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Debiti e crediti, vietato fallire: la pandemia e l’armata globale delle aziende zombie

La pandemia degli altri: in Germania si dibatte sull'opportunità di prorogare per altri sei mesi il blocco delle procedure di insolvenza aziendale.

 
Prosegue la mia osservazione di cosa sta accadendo fuori dal cortile italiano durante la pandemia, per cercare di capire se e quanto siamo differenti e devianti dalle prassi altrui nella gestione dell’emergenza economica. Comparazione che appare ancor più necessaria, dopo il discorso in cui Mario Draghi ha imboccato il sentiero assai scivoloso della distinzione tra debito “buono” e “cattivo”. Non perché tale distinzione non esista, sia chiaro. Ma perché, ricordandola, Draghi ha preso a calci il formicaio della politica e dei media italiani, che ora sono impegnatissimi ad elevarlo agli onori delle Sacre Scritture, in una rincorsa sinistra (ma anche destra) che ricorda più che altro le grandi ipocrisie dei coccodrilli. Lunga vita a Mario, e procediamo.

Ad esempio, in Germania è in corso una polemica che sembra italiana e che verte sulla sospensione delle procedure di insolvenza. La misura doveva scadere a fine settembre, a sei mesi dall’introduzione, ma la ministra della Giustizia, la socialdemocratica Christine Lambrecht, vuole prorogarla di altri sei mesi. Per arrivare senza troppi danni alla scadenza elettorale, suggeriscono alcuni maliziosi.

Evidente il timore di molti che, così facendo, sia stato introdotto nel sistema economico il “divieto di fallire”. Il portavoce di Angela Merkel per gli affari legali ha già detto che la proroga della sospensione non distingue tra aziende che erano sane prima della pandemia e quelle che erano già in evidente dissesto, oltre a creare ovvi problemi ai creditori ed una cappa di incertezza che si somma a quella sul versante sanitario e rischia di frenare ulteriormente l’attività economica.

Torna quindi il tema delle “aziende zombie”, il mantenimento tra i non-morti di aziende che sono incapaci, nel lungo periodo, di coprire il servizio del debito con la propria redditività operativa. Fenomeno di cui si parla da quando le banche centrali, per evitare catastrofici crolli azionari, hanno iniziato a tagliare i tassi d’interesse. Ricordate, no?

In Europa, dall’inizio della pandemia, si è verificato un forte rallentamento delle procedure di insolvenza, con l’evidente eccezione di SveziaNorvegia ed Olanda. Nel grafico, elaborato dal Financial Times su dati di Euler Hermes, società di assicurazione di crediti commerciali, manca l’Italia. Non approfondiamo, è meglio.

Business insolvencies in Europe

La stessa Euler Hermes prevede per il 2021 un boom di insolvenze a livello globale, definendolo una bomba ad orologeria.

Il blocco delle procedure di insolvenza si accompagna un po’ ovunque all’uso estensivo della cassa integrazione ed alla limitazione dei licenziamenti, ai prestiti con garanzia pubblica, al blocco degli sfratti. Nessun dubbio che, nel breve termine, queste misure avessero senso, ma che accadrà al proseguire della pandemia?

Leggi anche: Il lavoro al tempo del Covid, e oltre

Accadrà che le risorse fiscali necessarie a proseguire in questo “coma farmacologico” dell’economia diverranno sempre più imponenti, ponendo enormi interrogativi sulla gestione del debito, pubblico e privato, quando il genere umano si sarà finalmente sbarazzato del Covid.

Tornando al dibattito tedesco, la ministra Lambrecht ha detto che la proroga cercherà comunque di discernere tra aziende che sono “solo” sovraindebitate causa pandemia e quelle che sono ed erano in condizione di “genuina” insolvenza causa modello di business. Più facile a dirsi che a farsi ma non escludo che la logica cartesiana tedesca riuscirà a separare le due categorie.

Tutto ciò per dire alcune cose: in primo luogo, che queste tematiche riguardano tutti i paesi, che nelle prossime settimane e mesi dovranno compiere scelte molto difficili. Poi, che lo stock di debito complessivo, pubblico e privato, crescerà ulteriormente, scaricando sulle banche centrali gran parte dell’onere di gestione del problema.

Data la situazione sanitaria globale, è probabile che non siamo ancora arrivati al punto di dover scegliere tra debito “buono” e “cattivo”, e questo faciliterà alla politica italiana il compito di mantenere in non-vita molte aziende zombie da tempo immemore, e di allungare ulteriormente la lista. Ma la resa dei conti è solo rinviata.

Foto di Simon Wijers da Pixabay

Il post Vietato fallire: la pandemia e l’armata globale delle aziende zombie è stato pubblicato in originale su Phastidio.net

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