• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Tribuna Libera > "Enorme Focolaio Covid-19 all’ex Ilva di Taranto..."

"Enorme Focolaio Covid-19 all’ex Ilva di Taranto..."

"Enorme Focolaio Covid-19 all'ex Ilva di Taranto..." forse con un titolo così i Genitori Tarantini avrebbero un lumino acceso sui loro problemi di salute in famiglia? 

E' il 25 giugno 2020, notizia Agi: “Fila della vergogna davanti all'ospedale Moscati di Taranto. Decine di persone, pazienti oncologici, sono costretti a stazionare in piedi, e sotto il sole cocente, nell'attesa del proprio turno per essere sottoposti alla terapia a causa del protocollo anti-Covid”. Siamo dall'altro mostro, come la chiamano tutti, l'ex Ilva oggi ArcelorMittal Italia, che è il più grande complesso siderurgico d'Europa, 15.000 ettari, 200 ciminiere e circa 11 mila dipendenti che impera sulla città dal 1965. Sapevate che il 24 gennaio 2019 rimarrà una data storica per Taranto e i suoi cittadini, perché a Strasburgo la Corte Europea dei diritti dell’Uomo (Cedu) ha emesso la propria sentenza di condanna all’Italia per non aver difeso i diritti umani più elementari? Andrà tutto bene-tutto male a Taranto? Apre Chiude? E allora?Continuate a leggere, io l'ho fatto e non ne sapevo niente.

Covid Free? Il Rapporto Covid 19 ASL in provincia di Taranto aggiornato al 16/6/2020 racconta scientificatamente, che il fronte dei 4516 casi totali positivi in Puglia, in Provincia di Taranto, sono ad oggi 280, di cui 234 guariti: "Attualmente sono positivi 14 casi di cui 2 ricoverati e 12 a domicilio.Il tasso grezzo di mortalità è pari a 0,6% su 10.000 ab. rispetto all’1,3% della Puglia e al 5,7% dell’Italia".

Nel mentre: "ArcelorMittal revoca la richiesta di cassa integrazione ordinaria che sarebbe dovuta partire il 6 luglio per 9 settimane per un numero massimo di 8100 addetti del siderurgico di Taranto... per ArcelorMittal, “le sopravvenute esigenze di sicurezza, normative e di conseguenza produttive, connesse all’epidemia Covid, hanno mutato, sul piano soggettivo e oggettivo, l’ambito delle sospensioni necessarie”. Alessandro Marescotti, ricordando la strage di Ustica, ha dichiarato: "Non so se a Taranto, nel processo in corso, vincerà la giustizia. Molti useranno la prescrizione per uscire fuori dal processo. Ma quello che il processo - nato dall'inchiesta AMBIENTE SVENDUTO - avrà raccolto, servirà a ricostruire sicuramente (e con dovizia di dettagli) la VERITA' STORICA di quanto è accaduto a Taranto, che non è meno importate della verità processuale. Consegneremo ai nostri figli e ai nostri nipoti la storia di una vergogna di Stato. Quello che è accaduto a Taranto è che un muro di omertà, bugie e ignavia ha per anni consentito che avvenisse una strage, una strage sileziosa ma sotto gli occhi di tutti".

Il giornalista de il Fatto Francesco Casula scrive il 13 giugno 2020: "Gli operai, gli abitanti del quartiere Tamburi che dista pochi metri dalla fabbrica, l’intera cittadinanza ionica ha dovuto scegliere tra il rischio della malattia o la certezza della miseria. E la gente di Taranto, per il bisogno indotto dalla società, ha sempre scelto il rischio di ammalarsi: perché in fondo è una probabilità, qualcosa che potrebbe non accadere, un fatto che non aveva una certezza matematica. Ritrovarsi a fine mese senza uno stipendio, nelle condizioni di non poter rendere felici i propri figli a Natale era invece una matematica sicurezza. E così a Taranto la scelta è sempre stata la stessa. Fino a quando anche la malattia non è più diventata una probabilità, ma un’inquietante e gigantesca schiera di parenti, amici, colleghi volti uccisi dal tumore. Ecco, con le dovute proporzioni, il mondo ora si è trovato in questo punto: scegliere tra #iorestoacasa o #iorischioilcovid. E #andràtuttobene rassomiglia in modo macabro a quello che si ripetevano migliaia di giovani operai al loro primo ingresso nello stabilimento siderurgico più grande d’Italia".

Volete sapere qual è il tasso di mortalità, anche infantile, per tumore a Taranto, da anni? E allora? Continuate a leggere, io l'ho fatto e non ne sapevo niente. Tanti sono i numeri che vi giocate al Lotto, anche voi giornalisti, sordi se il problema è quello del tacco d' Italia, ciechi se è il lavoro che si perderebbe dell'ex Ilva, senza mai avere ascoltato seriamente e lavorato sulla riconversione di questo mostro dannato, che tanto male ha fatto, altro che coronavirus e mascherine...

JPEG - 44.9 Kb

In un articolo del giugno 2019 Nel Sin (sito di interesse nazionale) di Taranto "la mortalità generale e quella relativa ai grandi gruppi è, in entrambi i generi, in eccesso. Nella popolazione residente risulta in eccesso la mortalità per il tumore del polmone, mesotelioma della pleura e per le malattie dell'apparato respiratorio, in particolare per le malattie respiratorie acute tra gli uomini e quelle croniche tra le donne". Nel V Rapporto dello studio epidemiologico Sentieri, rivista dell'Associazione italiana di epidemiologia per la "valutazione del danno sanitario per lo stabilimento siderurgico ex Ilva di Taranto, si legge che"... Ci sono anche bambini malformati oltre l'eccesso con 600 casi congeniti registrati tra il 2002 e il 2015... sono stati osservati 600 casi con malformazione congenita (MC), con una prevalenza superiore all'atteso calcolato su base regionale (O/A: 109; IC90% 101- 116). Sono risultate superiori al numero di casi attesi le MC del sistema nervoso e degli arti. L'eccesso del 24% osservato per le MC dell'apparato urinario è ai limiti della significatività statistica".

JPEG - 37 Kb
manifestoGenitori Tarantini

L'osservazione è sui nati da 25.853 residenti nel Sin di Taranto...173 casi di tumori maligni nel complesso delle età considerate (0-29 anni), dei quali 39 in età pediatrica e 5 nel primo anno di vita..." Angelo Bonelli dei Verdi: "Di fronte a questi dati drammatici che sono noti a chi ha governato e chi governa oggi, si è rifiutato di avviare quel processo di conversione industriale chiudendo le fonti inquinanti così come sono riusciti a fare a Bilbao, nella Ruhr o a Pittsburgh: in queste città sono riusciti a creare nuovi posti di lavoro attraverso la conversione ecologica e qui a Taranto c'è un accanimento contro la popolazione che impedisce di dire stop all'economia alla diossina. La tragedia di Taranto non fa notizia e non indigna, una città calpestata che ha subito l'approvazione di norme che aggrediscono la salute dei tarantini che in nessun paese del mondo sarebbero state permesse".

Sapevate che a marzo, a Taranto, il sindaco chiuse le scuole per 700 alunni nel Rione Tamburi fino a giugno, perché c'erano "troppi rischi"? E aggiunse che "nei due plessi scolastici situati a pochi metri dalle cosiddette collinette ecologiche dell’ex Ilva, c'erano aree verdi che avrebbero dovuto proteggere il quartiere dalle polveri che si sollevavano dal parco minerali dell’acciaieria e che invece pochi mesi fa sono state sequestrate dalla procura di Lecce perché realizzate con scarti di produzione della fabbrica? "Tutto vero ma l'articolo e la notizia sono del 2019. Cosa sarebbe successo oggi se aveste saputo che l'ordinanza sarebbe stata eseguita il 14 settembre all'inizio della scuola causa Covid-19? (Continuate a leggere, io l'ho fatto e non ne sapevo niente.) Allego delle foto, alcune scattate non so quale vedrete per prima ma una è di una bimba, molto bella, Miriam che per volontà dei genitori Antonella Massaro e Saverio Santoro sappiamo la storia: stroncata nel 2008 a 5 anni e mezzo da un neuroblastoma.Altre di Rocco De Benedictis e quella che porta dei dati, foto manifesto dei Genitori Tarantini. Allego pure  la lettera dei Genitori Tarantini sottoscritta da cittadini e 14 associazioni al premier Giuseppe Conte alcuni giorni fa e di cui, ovviamente, voi non ne avete avuto nessuna notizia... Vedete sempre voi che farne di questo mio post, tantopiù che non sono una giornalista. Grazie Doriana Goracci

"Egregio Presidente Giuseppe Conte,

adesso dovrebbe bastare, non crede?



In piena pandemia abbiamo finalmente potuto ascoltare dalla sua viva voce che la salute della popolazione è il primo diritto da tutelare. Come lei sa bene, le parole hanno un peso, un valore, un significato. Speravamo, in cuor nostro, che la sua dichiarazione valesse per tutti, ma così non è stato. Una delle poche, pochissime aziende che ha continuato a funzionare senza interruzioni è stata la ArcelorMittal, a Taranto. Ancora una volta, Taranto è stata trattata a livello di possedimento e non di parte della Repubblica italiana; ferita e stuprata come una donna succube di folli comportamenti che qualche uomo (!) potrebbe far passare come diritto.

Quando si parla di produzione di acciaio, tutti gli schieramenti politici si trovano stranamente d’accordo. E’ su questo argomento che si arenano tutti i dissapori, si appianano le differenze, si pongono pietre tombali sugli ideali, sia a destra che a sinistra (e lei è stato presidente di un consiglio dei ministri di centro-destra ed ora lo è di centro-sinistra).

Perseverare è diabolico, dottor Conte, anche quando si parla di una fantomatica ‘produzione strategica per la nazione’; anche quando quella ‘produzione’ continua ad essere una perdita economica che porterà alla catastrofe nazionale; soprattutto quando quella ‘produzione’ regala morte, malattia, disperazione.

Purtroppo, è convinzione comune, tra i politici, che solo grazie all’industria pesante una nazione può ottenere dal resto del mondo rispetto ed attenzione. Bisogna essere tra i paesi più industrializzati, se si vuole partecipare ad incontri a numero ristretto. Non interessa quale danno economico questa idea produrrà, ci si butta a capofitto nell’avventura che già si sa perdente, perché perdente è ormai da decenni, incorniciandola in definizioni atte a toccare lo spirito dei connazionali: ‘produzione strategica per l’Italia’.

Non importa se le materie prime si devono acquistare da altre nazioni, arricchendo queste a scapito della propria; non importa se la ‘produzione strategica’ viene affidata ad una multinazionale franco-indiana, colpevole in tutto il mondo di nefandezze a danno dell’ambiente e della salute delle persone. Forse importa ancora meno prostrarsi davanti alla suddetta multinazionale, accettando di rimettere in discussione un contratto già discusso e firmato dalle parti, pur di continuare questa ‘produzione strategica nazionale’.

E quando proprio non ci si può piegare di più, ecco arrivare una falsa ribellione e la dichiarazione che lo Stato interverrà personalmente attraverso Invitalia, in un rigurgito di nazionalismo che non tiene conto dei danni all’ambiente e alla salute degli italiani di Taranto e provincia. Con l’arroganza di credere che il governo avrà la strada spianata, senza neppure considerare un eventuale parere sfavorevole della Corte dei Conti. E con la presunzione di chi può infischiarsene della sentenza di condanna della CEDU ed evitare di rispondere al Comitato dei ministri del Consiglio europeo. Senza dimenticare che tra poco più di un mese lo Stato italiano dovrà nuovamente rispondere davanti alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo dei diritti, tuttora violati, alla vita e alla salute di noi tarantini (il suo governo dovrà presentare le memorie difensive entro il 23 luglio). A questo non potrà sottrarsi, immaginiamo.

Quanto, fino ad oggi, lo Stato italiano ha pagato in stipendi e benefit i commissari governativi? Quanti miliardi di euro ha messo in campo per l’attuazione dell’A.I.A. (più volte scaduta e più volte prorogata, al pari di una musica con finale ad libitum) e quali risultati sono stati ottenuti, se non qualcosa molto vicino allo zero? Il fatto è che, quando si parla di acciaieria con produzione a caldo, si deve mediare tra salute e lavoro; si arriva addirittura a dichiarare che ‘i tarantini devono scegliere tra salute e lavoro’, quando sappiamo benissimo tutti che mai è stata concessa tale scelta. Quando si parla di produzione a caldo (quella altamente inquinante), si sceglie di chiuderla a Genova e a Trieste per tutelare la salute di lavoratori e cittadini. A Taranto, quindi, non ci sono lavoratori né ci sono cittadini.

Questo governo, al pari dei precedenti dell’ultimo decennio, non ha tenuto e non tiene in considerazione i dettami costituzionali che parlano di lavoro da svolgere in salute, in sicurezza, in un ambiente salubre e con dignità, retrocedendo i lavoratori dell’acciaieria tarantina al ruolo di schiavi.

In 8 anni, da un sequestro senza facoltà d'uso degli impianti dell'area a caldo, prima con la gestione statale e dopo con quella del più grande produttore mondiale di acciaio, il governo non è riuscito a risolvere né i gravissimi problemi d'inquinamento né quelli occupazionali, mentre la fabbrica continua a perdere fino a oltre 100 milioni al mese. E' il momento di cambiare strada, di chiudere la vecchia fabbrica della morte e di riconoscere a Taranto un giusto risarcimento, a partire dall’istituzione di una no-tax area e un piano di bonifica e riconversione economica studiato da professionisti di riconosciuto talento, avvalendosi di forza lavoro principalmente tarantina.

Adesso dovrebbe bastare, non crede? La Bellezza, presidente Conte. La Bellezza!"

Commenti all'articolo

  • Di Doriana Goracci (---.---.---.237) 30 giugno 2020 12:29
    Doriana Goracci

    ultimissime notizie:

    “Sull’Ilva stiamo procedendo proprio in questi giorni per definire il coinvestimento pubblico e dare così attuazione agli accordi già sottoscritti il 4 marzo scorso. Il soggetto individuato a questo fine è Invitalia e la trattativa con ArcelorMittal per definire i dettagli della nuova governance è entrata nel vivo”. Questo l’annuncio pubblicato ieri sulla pagina Facebook del premier Giuseppe Conte. “Ci siamo ripromessi – ha sottolineato il Presidente del Consiglio – di raggiungere ambiziosi obiettivi, ambientali e occupazionali, e siamo ben determinati a rispettare questo impegno”.Dopo il via libera di ArcelorMittal Italia all’ingresso nella compagine societaria dell’ex Ilva di Taranto a un investitore istituzionale, la scorsa settimana è già avvenuto un confronto sul coinvestimento statale tra l’amministratore delegato di Invitalia, Domenico Arcuri, e il consulente del governo sul dossier, Francesco Caio.“Anche per quanto riguarda Taranto, non ci siamo mai dimenticati, nemmeno per un secondo, dell’ex-Ilva. Pochi giorni fa si è chiusa la decennale vertenza della ferriera di Servola, con la sottoscrizione dell’Accordo di Programma. Trieste può diventare un modello anche per Taranto, dove l’ingresso dello Stato dovrà tutelare ambiente e occupazione, accompagnando il privato in un percorso che dovrà trasformare l’Ilva nell’acciaieria più all’avanguardia d’Europa, in un processo di decarbonizzazione che deve iniziare subito”. Ha commentato il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli. “E qui sì – ha aggiunto Patuanelli – che dovremo sfruttare ogni singolo centesimo messo a disposizione dall’Europa, come i fondi del Just Transition Fund. Ne ho parlato la scorsa settimana con il commissario per il Green Deal europeo Frans Timmermans, che mi ha confermato il sostegno incondizionato della Commissione europea al progetto”. https://quifinanza.it/finanza/ex-ilva-conte-entrata-nel-vivo-trattativa-con-arcelormittal/396655/

    "A Trieste il governo ha chiuso l’area a caldo e ha investito" ArcelorMittal, sindaco Taranto: "Mai più altiforni, anche qui" L’accordo di programma come quello promosso per la riconversione del sito siderurgico di Trieste può essere la linea da seguire anche per Taranto? Se lo chiede il sindaco della città pugliese che si augura lo spegnimento degli altiforni, la messa in sicurezza dei terreni e una prospettiva di lavoro diversa dall’attuale
    Lo storico accordo siglato sabato scorso a Trieste per lo smantellamento dell’area a caldo dell’acciaieria e la messa in sicurezza permanente dei terreni, ha riacceso la polemica a Taranto. L’accordo di Trieste mira a rilanciare il comprensorio industriale dove sorgeva l’altoforno della Ferriera di Servola, con l’obiettivo di far nascere al suo posto un polo logistico a servizio del porto e dell’economia del territorio.

    L’affondo del sindaco di Taranto "Mai più altiforni anche a Taranto, il Governo batta un colpo". Parla il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, dopo che "a Trieste il Governo ha chiuso per sempre l’area a caldo e investito centinaia di milioni di euro nella riconversione. Cosa pensano di raccontare ai tarantini? E i parlamentari ionici la smettano di rilasciare dichiarazioni come se non fossero loro al Governo, agiscano subito, i loro numeri possono bastare a far tremare la maggioranza parlamentare".

    Il sindaco si unisce a chi denuncia, "parti sociali e sistema di imprese in primis", una "inspiegabile quanto incoerente assenza del tema dello stabilimento siderurgico dalle proposte utili". Restano gli "interventi calati dall’alto senza un necessario confronto con la comunità" e gli "annunci slegati da una discussione seria e definitiva sulla produzione di acciaio a Taranto": manca "un vero avvio delle bonifiche straordinarie, una radicale conversione tecnologica". "Vogliamo costruire un futuro a partire da una soluzione per l’ex Ilva, non facendo finta che in quello stabilimento e intorno ad esso sia tutto a posto".

    Vianello (M5s): "Chiudere l’area a caldo di Taranto" "La chiusura dell’area a caldo della ferriera di Servola a Trieste tramite accordo di programma è un’ottima notizia per l’ambiente, la salute, l’occupazione e la diversificazione economica. Ora è necessario che si replichi anche a Taranto". Lo afferma il deputato tarantino del M5S, Giovanni Vianello. "Da anni sosteniamo che un accordo di programma, come quello promosso per i siti industriali di Genova e Trieste, possa essere lo strumento ideale per chiudere l’area a caldo dell’ex Ilva di Taranto che, rispetto agli impianti collocati nelle due cittá del nord, presenta un processo produttivo molto più grande e inquinante. E’ ormai evidente che la strada intrapresa nel 2012 di voler portare avanti a tutti i costi l’area a caldo di Taranto sia stata fallimentare sotto tutti i punti di vista".

    Camera di commercio Taranto: "Noi ignorati" "Basta ignorare Taranto, anche per noi è giunto il momento di cambiare il modello di sviluppo". Il presidente della Camera di Commercio di Taranto, Luigi Sportelli, invita il Governo a seguire per Taranto la stessa strada che ha sancito sabato scorso, con un accordo di programma, la chiusura dell’acciaieria di Servola, a Trieste e l’avvio di una riconversione economica di quell’area. "Ignorati, penalizzati, blanditi con promesse irrealizzate. Siamo stanchi di constatare che in altri territori lo scenario industriale si può modificare radicalmente mentre Taranto resta indietro". "C’è una disparità di trattamento che non è più tollerabile. Ci congratuliamo con Trieste per l’eccezionale risultato ottenuto, ma questo accordo, se messo in parallelo a decenni di mancato ascolto del nostro territorio, aumenta la nostra frustrazione e non solo".

    Tavolo coinvestimento Stato a lavoro "Il tavolo del confronto tra ArcelorMittal, Mef e Invitalia sul coinvestimento dello Stato accanto al privato, sta andando avanti, prosegue, ed entro fine settimana si conta di avere un quadro di situazione". Lo dicono fonti vicine al dossier ArcelorMittal dopo la call di questa mattina tra commissari di Ilva in amministrazione straordinaria, che hanno la proprietà degli impianti, Mise, Mef e Invitalia. Il tavolo, iniziato nei giorni scorsi, serve a stabilire le modalità del coinvestimento pubblico attraverso Invitalia, controllata Mef, in ArcelorMittal.

    Un piano entro novembre Il coinvestimento pubblico è alla base dell’accordo di marzo scorso tra ArcelorMittal e amministrazione straordinaria ed è una operazione che va chiusa entro novembre prossimo, altrimenti ArcelorMittal potrà tirarsi fuori dall’operazione in Ilva pagando una penale di 500 milioni. Rispetto a marzo, lo scenario è cambiato per la presentazione, da parte della società, lo scorso 5 giugno, di un piano industriale che prevede 3200 esuberi. Piano già respinto da Governo e sindacati e che costituisce un grosso ostacolo al negoziato. A luglio intanto scade la nuova rata del canone trimestrale di fitto che ArcelorMittal deve pagare a Ilva in as: 25 milioni. ArcelorMittal non ha pagato la rata precedente. - http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/arcelor-mittal-sindaco-taranto-altiforni-9261bdf8-916e-4213-a252-42f1d588d555.html

    - See more at: http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/arcelor-mittal-sindaco-taranto-altiforni-9261bdf8-916e-4213-a252-42f1d588d555.html
  • Di Doriana Goracci (---.---.---.238) 31 maggio 2021 14:01
    Doriana Goracci

    a distanza di 1 anno, da questo post, la notizia:

    Condannati a 22 e 20 anni di reclusione i fratelli Fabio e Nicola Riva a conclusione del processo Ambiente svenduto sulla gestione dell’ex Ilva di Taranto.

    Le condanne sono state pronunciate dalla Corte d’Assise di Taranto, a conclusione del processo iniziato il 17 maggio 2016 che scaturisce dall’inchiesta che portò al sequestro degli impianti dell’area a caldo del siderurgico e agli arresti avvenuti a partire dal 26 luglio 2012.

    I fratelli Fabio e Nicola Riva sono gli imputati principali, per i quali i pubblici ministeri avevano chiesto la condanna a 28 e a 25 anni di reclusione per disastro ambientale.

    Vendola condannato a 3 anni e mezzo L’ex presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, è stato condannato a 3 anni e mezzo nel processo "Ambiente Svenduto" per il reato di disastro ambientale imputato all’Ilva dei Riva.

    Per Vendola, i pm avevano chiesto la condanna a 5 anni. Vendola risponde di concussione aggravata verso i vertici di Arpa Puglia affinché ammorbidissero la loro posizione verso Ilva. Alla lettura della sentenza è presente anche il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, con la fascia tricolore.

    Disposta la confisca dell’area a caldo Confisca degli impianti di area a caldo dell’Ilva di Taranto. È quanto disposto dalla Corte di Assise di Taranto per il reato di disastro ambientale imputato alla passata gestione Riva. La misura, presente nella richiesta dei pm, è presente nel corpo della sentenza letta questa mattina in aula dal presidente Stefania D’Errico.

    Buffo condannato a 4 anni, Capogrosso a 21 Adolfo Buffo, ex direttore dello stabilimento siderurgico di Taranto, ed attuale direttore generale di Acciaierie d’Italia (società tra ArcelorMittal Italia e Invitalia), è stato condannato a 4 anni nel processo relativo al disastro ambientale contestato all’Ilva gestita dai Riva. Per Buffo, i pm avevano chiesto la condanna a 20 anni. A Buffo era contestata anche la responsabilità di due incidenti mortali sul lavoro. Ventuno anni di reclusione sono stati invece inflitti all’ex direttore del siderurgico Luigi Capogrosso (28 la richiesta dei pm) e 21 anni anche per Girolamo Archinà, ex consulente dei Riva per le relazioni istituzionali (28 la richiesta dei pm).

    Assolto ex prefetto Ferrante L’accusa aveva chiesto 17 anni di reclusione, la Corte di assise del tribunale di Taranto, ha assolto Bruno Ferrante, ex prefetto di Milano che ha ricoperto per poche settimane l’incarico di presidente del consiglio di amministrazione dell’Ilva nel 2012 poco prima del sequestro dell’area a caldo da parte del gip del Tribunale e dei provvedimenti cautelari nei confronti della famiglia Riva.

    Tre anni a ex presidente Provincia Taranto Florido Nell’ambito del processo Ambiente Svenduto per il presunto disastro ambientale causato dall’Ilva negli anni di gestione della famiglia Riva, la Corte d’Assise di Taranto ha condannato a 3 anni di reclusione l’ex presidente della Provincia Gianni Florido, che risponde di una tentata concussione e di una concussione consumata, reati che avrebbe commesso in concorso con l’ex assessore provinciale all’ambiente Michele Conserva (condannato a 3 anni) e l’ex responsabile delle relazioni istituzionali dell’Ilva Girolamo Archinà (condannato a21 anni e mezzo). I pm avevano chiesto 4 anni per Florido e Conserva, 28 anni per Archinà.

    ’Favoreggiamento’, 2 anni a ex Dg Arpa Puglia La Corte d’Assise di Taranto ha condannato a 2 anni l’ex direttore generale dell’Agenzia per l’ambiente (Arpa) della Puglia, Giorgio Assennato, accusato di favoreggiamento nei confronti dell’ex presidente della Regione Puglia Nichi Vendola (condannato a 3 anni e mezzo per concussione) nell’ambito del processo per il presunto disastro ambientale causato dall’ex Ilva. Secondo l’accusa, Assennato avrebbe taciuto delle pressioni subite dall’ex governatore affinché attenuasse le relazioni dell’Arpa a seguito dei controlli ispettivi ambientali nello stabilimento siderurgico.Il pm aveva chiesto la condanna a un anno. Assennato, che ha sempre negato di aver ricevuto pressioni da Vendola, aveva rinunciato alla prescrizione. - See more at: http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/ex-ilva-condannati-fabio-e-nicola-riva-22-e-20-anni-tre-anni-mezzo-vendola-5796d9b3-bac8-412e-b510-157f665534f0.html

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox


Pubblicità




Pubblicità



Palmares

Pubblicità