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Una produzione d’alta classe per il capolavoro di Poulanc per la prima volta sul palcoscenico del Selva

Francis Poulanc sollecitato da Casa Ricordi a comporre un’opera per la Scala inizia nel 1953 la lunga gestazione dei Dialogues. Cominciò a riflettere sulla possibilità di trarne il lavoro richiesto da Ricordi in occasione di un soggiorno romano nel quale aveva assistito al lavoro di Georges Bernanos Dialogues des Carmélites restandone impressionato.

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E’ un momento molto tormentato della sua vita nel corso del quale amici cari erano deceduti lasciando un profondo strascico di dolore ad affliggerlo e nel corso della stesura dell’opera si ammalò e infine morì anche il suo compagno, Lucien Roubert. Si tratta di un testo che riprende un fatto realmente accaduto: a Parigi nei giorni del regime del Terrore sedici suore del Carmelo di Compiègne vennero decapitate il 17 luglio del 1794 per non aver voluto abiurare ai propri voti. Poulanc compose libretto e partitura come un’epopea in cui testo e musica scorrono assieme in un flusso espressivo senza soluzione di continuità e ciò fa di quest’opera un titolo cardine non solo del repertorio francese, ma anche di tutto il teatro musicale del Novecento e il debutto del 26 gennaio 1957 al Teatro alla Scala di Milano registrò un successo trionfale. Per la prima volta a Venezia, l’opera giunge in un nuovo allestimento coprodotto dalla Fondazione Teatro La Fenice con il Teatro dell’Opera di Roma.

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La messa in scena è firmata Emma Dante che col suo team creativo, Carmine Maringola per le scene semplici ma fortemente evocative e Vanessa Sannino per i singolari costumi coerenti con la lettura registica, si concentra più sulla condizione delle donne che sull’evento storico e mette in rilievo il principio di autodeterminazione che queste donne, prim’ancora che monache, intendono esercitare. L’autonomia di pensiero delle Carmelitane è agita da una fede quasi fanatica e coraggiosa animata da una credo irrazionale e delirante: è l’atto di ribellione ad ordini che provengono dall’esterno di donne forgiate dalla sofferenza, dalle torture che si infliggono quotidianamente, rese forti nella loro pur assurda coerenza. Lo spazio scenico viene fascinosamente modellato dal disegno luci di Cristian Zucaro e i movimenti coreografici di Sandro Maria Campagna riempiono di vita monastica i passaggi strumentali. Abilissimi i mimi tra i quali spicca la toccante interpretazione del Cristo crocifisso androgino.

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Il cast vocale offre una notevolissima esecuzione: Julie Cherrier-Hoffmann, nella parte di Blanche, risulta pienamente padrona dei propri mezzi vocali e li usa per un’intensa ed interiorizzata espressività, Anna Caterina Antonacci trionfa nel ruolo di Madame de Croissy, la Prieure du Carmel, fulgido esempio di emotività drammatica e rigore professionale soprattutto, ma non solo, nella tragica scena della morte alla fine del primo atto. Difficile isolare singole presenze in un cast così ben composto sia per interpretazione scenica che per resa vocale più che autorevole e ne riportiamo nomi e ruoli:Veronica Marini, Soeur Constance de Saint-Denis; Deniz Uzun, Mère Marie de l’Incarnation; Vanessa Goikoetxea, Madame Lidoine, la nouvelle Prieure; Valeria Girardello, Mère Jeanne de l’Enfant Jésus; Loriana Castellano, Soeur Mathilde. Juan Francisco Gatell, Le Chevalier; Armando Noguera, Le Marquis de La Force.

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Puntuali gli interventi di Jean-François Novelli, L’Aumônier du Carmel; Gianfranco Montresor, Officier; Marcello Nardis, I Commissaire e Francesco Paolo Vultaggio, Le Geôlier / Thierry / II Commissaire / Monsieur Javelinot. Eccellente la prova del Coro del Teatro la Fenice istruito dal maestro Alfonso Caiani. A Frédéric Chaslin, profondo conoscitore del repertorio francese, il compito della concertazione e della direzione. L’Orchestra del Teatro la Fenice asseconda bene il direttore e rende con dovizia di colori sia le parti in cui la compagine orchestrale è protagonista sia quando è di accompagnamento alle voci. Chaslin enfatizza la scrittura drammatica di Poulanc con incisività e tocca l’anima dell’ascoltatore nei passaggi di intima sofferenza fisica e psicologica. Se la scena della morte della Priora alla fine del primo atto è straziante, rimarrà nella memoria di chi ha assistito alla recita la scena finale ovverosia il martirio delle monache.

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Qui musica e regia si fondono in un crescendo drammatico e grave nel corso del quale le Sorelle si immolano sulla ghigliottina intonando uno stupendo Salve Regina, preghiera degli addii con sempre meno voci via via che i secchi colpi recidono le loro teste e le loro identità. Blanche non perirà sul patibolo ma apparirà crocifissa. Applausi sinceri, commossi. Capolavoro.

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