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Fascismo, ma quali sarebbero «i contenuti propri»? Legge Fiano e pulsioni manettare

L’incipit dell’articolo 293-bis del codice penale, nuovo di zecca, relativo al reato di propaganda fascista (leggi legge Fiano), appena approvato alla Camera e veleggiante verso il Senato, così recita: «Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque propaganda i contenuti propri del partito fascista o del partito nazionalsocialista tedesco, ovvero dei relativi metodi sovversivi del sistema democratico….».

Primo dilemma interpretativo: quali sarebbero «i contenuti propri del partito fascista o del partito nazionalsocialista tedesco»? Se gli studiosi del tema volessero elencare singolarmente e in dettaglio tali contenuti, gli elenchi coinciderebbero? Non credo proprio. Probabilmente si aprirebbe un dibattito, sempre salutare, che confermerebbe quel che già si sa; cioè che di ogni esperienza umana, le valutazioni presentano un inevitabile grado di soggettività. Alcuni indicherebbero come «propri», vale a dire specifici, alcuni tratti, la cui peculiarità verrebbe negata da altri.

Prendiamo ad esempio il corporativismo. Alcuni potrebbero negare costituisse un «contenuto proprio» del fascismo (e, senza riandare con il pensiero al Medioevo, Toniolo? E La Tour du Pin? E von Ketteler?); altri potrebbero argomentare a favore dell’originalità della rielaborazione fascista del corporativismo pur sottolineandone l’esiguità delle realizzazioni.

E quindi? Quindi, approvata la legge nella formulazione proposta dalla Camera, un magistrato senza pelo sullo stomaco cosa dovrebbe fare, ad esempio, di fronte al «contenuto» dell’opuscolo di «propaganda» elettorale di un partito neo-post (fate voi) fascista, ammesso alla competizione elettorale, che rispolverasse l’attualità del corporativismo del Ventennio come risposta alla crisi..., ecc. ecc. (stupidaggini, certo, ma non è questo il punto)? Ma sì, contattare le società di studi storici e chiedere loro di comunicargli se il corporativismo sia stato o meno un «contenuto proprio» del fascismo. In caso affermativo, manette a volontà.

Il sottoscritto, storico, per quanto modesto, non coltiva proprio ambizioni del genere…

Non solo; leggo nel vocabolario on line della Treccani che la propaganda consiste in un’«azione che tende a influire sull’opinione pubblica, orientando verso determinati comportamenti collettivi».

Se smercio opuscolame del Ventennio, con tanto di «immagini o simboli», potrei trovarmi alla porta di casa qualche occhiuto custode della legalità pronto a rinfacciarmi di aver tentato di influire, di orientare «verso determinati comportamenti collettivi».

Librai e svuotacantine sono avvertiti.

Da ultimo, cosa significa mai «dei relativi metodi sovversivi del sistema democratico»?

La formulazione originaria recitava: «chiunque propaganda le immagini o i contenuti propri del partito fascista o del partito nazionalsocialista tedesco, ovvero delle relative ideologie…», ed era comprensibile in quanto le «relative ideologie» erano riferite alle immagini e ai contenuti. Ma nell’ultima edizione del disegno di legge la frase è stata riformulata, come già evidenziato sopra, in questi termini: «salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque propaganda i contenuti propri del partito fascista o del partito nazionalsocialista tedesco, ovvero dei relativi metodi sovversivi del sistema democratico….».

Ora, se avessero scritto «ovvero i [dei] relativi metodi sovversivi del sistema democratico….» sarebbe stato chiaro. Ma così, quel «dei» a cosa si riferisce? Ai contenuti? I contenuti dei metodi? Più si legge questo dettato normativo e più aumentano vertigini e sconforto.

 

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