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FCA, garanzie statali e ricatti politici

Questa settimana, con Michele Boldrin, parliamo del “caso” FCA, con la richiesta di garanzia pubblica su una linea di fido concessa da Intesa Sanpaolo, da utilizzare anche a protezione della filiera domestica. Poiché tutto quello che riguarda FCA suscita elevata sensibilità nell’opinione pubblica italiana (e con buoni motivi, almeno storici), cerchiamo di capirne di più.

FCA sfrutta una norma del Decreto liquidità, per chi ha subito cali del fatturato. Ad inchiostro appena asciugato, esponenti della maggioranza, per esigenze di posizionamento, che gli anglosassoni chiamano posturing, chiedono il rimpatrio della sede legale e fiscale di FCA, innescando l’abituale canea dei social, il gigantesco think tank dove in questo periodo nuotano soprattutto virologi, oltre agli immancabili economisti a cui si aggiungono esperti di corporate finance.

Ed infatti cerco di spiegare perché molte obiezioni alla richiesta di garanzia sono solo frutto di mancata conoscenza del tema.

Per l’angolo dei piccoli esperti di corporate finance, comunico solennemente che sono d’accordo con ipotesi di covenant (quozienti di bilancio e finanziari da non violare) sulla garanzia, più restrittivi di quelli concessi da Intesa Sanpaolo. Riguardo a quello che pare essere il bersaglio grosso di alcuni nostri politici, cioè il dividendo straordinario che FCA dovrebbe pagare ai propri azionisti per sistemare il concambio con PSA; segnalo che quei soldi possono essere reperiti dalla holding (FCA NV) anche tirando fidi bancari. Che ovviamente (ma non per tutti) sono cosa diversa dal fido negoziato da FCA Italy con Intesa Sanpaolo.

Lancio una chiave di lettura “rivoluzionaria”, che ha stupito anche Michele: e se i nostri politici stessero in realtà giocando un long game, cercando di sedersi al tavolo negoziale della futura aggregazione PSA-FCA, dove i francesi arrivano avendo dietro lo stato e gli italo-americani da multinazionale apolide?

Pensate quanto sono generoso verso una classe politica che di solito ha un orizzonte strategico di pochi giorni se non di ore, giusto il tempo di avere qualche titolo sui giornali: addirittura, li vedo impegnati su un arco temporale pluriennale. Troppo generosamente ottimista, vero? Comunque sia, buona visione.

 

Foto: Michel Temer/Wikipedia

Questo articolo è stato pubblicato qui

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