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Cosa prevede la legge di stabilità 2012-2014

Il 14 ottobre scorso, il Consiglio dei Ministri ha varato il ddl relativo alla legge di stabilità per il triennio 2012-2014 ed il ddl sul bilancio di previsione dello Stato per il medesimo triennio, provvedimenti principalmente volti a comporre il puzzle delle spese da rifinanziare per il prossimo anno, insieme al rendiconto bis per il 2010, in una versione rivista e corretta, ma nella sostanza rimasta invariata rispetto a quella su cui il Governo era stato battuto qualche giorno prima alla Camera – fatto che ha costretto il Premier a chiedere una nuova fiducia alla sua maggioranza. Nonostante i previsti tagli ai Ministeri, alla fine, tutti i Ministri hanno votato a favore, compresi quindi anche quelli che, come Stefania Prestigiacomo, Paolo Romani e Giancarlo Galan, erano stati più critici con il Tesoro: l’intesa è stata trovata solo inextremis soprattutto grazie all’intenso lavoro svolto dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta, durante il pre Consiglio dei Ministri svoltosi a Montecitorio in parallelo con il voto sulla fiducia al Governo.

 

Il contenuto del ddl stabilità, relativo a compensazioni per ambiente, sicurezza, difesa, rifinanziamenti per scuola e università, una nuova mini-stretta sul pubblico-impiego, tagli alla sanità (circa 1 miliardo per l’edilizia sanitaria) e alla macchina diplomatica del ministero degli Esteri, non ha però frenato i mercati finanziari. L’Italia ha continuato ad essere sotto tiro: con spread e rendimenti ai massimi, il mercato sembrava aver spostato il focus dalla Grecia all’Italia. La Banca centrale europea ha continuato a comprare i titoli di Stato italiani, ma l’efficacia di questo tipo d’intervento, che Francoforte porta avanti dai primi di agosto, è sempre più bassa, insufficiente a cambiare il mood del mercato. A tutto ciò ha cercato quindi di rispondere Berlusconi, prima con una lettera inviata all’Unione europea, poi con l’intervento “rasserenatore” al vertice G20 di Cannes. Tra le misure promesse in tempi brevi: l’impegno a consentire alle aziende, a partire da maggio 2012, il licenziamento del personale per situazioni di crisi economica; l’innalzamento a 67 anni dell’età della pensione; la mobilità coattiva nel pubblico impiego; e una stretta sui contratti parasubordinati. E ancora si sono promesse misure per la dismissione del patrimonio pubblico, il via libera alla delega fiscale, la rimozione di vincoli e restrizioni alla concorrenza e all’attività economica, la definizione di un contesto istituzionale, amministrativo e regolatorio che favorisca il dinamismo delle imprese, l’adozione di misure che favoriscano l’accumulazione di capitale fisico e umano e il completamento delle riforme del mercato del lavoro.

Tutto ciò ancora non è bastato: a fronte di una situazione politica di impasse, ogni giorno il dramma italiano si è complicato ed è divenuto chiaro che l’azione della Bce a sostegno del sistema Italia non risolve il problema, in quanto utile solo a stemperare la tensione per un paio di ore, ma non a cambiare il quadro di riferimento. Molti hanno condiviso l’idea secondo cui, a causa di una situazione politica non chiara, e nonostante i fondamentali dell’Italia siano nettamente migliori rispetto a quelli della Spagna, il nostro Paese paga 100 punti base in più: il Governo ha infatti perso credibilità, i mercati finanziari non hanno fiducia nelle sue promesse e ciò che serve, nell’immediato, sono riforme strutturali che Berlusconi difficilmente pare possa garantire. Una delle cause principali dell’ampio differenziale di rendimento tra BTp e Bund, infatti, sta proprio nella percezione dei mercati che possano esserci difficoltà a implementare le modifiche strutturali annunciate dal Governo.

Tentando di rassicurare i partner europei e mondiali sulla capacità dell’Italia di resistere all’assalto della speculazione e al possibile effetto contagio che potrebbe essere scatenato dalle difficoltà della Grecia, anche a fronte dei dubbi avanzati dal Presidente della Repubblica, il Consiglio dei Ministri, appositamente convocato in via straordinaria il 2 novembre scorso, ha esaminato un complesso di misure urgenti a sostegno dell’economia italiana, annunciando di voler abbandonare la strada del decreto legge, per prediligere quella di un maxiemendamento al ddl stabilità, che recepisca sul piano normativo gli impegni assunti dal Presidente Berlusconi nella sua lettera all’Unione europea del 26 ottobre. Dunque, se la road map indicata sarebbe dovuta essere quella di un iterparlamentare brevissimo del ddl stabilità al Senato, con l’apposizione della fiducia sul maxiemendamento, i tempi si sono necessariamente abbreviati e molto più velocizzati rispetto a quanto programmato dal Governo dopo che lo scorso 8 novembre, il rendicontodello Stato era stato approvato dall’aula di Montecitorio con 308 voti a favore, 1 astenuto e ben 321 non votanti: di fatto, una “sfiducia silenziosa” al Governo Berlusconi.

Da qui la definitiva apertura della crisi: Berlusconi è salito al Colle e si è dichiarato “disponibile” a rassegnare le dimissioni, ma solo dopo l’approvazione del ddl stabilità. Il Presidente della Repubblica si è detto concorde e così Berlusconi si è chiuso a Palazzo Grazioli in una no-stop d’incontri molto simile ad un gabinetto di guerra. La reazione dei mercati, però, è stata pessima: industriali e banche hanno decisamente spinto per un esecutivo di salvezza nazionale. Da qui, una nota del Quirinale ha mirato a rassicurare i mercati e, allo stesso tempo, ha messo nero su bianco l’imminenza delle dimissioni di Berlusconi. Subito dopo, il Presidente della Repubblica ha nominato senatore a vita, ai sensi dell’articolo 59, secondo comma, della Costituzione, il professor Mario Monti. Ne ha dato notizia un comunicato del Quirinale in cui si legge che “Il decreto è stato controfirmato dal presidente del Consiglio dei ministri, Silvio Berlusconi”: immediatamente inizia la ripresa a Piazza Affari e non solo, conseguenza di quello che è stato definito l’“effetto Monti” sui mercati finanziari.

Tra il pomeriggio di mercoledì e la giornata di giovedì, tutta l’attività parlamentare si è quindi concentrata sul ddl stabilità: la commissione Bilancio del Senato ha approvato rapidissimamente sia le proposte di modifica contenute nel maxiemendamento presentato dal Governo, sia quelle del relatore, Massimo Garavaglia (Lega), sia l’emendamento “omnibus” aggiunto all’ultimo momento ai tre già presentati dallo stesso relatore. Il testo è approdato così nell’aula di palazzo Madama, che lo ha licenziato entro la stessa giornata di venerdì, giungendo alla Camera per il via libera definitivo. Il provvedimento, in versione extra-large, è costituito da 36 articoli e la Commissione Bilancio di Montecitorio lo ha licenziato a tempo di record: non essendo stato ovviamente presentato alcun emendamento, il provvedimento è stato definitivamente approvato dall’aula della Camera nel pomeriggio di sabato e in un lampo il ddl stabilità è divenuto legge.

Ora, mentre si svolgono le consultazioni per la costituzione di un nuovo Governo, resta da capire chi pagherà la quadratura dei conti di questo pacchetto di misure per l’economia. Per averne un’idea basta leggere “l’abc delle misure” redatto dal Sole 24 ore. Intanto, vale la pena sottolineare che, nell’ultimo atto del III Governo Berlusconi, c’è l’approvazione di una misura, contenuta nell’emendamento “omnibus” del relatore, che rifinanzia, per 100 milioni di euro nel 2012 e 50 nel 2013, il fondo per “interventi urgenti finalizzati al riequilibrio socio-economico e allo sviluppo del territorio e alla promozione di attività sportive e culturali e sociali” istituito con la Finanziaria 2010, cioè la legge Mancia di un anno fa. Di fatto, non si sa ancora per quali decine d’interventi saranno utilizzati questi soldi – ci penserà un decreto del Tesoro che recepirà la lista della spesa votata dalle Commissioni Bilancio –, ma il Codacons già ha deciso di ricorrere al Tar e alla Consulta: “Si tratta di un furto con destrezza” a danno dei cittadini, sostiene il presidente Carlo Rienzi, “150 milioni di euro che, in un momento di grave crisi in cui si chiedono enormi sforzi ai cittadini, vengono regalati ai politici, con finalità che non appaiono pubbliche e secondo criteri non certo obiettivi”.

di Francesca Petrini

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