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Dolore: istruzioni per l’uso

Emicrania
Chi non ha mai provato dolore? Quando ci tagliamo con un coltello in cucina, quando sbattiamo accidentalmente contro qualcosa, quando soffriamo di emicrania, di mal di denti o di mal di stomaco, sono moltissime le cause che nella vita di una persona possono generare un senso di dolore fisico. E chi, inoltre, non ha mai provato della sofferenza emotiva? Anche in questo caso, la vita è pervasa di eventi capaci, a volte, di renderci felici ed euforici, altre volte invece di renderci tristi, affranti, disperati: è qui che sentiamo ancora una volta dolore.

I meccanismi che regolano il dolore sono tanto interessanti quanto complessi e difficili da comprendere. Per questo molte ricerche nel campo della medicina, della fisiologia e delle neuroscienze hanno come obiettivo proprio lo studio delle dinamiche che nella mente e nel corpo regolano la sensazione del dolore.

Di questi studi si è parlato nell’incontro che si è tenuto Lunedì 19 maggio alla libreria asSaggi di Roma. L’evento si inserisce nel ciclo di conferenze Caffè Scienza ed organizzate dall’Associazione formaScienza, costituita nel 2005 da un gruppo di giovani ricercatori con lo scopo di creare uno spazio per studiare e sperimentare nuove forme di didattica e comunicazione della scienza.

In questa occasione sono stati invitati ad esporre i proprio studi Anna Maria Aloisi, fisiologa dell’Università di Siena, e Giandomenico Iannetti, docente di human sensory neuroscience presso University College of London.

Non percepiamo il dolore tutti allo stesso modo. Sembra una banalità, ma esistono differenze profonde nella percezione del dolore tra diversi individui, in particolare tra uomini e donne. Su questo aspetto si è concentrata Anna Maria Aloisi, che sottolinea come i due sessi non siano differenti solo nell’apparato riproduttivo ma anche in altri sistemi, come ad esempio quello digerente o delle “vie della sensibilità”. Sembra infatti che una notevole differenza fra i due sessi si riscontri proprio nei meccanismi che regolano il dolore.

Se da una parte è chiaro che certe sindromi dolorose si rilevano prevalentemente in un sesso perché collegate a patologie più frequenti in quel sesso, non è però affatto chiaro il motivo per cui si rileva una maggiore incidenza di alcune sindromi dolorose in un solo sesso. Ad esempio, perché moltissime forme di emicrania sono più frequenti nelle donne? E perché la cefalea a grappolo è tipica degli uomini? Non si hanno ancora risposte certe a queste domande. Certamente molti studi sottolineano una serie di fattori che contribuiscono a determinare le differenze tra i sessi nell’esperienza del dolore. Queste riguardano principalmente i modelli temporali o ciclici degli ormoni sessuali; i neurotrasmettitori essenziali nella generazione del dolore; le differenze anatomiche.

A queste diversità di carattere biologico si vanno ad aggiungere certamente quelle di carattere sociale: nell’esperienza cognitiva ed emozionale del dolore e nel modo di affrontarlo; nella risposta al dolore e nella differenza nei ruoli sociali ed occupazionali. È probabile che sia questo insieme di determinanti multiple a generare una soggettiva percezione del dolore.

È chiaro però che i meccanismi interiori che provocano il dolore hanno delle origini comuni in tutti gli esseri umani e che la loro comprensione passi necessariamente per lo studio del cervello umano. Su questo punto si è concentrato Giandomenico Iannetti, sottolineando come esistano particolari aree del cervello che contengono le mappe di determinate parti del corpo e che vengono attivate sotto specifica sollecitazione. Esiste dunque una stretta relazione a livello celebrale fra i fattori capaci di generare dolore e i neuroni cerebrali che ne segnalano la presenza. È proprio dallo studio di questa relazione che in futuro sarà possibile estendere la nostra comprensione del dolore e, perché no, trovare anche dei rimedi efficaci e naturali ad esso. Come, ad esempio, incrociare le braccia nel momento in cui si percepisce una sensazione dolorosa. Iannetti, in un articolo pubblicato sulla rivista Pain, spiega come questa operazione produca un “disallineamento delle aree cerebrali che porta all’indebolimento della percezione dei vari stimoli, tra cui il dolore”.

L’obiettivo di ogni ricerca, spiegano Aloisi e Iannetti, è ovviamente rivolto allo sviluppo di nuove terapie e nuovi farmaci di maggiore efficacia rispetto a quelli presenti oggi.

 

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