• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Società > Estetica twee, la dolcezza nell’epoca della sua riproducibilità (...)

Estetica twee, la dolcezza nell’epoca della sua riproducibilità tecnica

Mentre ero seduto al cinema che fa i film in lingua originale, perché ormai se guardi i film doppiati la tua opinione non conta un cazzo visto che “eh, ma tu l'hai visto doppiato”, e mi scorrevano davanti le immagini di Her, il film di Spike Jonze girato con Instagram, pensavo a cosa si dovesse provare ad essere Joaquin Phoenix, che recita magistralmente nella parte di un salmone. Proprio così, un salmone dall'aria sconsolata che parla poco ma con i suoi silenzi “sa farti emozionare”.

JPEG - 45.2 Kb
Joaquin Phoenix nei panni di un salmone contento

Joaquin si è superato per una serie di motivi, tra cui il fatto di riuscire ad indossare contemporaneamente quei pantaloni, quelle camicie e quei baffi, con quella luce. Nonché per la scena in cui improvvisamente diventa una banana.

JPEG - 17.8 Kb
Joaquin Phoenix nei panni di una banana sorridente

Il tutto sarebbe stato anche eticamente accettabile se solo non fosse stato per la scena con l'ukulele (perché proprio un ukulele?) e per la consapevolezza in cui il film mi ha gettato: il futuro distopico di Her è semplicemente Rione Monti tra cinque anni, o il Marais oggi.

JPEG - 452.9 Kb
Scena tagliata di "Her"

Uscito dal cinema mi resi conto che il film si inseriva in un contesto più articolato e vasto, in cui tutta la cultura contemporanea sembrava convergere vertiginosamente: i colori pastello. Gli anglofoni hanno anche dato un nome a questa specie di morbo della dolcezza, della smielatura, del ghirigoro abbozzato, del filtro seppia, del sorriso nostalgico: twee.

Twee deriva dal modo in cui i bambini pronunciano “sweet”. Già il fatto di buttare in mezzo i bambini nell'etimologia del termine è un indizio: il ritorno ad un'ovattata bolla fatta di sincerità e buoni sentimenti, senza preoccupazioni, senza responsabilità. L'estetica twee, codificata dal libro di Mark Spitz, Twee: The Gentle Revolution in Music, Books, Television, Fashion, and Film è amore senza sesso, perdono senza rancore, infanzia, ma soprattutto un'adolescenza pacificata dai conflitti. Un'adolescenza nostalgica, che nell'indecidibile transizione dall'invincibile libertà dell'infanzia al casino di stare al mondo, si fa tentare dal ritorno indietro (il nostos da cui deriva nostalgia).

Ecco allora che tutto si tinge di una sorta di stanchezza serena, che guarda al passato con totale disimpegno. Il fenomeno si sintetizza nell'uso martellante di un aggettivo: “artigianale”. La gelateria è artigianale così come l'arancino, il tiramisù, l'amaro, la borsa di pelle, il cappello di lana, e il braccialetto di materiali recuperati. Il passatismo twee si configura nelle declinazioni del vintage, ma sempre mantenendo i toni bassi. Gli oggetti sono usati e preziosi, le voci sussurrate e incantevoli, gli umani teneri e fragili.

PNG - 310.8 Kb
"Fedeli alla tradizione"

L'universo twee ha un suo guru, che è Wes Anderson, un regista che se non ha ancora fatto un film su un gruppo di macarons in fuga da una boulangerie, meriterebbe di farlo. Nei film di Wes Anderson la pulizia delle simmetrie e la carineria dei personaggi fa venire in mente la carta di quelle cioccolate artigianali di Modica che si comprano solo nelle apposite boutique. Come cantano I Cani, il gruppo twee di Roma che ha fatto una canzone che si intitola “Non c'è niente di twee”, nei film di Wes Anderson “i cattivi non sono cattivi davvero”.

L'esistenza twee è filtrata dagli effetti polaroid e dagli occhiali da sole degli anni che furono. Le biciclette, ad esempio, che uniscono il fascino antico della pedalata al fenomeno odierno dell'ecosostenibilità, devono sembrare d'epoca anche se sono state prodotte ieri. Per farlo, si scelgono colori come: panna, canna di fucile, carta da zucchero, e altri di cui non so i nomi ma che i vostri amici designer potranno senz'altro indicarvi.

Tutto ciò potrebbe far pensare al tipo umano contemporaneo denominato hipster. Anzi, dimentichiamoci di quest'ultima frase; non c'è una bibliografia rigorosa sul tema o comunque, se c'è, non l'ho studiata a sufficienza.

Di twee, o di hipster, c'è un altro elemento assurdamente tornato alla ribalta: i baffetti. I baffetti hanno vissuto fasi alterne. Connotati di valenze ideologiche durante la guerra fredda, poi espulsi dai canoni modaioli dopo la caduta del Muro (fatto salvo per la comunità omosessuale), oggi i baffetti sono l'arma in più dell'homo twee, ciò che lo rende lo straordinario esemplare rassicurante che è.

JPEG - 93.2 Kb
Baffi prima del 1989
JPEG - 51.1 Kb
Buffy nel 1997
JPEG - 40.5 Kb
Baffi oggi

La mutazione antropologica del maschio nell'estetica twee sputa in faccia all'altra rivoluzione parallela, quella dello spornosexual, e dice no al colesterolo e sì alle camicie a quadretti.

Nel mondo twee tutto è patinato, pettinato, curato. Non c'è foto su Flickr che esageri con la luminosità, non c'è carattere tipografico che non sia light. L'ottusa semplicità di Arial e Comic Sans viene spazzata via da una serie di sciccherie grafiche che si inseguono in una perenne corsa al minimalismo, alla pulizia. L'estetica twee si presenta come antidoto contro il cinismo post-ideologico ma al contempo incarna la completa depoliticizzazione dell'arte: uno scenario che farebbe spazzolare i baffi contropelo a Walter Benjamin.

I film indipendenti, possibilmente girati su vecchie pellicole, i libri in francese, i manghi a chilometro zero, le mostre fotografiche, l'assenza totale del conflitto. Qui sotto una parodia:

Come ci insegna Her, l'Altro non è mai oggetto di scontro, di dibattito, di dialettica. La conciliazione a tutti i costi è la firma in calce agli aperitivi twee, il fatto di dover piacere, come ci ricordano i social network in tutte le loro declinazioni. All'imbarazzante personaggio che ci è appena stato presentato e che decreta svogliate verità su ogni ambito dello scibile umano voi vorreste infliggere una punizione come quelle che, nei tempi anti-twee di American History X, condizionarono per sempre il vostro immaginario. Invece a quell'antieroe con gli occhi a mezz'asta e la verve dei Verve voi non esprimerete altro che un'alzata di spalle o un sorriso composto. Contrito, ma gentile.

La nettezza si fa urbana, e resiste in questi tempi di feroce smielamento soltanto nei confronti dell'abbigliamento, della cucina, dei sassofoni, cioè in ambiti neutrali, in cui la discussione più violenta immaginabile riguarda il fatto che il vino sappia di tappo oppure no. Ma l'universo culturale che i twee si trascinano dietro (la nouvelle vague, i film di Sofia Coppola, le centrifughe) è svuotato delle sue connotazioni politiche, o poetiche. Intinto nel miele, persino Godard diviene un romanticone.

Il mondo twee non sbandiera esplicitamente pretese intellettuali (e in questo si può distinguere dall'universo radical chic). O, se le sbandiera, sono talmente disneyane che non se le fila nessuno. La retorica twee è autoreferenziale, non agisce per provocazioni o previsioni, resta ancorata al presente ma mitizza una certa prospettiva sul passato. Si prende sul serio, ecco, questo sì. L'autoironia non c'è perché i contenuti sono abbastanza superflui da non richiedere smitizzazioni, o perché, come nota Mark Spitz, i personaggi twee arrivano già pre-ironizzati. Il rischio per gli amici twee è di farsi prendere la mano, lasciando Debord-are lo spettacolo sulla vita: in questi casi è meglio ricordarsi la morale di The Truman Show e rimanere coi piedi per terra. 

Alla sociologia dei giornali statunitensi che parla di generazioni insicure che si rifugiano in un mondo dorato fatto di dolcezze artificiose per fuggire la cupezza di questi tempi di crisi, comunque, suggerisco di aspettare un attimo, che tanto tra un mese esce un nuovo libro di Zygmunt Bauman.

Nel frattempo, bisogna tener conto del fatto che se si gestisce un bistrot, una creperie o una gelateria artigianale, nei menù o nelle etichette dei gelati bisogna sempre scrivere da dove vengono i cibi. Se il pistacchio non è di Bronte, che almeno sia siriano. Non importa che la provenienza sia vera, né tantomeno che il luogo esista o sia inventato: mangerete un piatto molto più buono se sarete convinti si tratti di maltagliati fatti in casa con tartufo di Nossa e ricotta di Antani. La dolcezza sta tutta nel solleticare l'immaginazione. Magari si aggiunge qualche qualificazione: il pomodoro è “fresco”, e le nocciole sono “scaglie di nocciola”. Se potete mettere pure un elemento floreale creando un leviatano alimentare come “Crema di pinoli, mirtilli e gelsomino” allora siete a cavallo. Ma vi conviene scendere subito, perché è molto più twee cavalcare un sidecar.

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.67) 13 luglio 2014 18:02

    Come hai già accennato nel tuo articolo, effettivamente c’è questa corrispondenza tra Twee e Hipster. Anzi, credo che siano due modi diversi di definire la stessa cosa. Hai praticamente intuito le caratteristiche salienti di questo caso umano, ma se ti interessa approfondire ti consiglio vivamente un libro sull’argomento: "Hipster" di Tiziano Bonini.
    Saluti!

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox


Pubblicità




Pubblicità



Palmares

Pubblicità