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È internet, bellezza. Impressioni a caldo su di un "game changer epocale": l’Huffington Post Italia

Huffingtonpost.it è il calco dell’Huff Post in lingua italiana, com’è giusto che sia. Verde al posto del rosso per il titolo. Forse il Cavaliere l’avrebbe presa male. Apertura tutta per Lui: “Io, Silvio”. Il nuovo che avanza, insomma. “Intervista di Berlusconi all’Huffington Post”. Aspetta, non l’ho capita, è una sagace trovata o è Berlusconi che intervista l’HuffPost?

Colonna di sinistra, l’editoriale della Annunziata e subito sotto la presentazione di Fräulein Arianna Huffington in persona. “Benvenuti a L’Huffington Post”. Va bene non pagare i blogger, ma pagare un traduttore era troppo?

“Da sempre, coltivo una profonda passione per il paese a forma di stivale e, da greca, mi sento in empatia con quest’altra terra mediterranea dove la gente ti offre sempre qualcosa da mangiare e dove nulla è mai puntuale.”

Ok, non farò nessuna battuta sull’orgia di luoghi comunialtri l’hanno già fatto meglio di me.

Si passa all’attesissimo primo editoriale dell’Annunziata:

“Questi duecento blogger (e intendiamo far crescere questo numero) sono uomini e donne di destra e di sinistra, religiosi e non, attivisti dei movimenti e intellettuali solitari, gente delle professioni, gente con orientamenti sessuali diversi, leaders politici e operai che tengono con le unghie e con i denti il loro posto nelle fabbriche, personaggi conosciutissimi e perfetti sconosciuti, giovani che faticano a tirare avanti, e giovani che studiano in prestigiose università all’estero. C’è anche una suora.”

Una suora? Lucia, lo dico per te, il popolo del web™ è spietato, mai sentito parlare di un sito chiamato Spinoza? Sì, come il filoshofo. 

I blogger, pas mal: Ilaria Cucchi, Maurizio Landini (wow, giuro), GIULIO TREMONTI, una grillina, Catricalà, la Concia, Phastidio, Lele Rizzo (“Attivista NOTAV esponente Askatasuna”). Fermi tutti. Come, scusa? Uno dei fondatori dell’Askatasuna che scrive per l’Huffington Post, cioè per il Gruppo L’Espresso, cioè per De Benedetti, cioè per il Capitale, cioè per l’Impero, cioè per il Male Assoluto? Come ha sintetizzato bene Matteo Pascoletti, “ma venditi al potere, invece di regalarti!”. Non ci voglio credere. Aggiorno la pagina, la dicitura “esponente di Askatasuna” è scomparsa, sciolta come la neve della Val di Susa in agosto. Fiuu, ce l’hai fatta tovarish, ora che sei un attivista undercover sei salvo.

[In un attimo, un ricordo doloroso. La scena: io che annuncio ai compagni dello squat in cui vivo che avrei fatto uno stage in un giornale online, un quotidiano di giornalismo partecipativo."Ma proprio tu che adori Nizan, non provi la minima vergogna a farti sfruttare dai cani da guardia del potere?". Per fortuna che non c'erano piccozze in giro. Ho visto la barra rossa fluttuante sopra la mia testa scolorirsi improvvisamente: sono passato in meno di un istante da "Stalinista" (leggevo un po' troppo Lenin, ai tempi, la cosa era losca) a "Sosdem ("Social democratico", praticamente l'anatema finale). Quando in quel giornale sono stato assunto, il marchio di Caino è stato definitivamente impresso nelle mie carni. Ancora oggi i rari camarades che mi rivolgono la parola lo fanno anteponendo appellativi ameni quali "traditore", "servo" e "giornalista".]

Clicco sull’apertura, quella che Federico Pignalberi definisce una “non intervista”. Autore, poi titolo, in un immenso bombatissimo bold:

Silvio Berlusconi: “Mario Monti condizionato dalla sinistra” e “troppo ligio alla Merkel”. “Germania stato egemone”. “Renata Polverini non ha fatto niente di immorale”

Davvero? Ma che roba è? Vorrebbe essere SEO? E meno male che il modello è l’HP USA dove notoriamente i titoli non devono dire troppo del contenuto di un articolo. Qualcuno avrà ordinato al miserabile di turno al desk: “Smarmella dentro tutto, TUTTO”.

Sorvoliamo sull’intervista, abbiate pietà, non ce la posso fare. Giusto per dovere di cronaca, la prima domanda è: “Allora Presidente Berlusconi, qual è la lezione del Lazio? Serve un rinnovamento del partito?”. Cioè tu hai Berlusconi davanti, “tonico” (sic!), “abbronzato”, “mentre sorseggia un tè”, e gli chiedi se serve un rinnovamento nel Pdl? Va beeene.

M’incuriosisce il blog di Tremonti. Titolo: “Il mio MANIFESTO”, svolgimento:

“Sto scrivendo un “MANIFESTO”. Oggi su questo blog ne posto l’anticipazione (grazie per l’occasione!).
Il testo integrale del “MANIFESTO” sarà postato il prossimo 6 di ottobre.
Domenica 7 ottobre mattina (diciamo dopo le 10) a RICCIONE (Palazzo dei Congressi, Viale Virgilio, 17) presenterò infatti il mio “MANIFESTO”.”

Ehi, ragazzi, lui sta scrivendo un MANIFESTO. Non so se è chiaro. Al di là dello “stile”, che Tremonti non fosse Philip Roth potevamo aspettarcelo, che riuscisse a scrivere peggio di Veltroni è piacevole emozione, ma santo iddio, chi gliel’ha passato sto testo? Sembra una poesia di Cendrars! Il grassetto è da galera, la formattazione da fucilazione: paragrafi slegati, frasi singole e poi via a capo senza separare i capoversi. Ma uniformare i blocchi era così duro? Forse effettivamente toccava leggerlo, il pezzo, per formattarlo a dovere. Too much manifesto will kill you.

Immancabile la bacheca destra, infotainemente vostra, figlia bastarda della mamma Repubblica, il che mi ricorda tanto la scena finale di Alien-La clonazione:

  • Perché il far nulla è la chiave della felicità
  • Marte è sulla Terra, i luoghi più simili al pianeta rosso (FOTO)
  • Addio Barbie, ecco il kit per “bambine-ingegnere” (VIDEO)
  • Quanto sei bella Roma (FOTO)

Quest’ultima è la mia preferita. Sospetto l’abbia scritta l’Annunziata stessa. Così, per provare il brivido di usare una tastiera.

Il box centrale è dedicato alle dimissioni della Polverini, arrivate in serata. Anche se prevedibilissime, devono esser state uno scazzo notevole per la redazione già pronta al decollo suluebbe. Ecco come hanno risolto l’ultim’ora:

“La rete non perdona, non dimentica: #arenata è l’hashtag – centratissimo – che il popolo di twitter ha dedicato alle dimissioni di Renata Polverini”

Sì, “la rete”. “Il popolo di twitterrr”. Così, tanto per far vedere a tutti quanto “game changer” sarà sto benedetto Huff Post.it. Già, “game changer”. Un po’ quello che Duke Nukem Forever è stato per il mondo dei videogiochi.

Come direbbe qualcuno: “Lurk moar, Arianna”.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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