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Elezioni: vince Grillo, Bersani resiste, la Lega santifica Tosi. Disastro PdL. Fini scomparso

Vince il M5S. Il leader PD soddisfatto del responso elettorale. “PdL travolto da uno Tsunami”. Ma Alfano ridimensiona: “Sconfitta, non catastrofe”. La Lega perde ovunque, ma Tosi vince al primo turno. Fini è sparito dalla scena politica italiana. Intanto Berlusconi pensa all’ennesimo riciclaggio: presto una grande confederazione di moderati. Ed il dato non è politico. Altrimenti sarebbe un problema…

E’ un risultato che per certi versi non stupisce, quello che le urne delle amministrative hanno consegnato ad un’Italia sempre più alle prese con la crisi economica.

Il vero vincitore della tornata di consultazioni è sicuramente Grillo, mattatore del Movimento5Stelle. E’ una vittoria dell’antipolitica per molti, un rigurgito di orgoglio nazionale per altri: il popolo sovrano ha bocciato in toto una classe dirigenteSolo al sud, complice probabilmente la distesa e ramificata rete di clientele, il movimento del comico genovese non registra successi significativi, benché i dati siano comunque lusinghieri.

A poco servono i proclami dei leader di partito che cercano di ridimensionare la Caporetto di domenica: anche Alfano difende strenuamente il partito di cui è segretario, nonostante il dato numerico sia insindacabile e incontrovertibile. Arriva a sostenere, l’avatar di Berlusconi, che la situazione non è catastrofica: se non è una catastrofe il precipitare di oltre venti punti percentuali, ci chiediamo a cosa serva mantenere ancora quella parola nei dizionari. Ma è Berlusconi a far nascere il sorriso sulle labbra dei suoi detrattori, quando da Mosca in perfetto stile da esiliato, arriva a ridimensionare la sconfitta perché in fondo poteva andare peggio. E promette una confederazione dei moderati per frenare… la solita avanzata delle sinistre staliniste. Una solfa troppo vecchia perché possa trovare estimatori.

Bersani, dal canto suo, ostenta un’impercettibile soddisfazione, più basata sullo Tsunami che ha colpito il PdL che sul dato elettorale vero e proprio. Si fa forte esclusivamente del risultato di alcune roccaforti del PD e del calo molto limitato delle preferenze.

La ridicola Udc lascia la difesa delle prerogative casiniane a Buttiglione che, in perfetto stile DC, rilancia tutte le accuse di sconfitta ai microfoni di Omnibus (La 7). Ha persino il coraggio di difendere il governo Monti, paragona Italia e Cina (paventa lo spauracchio di un’Italia che potrebbe prendere il posto della Cina, in accezione negativa) senza rendersi conto che è ormai il gigante asiatico a dettare le leggi economiche nel nostro paese. Parla di svecchiare la politica, ma siede in parlamento da vent’anni. Secondo Buttiglione il dato delle urne premia l’UDC che resiste quando il Caltagirone Fan Club non si appoggia ad altre realtà partitiche per sostenere un candidato: come dire, in perfetto stile italiano, che la colpa della sconfitta è sempre di quell’altro. E pubblicizza la nuova creatura di Casini, il nuovo partitucolo che avrà il compito di far dimenticare agli italiani che Casini sostiene un governo socialicida. Di questi politicanti, l’Italia farà volentieri a meno nel prossimo futuro.

Scompare totalmente dalla scena politica il movimento Futuro e Libertà, che paga l’invisibilità dei componenti. Ma a ben giudicare, è una caduta che si sposa in toto con quella del movimento di Berlusconi: è evidente che, per l’opinione pubblica, Fini non è mai fuoriuscito dalle fila del PdL, con cui ha condiviso anche il crollo verticale, colpevole la mancanza di un indirizzo politico chiaro ed evidente.

Tosi salva la Lega: il maroniano tiene a galla il Carroccio, vince da solo le elezioni veronesi. Si prepara l’assalto alla segreteria del partito per Bobo Maroni, adesso che l’elettorato padano ha palesemente bocciato la Famiglia Bossi. Nella logica degli eventi, l’unico partito che ha in sé tutte le armi per poter innescare una rivoluzione interna, è proprio la Lega che è scomparsa da numerose roccaforti elettorali padane.

Tra una gara di burlesque e l’altra, l’ex premier Berlusconi dichiara inoltre che il dato che fuoriesce dall’urna amministrativa non è un dato politico. Continuare a negare l’evidenza era una delle strategie preferite da un’intellighenzia che ormai non esiste più: quella sovietica. Ad essere finito non è il berlusconismo, inteso come malgoverno. Ad essere finito è proprio Berlusconi, ormai lontano dai riflettori ed incapace di difendere la creatura che ha contribuito a creare.

Avanti un’altra spogliarellista.

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