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Emergenza sociale: aumentano i tentativi di suicidio

I primi segnali, della palpabile emergenza sociale che avvolge il paese, iniziano a palesarsi. A Bologna il drammatico tentativo di suicidio di un artigiano, soccorso tempestivamente da un passante: rischia la vita. Befera: "Siamo molto dispiaciuti". Una classe dirigente di inetti che dà più peso al denaro che alla vita umana.

Agghiaccianti analogie con Verona, dove un operaio si dà alle fiamme. Era senza stipendio da quattro mesi

A sentire le dichiarazioni di nonno Napolitano viene un po' da sorridere. A leggere le pagine di cronaca o ad ascoltare i telegiornali il sorriso diventa beffardo, si trasforma in una smorfia di disgusto per diventare poi di paura. Secondo il gerontocrate più celebre d'Italia (dopo Andreotti, s'intende!) infatti, il paese non vive il clima di esasperazione che i mass media vorrebbero lasciare intendere. Una dichiarazione che da sola varrebbe già un trattamento sanitario obbligatorio per uno dei peggiori inquilini che abbiano abitato le stanze del Quirinale, soprattutto perché sottolinea ancora una volta la distanza incolmabile che separa "i politici" (l'accezione è volutamente la peggiore ascrivibile a codesta espressione) da coloro che politici non sono. Infatti, le parole di Napolitano giungono poco dopo il drammatico tentativo di suicidio, messo in atto da un artigiano originario della provincia di Caserta, dinnanzi alla commissione tributaria di Bologna, città in cui viveva con la famiglia. 

Davanti agli occhi dei passanti, ha preferito cospargersi di benzina ed incendiarsi all'interno della sua auto. Un extracomunitario ha prestato i primi soccorsi all'ex imprenditore, che ha voluto pagare con l'estremo sacrificio una situazione tributaria che lo vedeva debitore al fisco di diverse somme di denaro, di difficile reperibilità soprattutto in un momento di profonda recessione.

Nelle lettere, ritrovate nei pressi dell'auto e dirette all'agenzia delle entrate e alla famiglia, sono spiegati i motivi dell'insano gesto: auspica che la commissione tributaria lasci in pace la moglie e i figli, non colpevoli di eventuali stati di insolvenza dinnanzi al fisco. Le condizioni del carpentiere 58enne sono disperate: presenta ustioni sul 100% del corpo ed i medici si riservano la prognosi. 

Laconico il commento di Attilio Befera: "Molto dispiaciuto, seguiremo la vicenda", dichiara il direttore generale dell'ADE, acronimo di Agenzia delle Entrate che tanto richiama quel dio degli inferi dell'antica Grecia. Una dichiarazione buona per strappar via qualche nota di disappunto sul modus operandi del fisco. Ci si dispiace per una partita persa dalla propria squadra del cuore, per una torta riuscita male. Su fatti simili, caro dottor Befera, ci si interroga.

Notizia simile, per le modalità con cui il tentativo di suicidio è stato attuato, quella che giunge da Verona, dove un operaio marocchino di circa trent'anni ha scelto una manifestazione di "Italia garantista" in piazza Brà, per attirare l'attenzione sulla propria vicenda e protestare nei confronti della cooperativa per cui lavora, che da quattro mesi non gli paga lo stipendio.

Dopo essersi cosparso di benzina, il giovane si è dato alle fiamme, richiamando l'attenzione delle forze dell'ordine che presidiavano la manifestazione che hanno tempestivamente spento l'incendio e prestato i primi soccorsi. Il giovane non dovrebbe essere in pericolo di vita.

Due eventi simili spiegano, qualora ce ne fosse ancora bisogno, come la società italiana stia vivendo una emergenza sociale senza precedenti nella storia repubblicana. Un tempo ci si accontentava di salire in alto, sulle gru o sui tralicci e gridare la necessità di un lavoro o di un sostegno sociale.

Oggi il disoccupato ed il taglieggiato dal fisco sono disposti a saltare giù o a darsi fuoco con carburanti acquistati regolarmente: non vorremmo mai che, proprio nel momento in cui decidiamo di farla finita, arrivasse qualcuno a dirci che non abbiamo pagato l'accisa sulla benzina che ci serve per darci in pasto alle fiamme. Moriamo da contribuenti, insomma, versando l'ultima imposta per l'acquisto dell'infiammabile che ci regalerà la morte.

Il sarcasmo è un blando antidoto alla situazione attuale, un modo per esorcizzare la paura di dover essere i prossimi a lasciarsi pendere da un albero.

Anche le modalità sembrano richiamare antichi riti: il fuoco distrugge, purifica quanto c'è di impuro. Per molti, forse, è l'occasione di sentire nuovamente quell'odore di carne arrostita che una volta riempiva le nari nel dì di festa. Oggi quell'odore impregna le froge ed è un fetido vapore che odora di morte. C'è del perverso nella mentalità di chi la fa finita col fuoco: ci si odia al punto di straziare con le fiamme le proprie carni, ci si deve reputare davvero inetti ed indegni di stare al mondo. O forse a questo mondo, o forse ancora in questo paese.

Perché nessuno ormai, nella società civile, riesce a sentirsi escluso da un simile scenario destinato sicuramente a peggiorare. Il clima è teso, la fiducia verso la politica scomparsa, le istituzioni sono ridotte al rango di un indegno carrozzone che ospita personaggi improbabili, un po' come il freak show dei circensi dell'inizio del secolo scorso. Sicché non viene poi da domandarsi perché il Trota e la Minetti siedano in un consiglio regionale invece che in un call-center e dietro il bancone di un night club. Qualsiasi cosa dicano Supermario ed i suoi tirapiedi, tecnici o politici che siano, l'Italia può anche comprendere le misure straordinarie ma non può sopportarle, condividerle, soddisfarle.

Serve una nuova coscienza, una nuova consapevolezza dell'italianità, che passi non più dai paroloni di un vecchio professore di estrazione massonica o da quelle ancor più assurde di un'ex impiegata di banca stressata all'inverosimile, finta nelle lacrime della sua prima uscita pubblica quanto nelle dichiarazioni dell'ultima. Serve una nuova stagione di crescita che non passa per l'immaterialità della finanza, ma per la produzione, per il lavoro dei giovani, non per il procrastinare all'infinito delle pensioni, sperando che magari un infortunio sul lavoro ci tolga la patata bollente dalle mani. Se non vanno in pensione i vecchi, non troveranno spazio i giovani: e questo vale per tutti i lavoratori, del pubblico impiego quanto del privato.

Nessun tecnico inoltre è in grado di comprendere il grido d'aiuto che promana dalla nazione: non più contribuenti, ma cittadini. 

Sono troppe le assurdità di un paese che prova a considerarsi baluardo di civiltà, perché questa condizione non deriva dalle automobili prodotte o dai treni che corrono senza fermarsi, ma dalle possibilità che i più svantaggiati riescono ad avere. Ed oggi, l'unica possibilità che viene concessa all'italiano, è quella di obbedire a questi mostri accademici, geni (dicono) dell'economia e pezzenti nella comunicazione, arroganti all'inverosimile e fieri dei propri privilegi.

Provano, con la solerzia di un televenditore, a rassicurare una popolazione sempre più angosciata. Cercano le parole migliori per vendere il loro prodotto, quella salvezza ordinata dalla BCE in ossequio alla sudditanza valutaria multicolore, quella delle banconote del Monopoly non convertibili.

In siffatto contesto è lecito aspettarsi gli scenari peggiori che si possano ipotizzare: recrudescenza del fenomeno microcriminale in tutte le sue forme, un aumento dei casi di suicidio e di tentativo di suicidio, aumento dei senzatetto, rischio concreto di azioni dimostrative che prendano di mira soggetti del mondo politico. Il tutto grazie ad un esecutivo che non sente le grida d'aiuto del proprio popolo. Non sono lontani i tempi in cui ci batteremo per un pezzo di pane o per una tanica d'acqua. Magari il disegno del governo è quello di spingere al suicidio quanti più cittadini possibile, in modo da risolvere la disoccupazione eliminando i potenziali lavoratori. E se a suicidarsi sono impiegati od operai che non arrivano a fine mese, sarà l'INPS a tirare un sospiro di sollievo, con una pensione in meno da pagare. Se a farla finita saranno i contribuenti col cappio al collo per l'IMU (lecito reintrodurre una tassa sugli immobili, ma la scelleratezza nelle modalità di reintroduzione sono pari a quelle che ispirarono la cancellazione dell'ICI) sarà persino un vantaggio: l'agenzia delle entrate potrà espropriare gli immobili acquistati con tanti sacrifici dai nostri padri, mentre le banche varanno valere la propria ipoteca sulle case dei poveri disgraziati che, avendo perso il lavoro, non potranno onorare il mutuo contratto in passato. 

Ai più, l'ultimo capoverso, sarà parso il frutto di fantasie distopiche, che materializzano paure dell'uomo medio. Ma alla fine, in questi tempi, siamo un po' tutti uomini "medi".

Vogliono toglierci tutto. Ma non ci toglieranno la dignità.

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.35) 30 marzo 2012 14:16

    Quanto ci si metterà a passare dal "non ce la posso fare, mi suicido" al "non ce la posso fare, mi suicido... ma, perso per perso, dò fuoco anche ad un altro pò di cose/persone, magari importanti"?

    Quando si passerà dal darsi fuoco fuori dall’Agenzia delle Entrate al darsi fuoco dentro?

    La disperazione è una brutta bestia, attenti a giocare con essa.

    Sky

  • Di (---.---.---.8) 30 marzo 2012 15:18

    Sky, purtroppo la penso come te e sto aspettando solo che lo dicano in TV. Poi, insieme, potremo dire "VE LO AVEVAMO DETTO". E sarà una magra consolazione.


    Io immagino un futuro prossimo in cui l’amico XYZ rischia di essere aggredito per il semplice fatto di essere un consigliere comunale/provinciale/regionale o parlamentare.
    Immagino rappresaglie in cui l’usciere che si reca ad effettuare uno sfratto, viene invitato ad entrare dove un povero uomo disperato farà esplodere la casa con il gas, tirandosi dietro un innocente quanto lui. 

    Se questi sono i risultati della Bocconi e della LUISS, meglio prendere la terza media...

    Ciao e grazie.

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