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Decreto dignità, nel paese che non sa leggere i dati

Esattamente come accaduto con la decontribuzione triennale di Matteo Renzi, è iniziata la grande competizione per dimostrare che il cosiddetto Decreto dignità, scritto e riscritto dall’esecutivo tra luglio e settembre, e che ha prodotto alcuni regimi transitori ed un discreto casino, sta determinando un boom di trasformazioni a tempo indeterminato di contratti di lavoro. Benvenuti nel Paese della Marmotta.

L’occasione è fornita dalla meritoria opera dell’Osservatorio di Veneto Lavoro, che raccoglie ed elabora i dati di una regione molto critica per l’individuazione di tendenze ed impatti normativi sul mercato del lavoro, fornendo il polso della congiuntura. Nei giorni scorsi, Veneto Lavoro ha pubblicato il primo bilancio sul mercato regionale del lavoro dipendente nel 2018.

La rilevanza politica di questo documento risiederebbe nell’aumento di trasformazioni a tempo indeterminato. Subito, giovani e meno giovani saltimbanchi si sono precipitati a trasformare le correlazioni in causalità, strumentalizzando la cautela degli analisti di Veneto Lavoro oltre che dando ennesima conferma dell’incapacità a leggere i dati che caratterizza questo paese di cultura più cialtrona che classica.

Il dato generale è che nel 2018, in Veneto, ci sono stati 25 mila occupati in più. E sin qui, bene. Il problema è che questo è il dato annuo, mentre la variazione annuale sta letteralmente precipitando, con un secondo semestre molto negativo. Il punto “politico” è tuttavia un altro:

 

Caratteristica del 2018 è l’inversione di tendenza nel contributo alla crescita fornito dai contratti a tempo indeterminato e dal lavoro a termine: i primi mostrano infatti una tendenza positiva (+30.700 tra contratti a tempo indeterminato e apprendistato), mentre per i secondi si è registrato l’azzeramento della fase espansiva avviata alla fine del 2016.

Come leggere questo dato, quindi? Secondo gli analisti di Veneto Lavoro le determinanti sono molteplici, per puro buonsenso:

  • Gli incentivi previsti per gli under 36 dalla legge di bilancio 2018;
  • L’alto volume di contratti di lavoro a tempo determinato attivati sia nel 2017 che nel 2018: anche senza incremento del tasso medio di trasformazione alti volumi iniziali di contratti a tempo determinato comportano parallelamente successivi alti volumi di trasformazioni in tempo indeterminato;
  • Le restrizioni introdotte dalla legge 96 del 9 agosto 2018 (conversione del cd “decreto dignità”), operative da novembre 2018, all’utilizzo di contratti a termine (obbligo della causale nel caso di superamento dei 12 mesi o di rinnovo; riduzione delle proroghe ammesse; riduzione della durata massima delle catene di contratti): tali irrigidimenti possono aver incentivato l’anticipazione di trasformazioni a tempo determinato.

Molto lineare e, ribadiamolo, di buonsenso. Chiariamo il punto un po’ criptico del “tasso medio di trasformazione” in tempo indeterminato. Nella nota 4 del documento si precisa che

[…] l’intervallo medio tra assunzione a tempo determinato e successiva trasformazione oscilla intorno agli 11 mesi. Il tasso medio di contratti di lavoro a termine trasformati in contratti a tempo indeterminato si colloca stabilmente attorno al 10%.

Che significa? Che, storicamente e statisticamente, circa il 10% dei tempi determinati diventa a tempo indeterminato dopo circa 11 mesi. C’è stato un “boom” (ma quando mai?) di trasformazioni a indeterminato nel quarto trimestre 2018? Si tratta di contratti a termine attivati di solito un anno addietro, e tali trasformazioni hanno beneficiato solo un tempo determinato su 10.

Se applichiamo meccanicisticamente questa correlazione storica, cioè (tagliato grosso) con lag di quattro trimestri tra assunzioni a tempo determinato e trasformazioni in indeterminato, vediamo che l’incidenza è aumentata a circa il 13%. Nulla di cui scrivere a casa, direi. Soprattutto considerando la spinta potente del decreto dignità nella versione definitiva.

Si potrà affermare che il decreto dignità sta avendo successo solo se avremo un aumento di trasformazioni a tempo indeterminato rispetto ai contratti a tempo determinato attivati all’incirca un anno prima.Attenzione: questa è una misurazione del tutto grezza e “back of the envelope” ma una decente prima approssimazione. Altro non si può dire.

Ah, nel caso vi fosse sfuggito: in Veneto, nel secondo semestre 2018, c’è stata una rilevante perdita di occupazione. Si sono persi circa 70 mila posti di lavoro netti. Di cui ben 81 mila a tempo determinato o apprendistato. Nello stesso periodo i contratti a tempo indeterminato, originari o da trasformazione, hanno creato poco più di 10 mila impieghi aggiuntivi.

Che dire, allora? Una ipotesi: l’indebolimento congiunturale ha spinto le imprese a lasciare a casa molti apprendisti e tempi determinati, e trasformare in indeterminati solo quei lavoratori che avevano competenze utili per le aziende. Che questo secondo esito sia stato in qualche modo “spinto” dal decreto dignità è del tutto possibile ma gli ordini di grandezza sono molto differenti, tra distruzione di lavoro a termine e creazione di quello permanente. Il rapporto è di circa 8 a 1. Meno precari ma assai meno occupati.

 

Come concludere, quindi? Che non esiste causazione in senso stretto riconducibile al decreto dignità, ma forse (come correttamente indicato dagli analisti di Veneto Lavoro), esso è una delle concause. E che se il rapporto tra tempi determinati cessati e tempi indeterminati trasformati dovesse posizionarsi tra dieci a uno e otto a uno, ci sarebbe assai poca motivazione per stappare bottiglie. Il lavoro non si crea per decreto, ricordate?

Quindi no, figlioli: non esibite questo documento di Veneto Lavoro come fosse la pietra filosofale. Non lo è, ma non per colpa di chi ha analizzato i dati bensì della crassa ignoranza frammista a cinismo di chi li “legge”.

Tra cinismo e dissonanze cognitive:

Che poi è lo stesso processo che conduce alcuni a pensare che il decreto dignità stesse producendo un boom di stabilizzazioni già molti mesi prima di vedere la luce. Un paese in piena sepsi propagandistica. Un vero boom:

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