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Disoccupati, fannulloni a prescindere

Nella trasmissione di Radio3 'Tutta la città ne parla' del 19 aprile scorso, si è affrontato il problema “I giovani sono pronti al mercato del lavoro internazionale?”

E sempre più spesso i giornali parlano di “lavoro [che] c’è ma non interessa”, di “attività snobbate”, di “Italia bocciata in tecnologia e innovazione”, di “i giovani non conoscono i vecchi mestieri”, come se chi cercasse lavoro fosse solo un lavativo, uno sfaticato privo di competenze, uno sprovveduto incapace di scegliere.

Per convincere certa stampa, che chi cerca un'occupazione non è sempre un fannullone, il disoccupato dovrebbe lavorare, esattamente come le banche riconoscono un prestito a chi dà prova di non averne bisogno. Il fatto è che di questo passo si avranno ambulatori che straborderanno di persone in ottima salute ed i palazzi di giustizia di signori irreprensibili.

Evidentemente il problema è da affrontare in maniera differente per non alimentare le frustrazioni di chi è cosciente che il mercato del lavoro è diventato impossibile senza perdere la propria dignità. E non tutti sono d'accordo di perderla. A cominciare dall'ineluttabile asservimento a cui sottoporsi quale acconto per accedere ad una vita professionale migliore, immancabilmente disattesa, ma ancor prima, dalla pratica tribale di assoggettarsi alla compilazione del 'curriculum online a campi obbligatori', utile solo a chi lo predispone, quando chiunque ne ha già sempre uno pronto in formato .pdf, curato in ogni piccolo dettaglio.

Come in ogni parrocchia, anche tra i disoccupati ci sono gli inetti e i ‘furbetti del posticino’, ma la realtà vissuta, come conferma anche il prof. Andrea Cammelli, direttore di Almalaurea, è chiaramente un’altra, più scomoda, e di cui si deve necessariamente tener conto se si vuole dare un’informazione corretta e sulla quale poter costruire i pilastri di una nuova economia, meno insolente.

E senza paura di smentita, i tre punti più dibattuti, quando si discute di problematiche occupazionali, nei dati rivelano che:

1. In Italia c’è un’altissima concentrazione di laureati che si propone per mansioni in cui ci si “sporca le mani”, ma nessuno se li fila.
2. In Italia c’è un’altissima concentrazione di laureati che si propone ad aziende distanti dalla propria abitazione, le quali, facendo i conti in tasca altrui, non rispondono al candidato che abita a più di cinquanta chilometri dal posto di lavoro.
3. In Italia c’è un’altissima concentrazione di persone disposte a fare lavori manuali, ma non alle condizioni da negriero stabilite da gente con la licenza media, che si vanta di avere avuto successo, proprio per "non aver perso tempo” a studiare.

E allora di cosa stiamo parlando?

Commenti all'articolo

  • Di pv21 (---.---.---.147) 22 aprile 2011 19:58

    Fuori onda >

    Afferma categorico Tremonti: “In Italia ci sono 4 milioni di immigrati e non mi risulta che tra i giovani immigrati ci sia disoccupazione. Tutta gente che lavora tantissimo”.

    Allora è fatto tutto di “lavativi” quel 29% di giovani italiani che lamenta di essere disoccupato. Sono "lavativi" anche quelle migliaia di laureati che cercano fortuna all’estero.

    Allora è “procurato allarme” quello di Maroni che pretende l’aiuto dell’Europa per l’emergenza “umanitaria” di qualche migliaio di giovani nord-africani sbarcati in Italia.

    Tutto si confonde quando si perde il senso ed il valore di Parola e merito

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