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Faro di Roma. L’avvento di Hitler conferiva il terribile significato alla guerra. E il movimento pacifista trovò una nuova dimensione

Qualche anno dopo l’avvento di Hitler, la maggioranza della sinistra continuava a credere che la pace possa essere mantenuta soprattutto attraverso le politiche di sicurezza collettiva e del disarmo, fino alla regolazione internazionale delle controversie.

FARO DI ROMA

Prevenire la guerra

Per questo motivo, la discussione si concentrò sulla questione dei mezzi migliori per realizzare tale obiettivo.

Per due, forse tre anni dopo l’avvento di Hitler, la maggioranza della sinistra continua a credere che la pace possa essere mantenuta soprattutto attraverso le politiche di sicurezza collettiva e del disarmo, fino alla regolazione internazionale delle controversie attraverso la presa di posizione e la pressione politica ed economica collettiva.

La convinzione sottesa a questa posizione era che la pressione internazionale poteva fermare i conflitti prima che raggiungessero la soglia della guerra aperta.

Ma inevitabilmente tale posizione non poteva non suscitare la domanda di fondo circa la giustezza dell’azione militare.

Nonostante tutto, esisteva la guerra giusta?

A metà degli anni ‘30 del Novecento, ci furono due risposte impressionanti a questa domanda. La prima fu la fondazione nel 1934 dell’Unione per la garanzia della pace.

L’Unione, i cui membri superarono rapidamente il numero di 200.000, chiedeva alla gente di sottoscrivere una risoluzione che diceva: “noi rinunciamo alla guerra e mai più, né direttamente né indirettamente, ne sosterremo e ne approveremo un’altra”.

Le chiese non conformiste giudicano la guerra negazione del cristianesimo

Questa organizzazione traeva la sua forza dalle chiese non conformiste che ritenevano la guerra una negazione del cristianesimo, e poi dagli scrittori e dagli intellettuali orientati a sinistra, dal partito laburista, dai sindacati del movimento cooperativo. Nella realtà, l’organizzazione abbracciava una serie di posizioni, alcune delle quali vedevano nella non violenza più una tattica che un valore assoluto.

La corrente principale del pacifismo: prevenire la guerra

Ma la corrente principale rimase quella che faceva capo al bisogno di prevenire la guerra con tutti i mezzi possibili. L’opinione pubblica fu ulteriormente saggiata da quello che è divenuto noto come Sondaggio della pace. Organizzato dalla Società delle nazioni e ignorato dal partito conservatore, il sondaggio interessò più di mezzo milione di attivisti, tutti volontari, e ricevette più di 11 milioni di risposte. La maggioranza schiacciante delle risposte si dichiarò per continuare ad appoggiare la Società delle nazioni, per il disarmo controllato, per restrizioni alla produzione privata di armi e per la riduzione della produzione di aerei militari.

La forza per alcuni come estrema risorsa

Ancor più significativo fu che circa sette milioni di persone votarono a favore di immediate sanzioni economiche e non militari a carico dell’eventuale aggressore.

Sei milioni ritenevano che la forza andasse usata solo come estrema risorsa, mentre due milioni espressero la convinzione che la forza non dovesse essere mai usata in assoluto.

Il sondaggio della pace per gente sensibile all’antimilitarismo

Il sondaggio della pace mostrò che la gente era sensibile soprattutto al problema di come prevenire una guerra reale, più che alle questioni astratte sull’uso della forza o sull’esistenza della guerra giusta.

Ma anche così è chiaramente percepibile una forte, sotterranea corrente pacifista, mentre il numero di quanti si astennero dal rispondere alla domanda che toccava più direttamente la messa in atto di misure militari indica che questo era il punto sul quale in quel preciso momento molta gente era estremamente incerta.

I rapidi cambiamenti della situazione internazionale

I rapidi cambiamenti della situazione internazionale spingevano tuttavia a una continua revisione di atteggiamenti, ed è dal 1935 che molti pacifisti divennero meno convinti della loro posizione.

Dopo l’uscita del Giappone e della Germania dalla Società delle nazioni, la politica della sicurezza collettiva divenne meno convincente.

Il governo britannico e la corsa al riarmo

In realtà il governo britannico aveva ufficialmente abbandonato ogni pretesa di seguire una politica di sicurezza collettiva e aveva annunciato la sua intenzione di contrapporre al riarmo della Germania un proprio riarmo.

I dirigenti laburisti, che sostenevano il movimento pacifista, continuarono a apportare argomenti a favore della sicurezza collettiva perseguita attraverso la Società delle nazioni, ma evitarono ripetutamente di affrontare la questione di cosa fare se tali politiche non avessero avuto successo.

Il persistere della debolezza nelle posizioni pacifiste

In effetti, questo stava diventando il problema centrale per il movimento della pace nel suo complesso. Una persistente debolezza della posizione pacifista consisteva nel fatto che essa, come istanza politica più che come affermazione di una convinzione personale, non permetteva molte alternative.

Il pacifismo lasciava poco spazio al compromesso: la presunzione che esso dovesse avere necessariamente successo induceva molti a evitare di chiedersi che cosa avrebbero fatto se ciò non fosse avvenuto.

Il lassismo inglese nella guerra in Spagna contro la dittatura fascista di Franco

Gli avvenimenti della seconda metà degli anni ‘30 sono troppo noti perché sia necessario soffermarsi su di essi.

Con l’Abissinia, il governo britannico si imbarcò in una strada di incertezza e di oscillazione.

Allo stesso modo la Gran Bretagna mancò di sviluppare una politica coerente rispetto alla guerra spagnola, continuando a giustificare il non intervento anche quando fu chiaro che la Germania e l’Italia stavano fornendo un aiuto considerevole a Franco e alla dittatura fascista. Con la conferenza di monaco nel 1938 Chamberlain continuava a credere che Hitler poteva essere soddisfatto e che si garantiva meglio la pace facendo concessioni piuttosto che lanciando avvertimenti collettivi internazionali.

Il tema dominante della sinistra divenne l’antifascismo

In questi anni, l’opinione pacifista inglese dovete percorrere una strada molto difficile.

Il tema dominante della sinistra divenne l’antifascismo, e un pacifismo male inteso rischiava di essere preso per un sostegno a Hitler.

Non è possibile fermare il fascismo senza guerra?

A parte ciò, molti pacifisti riconoscevano che stava diventando sempre meno realistica la possibilità di fermare il fascismo senza guerra.

E la Spagna forniva un chiaro esempio, provocando nella sinistra inglese emozioni che prima e dopo di allora raramente si sono riscontrate.

La sinistra abbandona la non violenza in nome della guerra contro il fascismo di Franco

Il partito laburista, riconoscendo in che direzione portava la politica del non intervento, si accinse a un rovesciamento di linea politica, con tutto ciò che questo comportava in termini di possibile coinvolgimento militare.

Altri esponenti della sinistra abbandonarono del tutto la non violenza, sostenendo che la battaglia contro Franco e la dittatura era già la guerra contro il fascismo. I modi di sentire si fecero ancora più duri.

Un’accusa ingiusta

Il movimento per la pace degli anni ‘30 è stato accusato qualche volta di aver apparentemente indebolito la posizione del governo britannico.

Ma questa accusa sembra particolarmente infondata.

I pacifisti erano sempre stati molto decisi nella denuncia dell’aggressione.

Pochi avevano difeso una politica di pace a ogni costo se ciò significava aprire la strada agli aggressori.

Il sostegno pacifista alla Società delle nazioni, alla politica di sicurezza collettiva e al disarmo, aveva mirato proprio al controllo effettivo delle minacce e alla sicurezza internazionale.

Il pacifismo rafforza la consapevolezza sul pericolo che il fascismo costituiva per l’Europa intera

L’ostilità al fascismo era basata, in particolare, sulla minaccia che il fascismo costituiva per la pace mondiale, e i pacifisti sostennero ripetutamente la necessità di una forte azione congiunta per controllare i dittatori.

Gli errori dei politici difficilmente possono essere addebitati al movimento per la pace.

La loro origine è da ricercare nelle false opinioni su Hitler e Mussolini del tutto inadeguate.

Il pacifismo era divenuto dopo il 1940 una posizione che si era dovuta abbandonare di fronte alla cruda realtà dei fatti politici, uno dei quali fu il pericolo di una imminente invasione tedesca, una considerazione che molti avevano mancato di mettere in conto.

La guerra apparve come un male minore contro il fascismo

Che questa sia stata per diversi aspetti una sconfitta per il movimento per la pace è ovvio. Ma da altri punti di vista il movimento aveva anche avuto un grande successo. Esso aveva dato l’avvio a un’analisi nuova sulla guerra e sui probabili beneficiari della guerra e nella sua ricerca di pace aveva enormemente contribuito a rafforzare la consapevolezza popolare sul pericolo che il fascismo costituiva per l’Europa intera.

La pace, impossibile?

“Mai più guerre” fu lo slogan con il quale molti si identificarono per lo stretto rapporto intrattenuto di persona con la sofferenza e la morte provocata dalla guerra

Il pacifismo inglese e non solo attinse forza dal ricordo degli orrori della prima guerra mondiale

Negli anni fra le due guerre, il pacifismo inglese e non solo attinse indubbiamente forza dal ricordo degli orrori della prima guerra mondiale. A ricordo dei morti e delle vittime furono eretti monumenti in tutto il paese, ma gli invalidi costituirono, almeno per tutti gli anni ‘20 del Novecento, un ricordo ancora più impressionante delle conseguenze della guerra.

Lo slogan “Mai più guerre”

“Mai più guerre” fu lo slogan con il quale molti si identificarono per lo stretto rapporto intrattenuto di persona con la sofferenza e la morte provocata dalla guerra.

Per molto tempo prevalse la convinzione che una nuova guerra sarebbe stata una mera ripetizione dell’ultima, con l’aggiunta assai temuta dei bombardamenti aerei. Ma l’origine dei sentimenti pacifisti non va ricercata solo nei ricordi del passato.

La congiuntura in cui emerse il fenomeno sociale del pacifismo

La crescita del pensiero pacifista fu strettamente connessa e correlata con i mutamenti sociali e politici verificatisi in Gran Bretagna e con gli sviluppi esterni.

Il contesto nel quale il pacifismo emerse e con il quale esso fu intimamente legato fu costituito dal declino industriale, dalla disoccupazione di massa, dalla povertà e dalla fame, all’interno, e dai problemi connessi con il perdurare, all’esterno, del dominio coloniale, prima che fossero tutti messi in ombra dalla grande minaccia del fascismo.

Il decennio dell’illusione e della delusione

Le opinioni riguardo la guerra cominciarono a cambiare in modo significativo nel corso degli anni ‘20, un periodo che potrebbe essere definito il decennio dell’illusione e della delusione.

Gli anni immediatamente seguenti al conflitto avevano visto poco trionfalismo militarista e non erano sorte battagliere e violenti organizzazioni di ex combattenti, come ce ne erano in altre parti d’Europa.

Lo stato d’animo diffuso era la stanchezza e l’idea comune fra la gente vedeva nella guerra una tragedia terribile, ma necessaria per salvare la democrazia e che quella appena combattuta poteva essere la guerra per mettere fine a tutte le altre guerre.

Il radicalismo sociale. L’insuccesso del governo laburista

Tali sentimenti si combinavano con nuove speranze per il futuro, in parte legate alle promesse fatte alle truppe, in parte a un nuovo radicalismo sociale che si era sviluppato fra i soldati nel corso della guerra.

Ma la realtà venne subito a disingannare la gente da queste aspettative: disoccupazione, carenza di case e di cibo, l’insuccesso del governo laburista, il fallimento dello sciopero generale, tutto contribuì ad accentuare le divisioni sociali e servì a rivelare la distanza profonda che ancora separava i ricchi dai poveri e il governo dalla popolazione.

L’interpretazione di sinistra sulla guerra

Delusione e risentimento portarono a un aumento delle opinioni circa la guerra. Ora la gente era più disposta ad accogliere l’interpretazione di sinistra sulla guerra, vista come lotta fra imperialismi, combattuta per difendere gli interessi inglesi e a vedere la retorica patriottica del sacrificio come poco più che un espediente ipocrita per dissimulare questa realtà.

Varie realtà invitano il governo a dire NO alla guerra come azione politica

La sensazione della classe lavorativa, che la guerra l’aveva combattuta, fu forse stata tradita da chi non l’aveva fatta e provocò a sua volta una crescita della solidarietà internazionalista della classe lavoratrice stessa.

Questa mentalità fu dominante nei circoli della classe lavoratrice e nelle classi medie orientate a sinistra. Accadeva di frequente di imbattersi in risoluzioni approvate dalle associazioni dei lavoratori e dei sindacati, che invitavano il governo a rinunciare alla guerra come strumento di azione politica.

La guerra è sempre inutile

Si trattava di una sorta di pacifismo diffuso, fondato sul presupposto che la guerra è sempre inutile, ed è dichiarata da governi incompetenti per farla combattere a generali ancora più incompetenti. Tale visione procurò un forte sostegno alla Società delle nazioni a favore del disarmo generale.

Gli studenti dell’Università di Oxford per la pace

Un contributo piuttosto sorprendente al movimento per la pace si ebbe agli inizi degli anni ‘30 del Novecento quando nel corso di un dibattito la Lega degli studenti all’Università di Oxford, fra la contestazione dell’establishment britannico votò una mozione per cui “questa istituzione in nessun caso combatterà per il suo re e per il suo paese”.

Il pacifismo persino tra gli studenti

Tale voto significava infatti che ora il pacifismo penetrava persino tra gli studenti privilegiati della classe media quella da cui tradizionalmente provenivano gli ufficiali. Ovviamente le cose non stavano proprio così. Molti non erano pacifisti avevano semplicemente cominciato a pensare di avere il diritto di scegliere il tipo di guerra che volevano combattere.

Ciò era tuttavia indicativo del sentimento generale che permeava i giovani e la sinistra.

L’avvento di Hitler conferiva un nuovo significato alla guerra

Era un sentimento di mancanza di fiducia nei governi politici al potere, considerati inefficienti nella retorica del patriottismo. Di contro vi era la convinzione che l’azione e la testimonianza personali a sostegno della pace potevano in qualche modo compensare le manchevolezze dei governi.

Naturalmente, la situazione mutò radicalmente con l’avvento di Hitler al potere, che conferiva al problema della guerra e della pace un’urgenza del tutto nuova e emergente.

Lo slogan “fascismo significa guerra”

All’inizio, la sinistra fu alquanto incerta sulla linea da seguire nei confronti di Hitler: essa respingeva come ovvio le intenzioni del fascismo e i metodi della dittatura. L’instabilità della situazione portò l’opinione pubblica pacifista ad accentuare molte tematiche degli anni precedenti.

Furono rinnovati gli appelli a puntare sulla Società delle nazioni per la sicurezza, per una riduzione pianificata degli armamenti e per la messa in atto di sanzioni economiche e politiche contro gli aggressori.

La sinistra pacifista spera sempre nella prevenzione alla guerra

La prevenzione della guerra attraverso un’azione concentrata di carattere internazionale rimase la grande speranza della sinistra pacifista.

Ci si trovava invece alle prese con un governo nazionale in realtà largamente conservatore che in pratica sembrava non far nulla a sostegno degli sforzi che venivano compiuti per raggiungere la sicurezza collettiva.

I segnali di disastri incombenti erano fortemente aumentati durante il primo anno di governo di Hitler, e cominciò a essere più largamente accettato a sinistra lo slogan “fascismo significa guerra”.

Foto Wikimedia

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