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Dittatori in democrazia? Vi sveliamo la verità su Napolitano e Roosevelt

Beppe Grillo ha definito la rielezione di Giorgio Napolitano al Colle, un “golpettino”, incassando la critica di Stefano Rodotà, profondo difensore della democraticità delle istituzioni repubblicane. Ma non è la prima volta che la carica di Capo dello Stato, in paesi democratici, viene accusata di derive totalitariste.

Accade quando intervengono condizioni sociali ed economiche straordinarie che impongono decisioni politiche di drastico interventismo.

Negli anni ’30, guarda caso proprio durante una depressione economica simile a quella che il mondo sta vivendo attualmente, gli Stati Uniti, patria delle istituzioni repubblicane, democratiche e liberali, si affidarono al presidente Franklin Delano Roosevelt, chiamato ad inventare una politica di “unità nazionale”, consociativa, protezionistica, welfariana e dirigistica.

Il suo “New Deal”, letteralmente “nuovo corso”, su scala economica nazionale, con caratteristiche sociali di emergenza, venne osteggiato da una opposizione che se da destra lo accusava apertamente di apertura al comunismo, da sinistra lo bollava come fautore del corporativismo fascista.


Anche Roosevelt, come Napolitano, aveva il suo Beppe Grillo. Si chiamava Huey P. Long, governatore della Louisiana, che con il suo motto “Ogni uomo è un re”, incantava le folle con programmi demagogici, tutti incentrati nella demonizzazione del pensiero rooseveltiano.

Una pallottola mise fine al suo sogno di una redistribuzione equa della ricchezza. Ma le analogie tra Roosevelt e Napolitano non finiscono qui. La straordinarietà del momento storico, che vedeva il mondo intero immerso in una guerra devastante, portarono FDR, nel 1940, ad accettare la nomina per un terzo mandato consecutivo.

Fino ad allora tutti i presidenti avevano rispettato la regola, non scritta, in omaggio a George Washington, di rinuncia ad un terzo mandato. Il primo presidente USA affermava che l’idea di accentrare per troppo tempo il potere nelle mani di un solo uomo era troppo lontana dalla concezione democratica e repubblicana che aveva portato le colonie ad affermarsi come stato sovrano.

Uno strappo alla regola, quello di Roosevelt, inteso come assunzione di responsabilità nei confronti del popolo e dello Stato. Le stesse condizioni che hanno riportato Napolitano ad accettare la nomina per un secondo mandato.

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