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Elezioni ed economia. Chi ha le idee che contano

Come era prevedibile stiamo facendo una scorpacciata di politica a causa delle elezioni. Il veicolo dei comizi e della conseguente presenza diretta è ormai démodé e si utilizzano massimamente giornali, Internet e, soprattutto, televisione.

L’argomento principe è l’economia, che ha portato nella passata legislatura alla caduta del governo Berlusconi ed al subentro del governo Monti. Anche questo era scontato. Così come era scontato, a pensarci bene, che i circa sessanta milioni di cittadini italiani, anziani e neonati inclusi, si trasformassero tutti in ministri dell’economia con le idee giuste sull’argomento; proprio come accade per lo sport nazionale, ossia per il calcio, che ci vede tutti diventare alla bisogna commissari tecnici della Nazionale.

Un noto comico, ormai appesantito dagli anni ma pur sempre in grado di attraversare a nuoto lo stretto di Messina, ha proposto di lasciar perdere professori di economia e spread e di affidarci a qualche madre di famiglia, che, avendo messo al mondo tre figli, ha assicurato il successo alla sua iniziativa. Purtroppo, non sembra questo il soggetto che ha le idee che contano.

Proviamo a fare dei conti. Il nostro Paese ha sottoscritto cambiali per circa 2.000 miliardi di euro. Il lettore scuserà il termine (di solito si parla di titoli del debito pubblico), ma, per capire con facilità il discorso, è necessario utilizzare il nome più appropriato per chiarire che si tratta di denari che dobbiamo restituire.

Sono cambiali con varia scadenza: ad un anno, a tre anni, a cinque anni, a dieci anni. Forse mediamente possiamo prendere per buona una scadenza media di quattro anni. Questo vuol dire che, per ogni anno solare che Iddio ci manda, dobbiamo rinnovare cambiali per circa 500 miliardi di euro (di pagarle, non se ne parla nemmeno).

Questo vuol dire che, per ogni anno che Iddio ci manda, dobbiamo trovare chi ci dia in prestito 500 miliardi di euro ad un costo ragionevole.

Da questo versante del costo l’esempio buono è quello dei tedeschi, che pagano una percentuale annua di interessi di circa 1,50% sulle loro cambiali a dieci anni. Con il governo Monti noi paghiamo, invece, circa il 4,20% e si chiama spread la differenza 4,20 – 1,50 = 2,70. Con il governo Berlusconi pagavamo circa il 6,90% e la spread era doppio.

Dato che le nostre cambiali ci costano attualmente qualcosa come 85 miliardi di euro l’anno (lo ha detto il Capo dello Stato nel suo discorso di fine anno) e che imposte dolorose come l’IMU introdotta da Monti danno un gettito di soli 24 miliardi di euro l’anno, abbiamo trovato chi ha le idee giuste sulla nostra economia: sono i soggetti che ogni anno ci devono prestare 500 milioni di euro.

L’alternativa è quella di non onorare i nostri debiti; ossia fallire. In tal caso dovremmo sostituire l’utilizzo del credito con l’emissione di moneta, ossia uscire dall’euro e tornare alla lira. È quello che ha proposto uno dei competitori per la campagna elettorale, allergico alle tasse. Purtroppo Paesi come l’Argentina, che hanno seguito questa via, ci dicono che ne è venuta fuori una inflazione a tre cifre accompagnata da miseria e da povertà generalmente ed abbondantemente distribuite.

Forse l’idea migliore in economia resta quella di chi ci deve prestare ogni anno 500 miliardi di Euro, qualunque essa sia.

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