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Elezioni in Sardegna. Congratulazioni, cento di questi successi!

"Il manifesto" esulta: questo sì che è “il centrosinistra che vince”! Dove? In Sardegna. Per avvalorare questa tesi, fondata su un elogio di SEL, PRC e PdCI che hanno saputo evitare estremismi, e si sono uniti al PD, il manifesto deve dare solo le percentuali e non i voti assoluti, come fanno tutti quelli che non vogliono ricavare davvero indicazioni dai risultati.

È vero che anche in percentuale il PD è sceso dal 25% delle elezioni politiche del febbraio 2013 al 22% del 16 febbraio 2014. Colpa dello scarto tra politiche e regionali? No! Nelle regionali del 2009 il PD aveva avuto il 24,7%. Ma è in cifra assoluta che emerge la pesantezza del declino di questo partito. A febbraio aveva avuto 232.000 voti, ma anche nelle regionali del 2009 aveva avuto 204.000 voti. Ora ne ha mantenuti solo 145.000, perdendone più di 80.000 in poco più di un anno.

Allora che vittoria è? Nessuna, per il PD, che pure è stato facilitato indirettamente dalla magistratura che ha messo fuori gioco la vincitrice delle sue primarie, Francesca Barracciu, accusandola di peculato. Così, in extremis, il PD ha dovuto ricorrere a uno dei pochi incensurati di cui disponeva, e che appariva forse noioso e troppo serio, ma comunque “diverso” dai soliti.

E ha dovuto accettare l’alleanza con PRC e PdCI, che hanno portato solo un 2,09% complessivo (cioè pochi voti, ma preziosi per scavalcare il centro destra), e con altre liste minori locali ciascuna con un bagaglio tra lo 0 virgola qualcosa e il 2 e qualche frazione, che però hanno permesso di vincere grazie alla pessima legge regionale che ha invece escluso dalla rappresentanza il 10,4% della Michela Murgia, penalizzata perché correva da sola (più o meno come Renzi e Berlusconi propongono con il porcellum rivisitato…).

L’accordo con SEL non era costato fatica al PD: anzi era un ottimo affare. Il SEL è in Sardegna quello di sempre e dovunque, e quindi non può scalfire minimamente il sistema di potere del PD, ma può beneficiare ancora dell’effetto psicologico di “trascinamento” dell’elezione del suo giovane dirigente locale Massimo Zedda a sindaco di Cagliari, dove è stato appena sfiorato da un’inchiesta sulle nomine al Teatro Lirico, un’imputazione da niente rispetto a quelle di vari esponenti del PD.

Un effetto che incide a livello locale, e che è stato determinante per l’elezione di Pigliaru, ma che è difficile pensare riproponibile a livello nazionale, dove ben diversa è la forza di attrazione odierna di un Vendola o di un Pisapia.

In ogni caso, se per un PD che affonda può essere momentaneamente utile utilizzare il salvagente non costoso della sinistra ex radicale, per questa l’abbraccio può essere mortale: è proprio la disponibilità ad accettare alleanze dovunque le fossero proposte che ha portato tante catastrofi, e l’ha spinta sempre più sull’orlo della definitiva sparizione e non solo dalle assemblee elettive.

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