stato: “Macron fa campagna elettorale”. Invece, Giggino e l’eroe dei due mondi nonché aspirante Pulitzer per il Fatto, si sono solo esercitati nel loro sacrosanto diritto di espressione, sia chiaro. A partire dalla levata d’ingegno sul franco CFA, che è stata avidamente bevuta dai lettori di qualche bettola italiana e dai nostalgici anticolonialisti de sinistra di casa nostra, a cui non è parso vero di leggere qualcosa di tipico del loro storico repertorio.

Macron fa campagna elettorale, si diceva. Verissimo. E pare pure che stia rapidamente risalendo nei sondaggi. Niente come l’aggressione di un Nemico esterno, per tonificare chi sta al potere. Che poi è quello che Di Maio e Salvini sanno perfettamente, visto che sono mesi che non fanno altro, dopo aver licenziato una legge di bilancio che affonderà il paese ed i cui esiti verranno ovviamente imputati ad una vastissima cospirazione esterna, che si spingerà sino alle lune di Antares.

 

"Se le recessioni vogliono far politica, si candidino. E vediamo quanti voti prendono"

 
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Ai nostri due dioscuri dello sfascio, quindi, il premio di aver rilanciato le quotazioni di un Nemico esterno che appariva indebolito. Un vero tocco di Mida. Nel frattempo, il premier Giuseppe Conte Mascetti ha già riempito le buche delle lettere dei nostri giornali con ampio campionario di suggestioni ispirate da “fonti di Palazzo Chigi”. Del tipo di quella contro le

[…] provocazioni che in questi mesi ci ha rivolto il presidente della Francia, che non ci hai mai amato, che ci ha sempre considerato un errore della storia, solo che la storia comincerà il 26 maggio e i gilet gialli al momento hanno un consenso del 60% e Macron rischia di essere spazzato via.

Il Vento della Storia soffia inesorabile, parbleu! Dissero “le fonti di Palazzo Chigi”, quelle a cui vanno ad abbeverarsi anche scoppiatissimi editorialisti neo-sovranisti, che oggi parlano di legittimità dell’iniziativa dei due pentastellati, che punterebbero (mescoyons, direbbero a Le Havre) nientemeno che a “porre fine alla diarchia franco-tedesca”.

Singolare, comunque, questo sovranismo asimmetrico: no sdegnato a qualsiasi “interferenza” dello Straniero negli affari italiani ma sì al free speech a sostegno di alcuni casseur che oscillano tra richieste di sussidi parassitari e suggestioni eversive, da ruspa contro i portoni dei ministeri. Misteri buffi dei nostri imbonitori sovrani.

Quelli che oggi registrano l’uscita di Air France dalla improbabile cordata per Alitalia, noto buco nero sovrano. Quello per cui avevamo persino un sottosegretario incaricato (tempi che furono) di trovare investitori cinesi. Amen. Del resto, non è che il mondo sia pieno di scemi che ardono dal desiderio di incenerire denaro pubblico. Quelli paiono concentrati in Italia, al momento.

Io comunque se fossi in voi eserciterei quella che un tempo si definiva “vigilanza democratica”. Visto che i nostri eroi sono ormai alle corde, sono disperati di arrivare al 26 maggio (non si sa per far cosa) e nei prossimi mesi saranno più suonati di un pugile-materasso a fine carriera, occhio che il prossimo spin non venga commissionato direttamente ai nostri servizi segreti. Su piazza, diciamo. Per compattare il Popolo sovrano contro il Nemico esterno, ça va sans dire.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di giovanni (---.---.---.75) 11 febbraio 2019 22:23

    spiace introdurre elementi di realtà nel delirio da sociopatico

    liberista (la bava alla bocca pinochettiana contro i gilet jaunes è da manuale del DSM-IV) dell’autore, ma è la Francia che ha fatto il passo che precede la dichiarazione di guerra, ovvero il ritiro dell’ambasciatore.

  • Di vittorio (---.---.---.47) 12 febbraio 2019 13:00

    il fremito degli Italiens, che rivedono gli anni ruggenti del Puzzone del Balcone”

    Magari Di Maio avesse la statura di Mussolini (privo di senso chiamarlo il “puzzone del Balcone”) che, prima di fare enormi ed intolleranti cazzate tipo delitto Matteotti, invasione dell’Etiopia, alleanza con Hitler, ingresso in guerra ecc., aveva però attuato le bonifiche pontine e maremmane, creato infrastrutture basilari e sponsorizzato un nuovo stile urbanistico e architettonico passato alla storia (v. EUR con Palazzo delle Civiltà, Palazzi delle Poste, città come Latina .....), riorganizzato le ferrovie, attuate riforme sociali quali l’opera maternità e infanzia, ecc. ecc.

    Sono visceralmente democratico e anti dittature ma questa è storia e non chiacchiere da bar o promesse dal balcone concretamente inattuabili tipo “abbiamo abolito la povertà” e “cancellato la Fornero”; quelli del periodo 1924/1934 sono fatti di governo attuati nei soli primi dieci anni di governo (e “la lira faceva aggio sull’oro”) che ci avevano meritato la considerazione degli altri governanti europei al punto di chiedere a Mussolini (che poi ne ha combinate di tutti i colori !) di fare anche da paciere con la conferenza di Monaco.

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