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Festival di Sanremo: polemiche per "Bella Ciao" e "Giovinezza". Ancora una volta non si parla degli artisti

“Vorrei che si cantasse Bella Ciao” aveva detto alla conferenza stampa di presentazione il conduttore Gianni Morandi. Poi il Direttore Artistico Gian Marco Mazzi ha rispolverato pure “ Giovinezza”

“Impediremo che dal palco del Teatro Ariston si canti Giovinezza, l’inno fascista che Mussolini desiderava diventasse l’Inno d’Italia al posto della Marcia Reale” hanno dichiarato dalla Segreteria nazionale del Partito Democratico. “Denuncerò alla Procura della Repubblica di Sanremo il Direttore artistico del Festival della Canzone italiana Gian Marco Mazzi per apologia al fascismo dopo che lo stesso ha proposto di far cantare, nel corso della manifestazione canora, accanto a Bella Ciao, pure Giovinezza” ha ribattuto Oliviero Di Liberto, segretario nazionale del Partito dei Comunisti d’Italia, scomparso dal Parlamento nazionale dopo la debacle elettorale delle ultime Politiche.

“Chiameremo i democratici di tutt’Italia a raccolta a Sanremo il prossimo diciassette febbraio, giorno previsto per l’esecuzione della marcetta simbolo del ventennio fascista, ed insieme occuperemo il palco dell’Ariston” hanno aggiunto i responsabili nazionali dei due partiti extra-parlamentari, e cioè Pdci e Rifondazione, della sinistra radicale italiana. “Ci saremo anche noi ad occupare Sanremo e l’Ariston quel giorno. Giovinezza non verrà cantata in alcun modo” affermano sul web, qui le convocazioni e gli ordini corrono alla velocità della luce, i vari Centri Sociali della penisola, spalleggiati dagli Anarchici.

La diatriba è nata dopo un’estemporanea dichiarazione resa durante la presentazione del regolamento dell’edizione 2011 del Festival della Canzone italiana, che si terrà nella “Città dei Fiori” dal 15 al 17 Febbraio del prossimo anno, dal presentatore Gianni Morandi che, memore delle simpatie sue e della sua famiglia per il vecchio Pci, ha esordito esclamando: “Vorrei che, per celebrare i centocinquantanni dell’Unità d’Italia si cantasse al Festival Bella Ciao”. Apriti cielo: il direttore artistico della manifestazione Gian Marco Mazzi ha rilanciato aggiungendo: "Va bene ma allora, per par condicio, aggiungiamoci pure l’inno fascista Giovinezza”. Quella di Mazzi è stata a sua volta un’uscita improvvisata, assolutamente non studiata e neanche preparata, espressa forse per raccattare le simpatie di alcuni Ministri del Centro destra al governo del Paese. Quando si dice essere più realisti del re.

Infatti, poco dopo, l’attuale titolare del Dicastero della Difesa, l’ex missino Ignazio La Russa, ha dettato alle agenzie di stampa il seguente commento: "Non c’è niente di male a cantare in pubblico Giovinezza, nel ventennio la cantavano milioni di italiani”. Il fatto curioso, e che molti non conoscono, è che né Bella Ciao né Giovinezza furono scritte come canti, rispettivamente, comunisti o fascisti. La prima altro non era che una nostalgica melodia intonata dalle mondine emiliane provenienti dal reggiano e dal parmense mentre salivano sui treni che le avrebbero portate nelle risaie, tra Bianzè e Santhià, a mondare il riso. Erano trattate come schiave dai loro padroni e rimpiangevano quotidianamente l’amore lasciato al paesello. La seconda invece è un inno goliardico cantato, a partire dal 1909, dai giovani studenti universitari toscani che in tal modo intendevano esprimere tutta la loro insofferenza per la generazione precedente dei “ parrucconi” liberali e risorgimentali come il “ vate” Giosuè Carducci. Un canto goliardico della contestazione giovanile “ante- litteram” insomma. Poi fascisti e partigiani cambiarono le parole alle due canzoni. Peccato che ancora una volta si parli del Festival della Canzone italiana non sotto il profilo artistico, che magari non è più in grado di proporre, ma per altri motivi. Alla fine però, molto probabilmente, per tratteggiare la storia canora della Nazione Italia, nell’anno del suo centocinquantesimo genetliaco, i quattordici big in gara sceglieranno altre canzoni destinate piuttosto ad unire gli animi piuttosto che a dividerli. 

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