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 Home page > Tribuna Libera > Due considerazioni sul caso Sallusti

Due considerazioni sul caso Sallusti

Sul tema della diffamazione ha detto qualcosa di molto chiaro ad "8 e mezzo" una delle menti più lucide della magistratura italiana, Camillo Davigo (nella foto). Per diverse settimane, sotto l'incalzare mediatico del caso Sallusti, si era fatta molta confusione sul tema della libertà di pensiero.

Sembrava, a leggere certi commenti, che punire in maniera efficace la diffamazione fosse l'equivalente di attentare alla libertà d'opinione. Camillo Davigo, invece, ha spiegato con chiarezza una cosa che, a dire la verità, è chiara a moltissimi, anche se nei commenti di questi giorni appare relegata in un cono d'ombra.

Ha detto cioè che c'è la libertà d'opinione perché è consentito a chiunque di dire a quello che pensa del comportamento di un'altro.

Mentre non è permesso, quindi è diffamazione, cioè un reato, attribuire ad una persona un comportamento che non ha commesso.

Ed è questo il reato che è stato commesso nel caso Sallusti.

L'estensore dell'articolo pubblicato da Sallusti (allora era direttore di Libero) aveva sostenuto che il giudice di un tribunale dei minori aveva costretto ad abortire contro la sua volontà una ragazza di poco meno di quattordici anni. 

Peccato che non fosse vero.

Peccato che la notizia, pubblicata dalla Stampa, fosse stata smentita poche ore dopo da un comunicato dell'Ansa.

Giustificazione di Sallusti: a Libero non avevamo l'Ansa....

Qualcuno gli ha chiesto: perché non ha rettificato nei giorni successivi?

Risposta di Sallusti: perché non mi è stato chiesto. Non so cosa pensiate di queste giustificazioni, soprattutto della seconda. A me sembrano debolissime..

Quello che è certo è che dire che abitiamo in un paese in cui non c'è libertà di stampa è un'enormità...

Viviamo piuttosto in un paese in cui NON c'è libertà di diffamazione.

E onestamente vivere in paese in cui non c'è libertà di diffamazione mi sembra una garanzia.

È tale la forza di cui dispone chi dirige un giornale che mette i brividi anche solo pensare che possa essergli consentito di diffamare il prossimo, senza nemmeno esibire la buona volontà di un ravvedimento operoso.

Poi battiamoci perché non si possa andare in carcere per un articolo, ma non facciamo di chi ha diffamato un martire della libertà di opinione.

 

Faccio un esempio che spero sia chiaro: alcuni sistemi giudiziari prevedevano il taglio delle mani per chi fosse sorpreso a rubare.

Penso che battersi per abolire quelle norme sia un atto di civiltàMentre battersi per l'impunità totale dei ladri non lo è affatto.

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.26) 3 dicembre 2012 12:31

    Il suo articolo è un esempio (raro) d’informazione sul caso Sallusti.

    Anch’io, nel mio piccolo, mi sono sforzato di spiegare la questione ad amici, parenti e conoscenti, scontrandomi però, contro il muro mediatico costruito dalla disinformazione del mainstream.
    Alle parole autorevoli del Dott. Davigo, e alle sue condivisibili considerazioni, aggiungerei solo che non si capisce perché si è parlato tanto di una riforma del reato di diffamazione, al fine di evitare il carcere ai giornalisti, quando tutti i professionisti (e parlo di commercialisti, avvocati, giudici, poliziotti, ecc.) possono subire pene detentive per reati commessi nell’ambito delle proprie funzioni. I giornalisti sono cittadini come gli altri, oppure no? 

  • Di (---.---.---.77) 3 dicembre 2012 20:25

    la casta dei giornalisti ha perso il senso della realtà come quella dei politici. Da oggi non leggerò più né la Repubblica né il Corriere della Sera i cui direttori e i cui giornlisti difendono a spada tratta Sallusti che non intende chiedre scusa al magistrato rivendicando la sua non come una diffamazione, ma come un’opinione.

  • Di (---.---.---.77) 3 dicembre 2012 20:32

    Sallusti ha commesso un reato e deve essere punito per quel reato, se la punizione è la galera, deve andare in galera. Malgrado Sallusti continui a dire di non voler chiedere scusa al magistrato perché non ha commesso nessun reato (ha comunque fatto scrivere sul suo giornale un giornalista radiato dall’albo), la maggioranza dei giornalisti italiani, dei direttori dei giornali e il presidente dell’ordine dei giornalisti, si è schierata dalla sua parte urlando al liberticidio. VERGOGNA. I giornalisti italiani sono avvezzi a diffamare senza prove, forse adesso staranno più attenti e verificheranno le loro fonti e la diffamazione poco c’entra con la libertà di stampa.

    Bruna Durante

  • Di (---.---.---.186) 3 dicembre 2012 22:36

    Egr. sig. Cusumano, apprezzo e condivido pienamente il suo articolo. 

    Però attenzione, quando si scrive sarebbe opportuno rileggere prima di mandare in pubblicazione, altrimenti si corre il rischio di scrivere, inavvertitamente, un altro con l’apostrofo... 

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