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Dati Isfol sul mercato del lavoro: la raccomandazione resiste alla crisi

L'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro. Ottenuto assai spesso, ma per fortuna non sempre, con aiutini e scorciatoie. Già, perchè anche di questi tempi in cui la mancanza di occupazione rappresenta una piaga sociale dalle dimensioni quasi "apocalittiche", nel nostro Paese continua a sopravvivere uno strumento abbastanza efficiente: la raccomandazione. Oltre il 30% degli occupati, secondo una recente rilevazione dell'Isfol, pare che abbia conseguito il proprio impiego attuale grazie alla segnalazione di qualche conoscente.

Fra i più giovani, in particolare, laddove si fa più dura affermarsi a livello professionale e concorrere alla cosiddetta "mobilità sociale", la spintarella ha riguardato addirittura 4 persone su 10. E' un fenomeno costantemente cresciuto nel tempo, soprattutto negli strati meno istruiti della popolazione e nelle zone in cui il lavoro tradizionalmente scarseggia. E per la solita attitudine della politica a sfruttare il disagio della gente in proprio favore, attraverso il ricorso alle pratiche clientelari.

L'indagine dell'Isfol è stata condotta su un campione di 40 mila individui tra i 18 e i 64 anni di età. E il fatto più curioso è che questa originale forma di collocamento lavorativo (comunemente nota come calcinculo), che in passato riguardava esclusivamente il posto fisso e ben remunerato, oggi interessa sempre più anche le professioni umili e poco qualificate, proprio a causa della scarsità di posti disponibili e dell'evidente sproporzione fra domanda ed offerta.

Esiste poi una nicchia rappresentata dalle opportunità lavorative ottenute attraverso i contatti nell'ambiente stesso di lavoro (pari al 7,5%), altro aspetto dell'intermediazione informale interpretabile però in termini positivi. In tal caso, infatti, non bisogna parlare della classica raccomandazione ma di relazioni professionali alimentate dalla reputazione e dal merito, o anche solo dal semplice "passaparola". Per il resto, dalle risultanze della rilevazione emerge che i classici "Centri per l'impiego" sono riusciti a "piazzare" solo 3 persone su 100, per lo più appartenenti a categorie protette. Si tratta delle agenzie di somministrazione e di società di ricerca del personale, di scuole e università, realtà in crescita (7% in totale, 13,5% per i giovani) che solo da alcuni anni possono supportare persone e imprese nell'incontro tra domanda e offerta di lavoro. La possibilità data dalla legislazione recente a questi intermediari, molto vicini alle realtà del mondo lavorativo, è tesa appunto a facilitare l'incontro tra individui e imprese.

Secondo l'Isfol, tra i tanti motivi per i quali l'Italia ha difficoltà di crescita vi è proprio il cattivo utilizzo del comunque vasto capitale umano di cui dispone: da un lato, le persone non sanno come farsi conoscere e far valere il proprio talento; dall'altro, le imprese non riescono a trovare lavoratrici e lavoratori con le competenze necessarie ai propri fabbisogni. Ma rivolgersi ad amici e parenti non è certo la strada che può premiare la professionalità e il merito, né aiutare il sistema produttivo a competere, innovare e svilupparsi. Peraltro, giovani, adulti e imprese ora potranno contare pure su operatori che conoscono il mondo del lavoro da vicinissimo, e che dovrebbero per questo nutrire un autentico e sincero interesse a far incrociare al meglio le competenze professionali con le esigenze delle aziende.

Le autocandidature presentate direttamente ai datori di lavoro, mediante il consolidato sistema dell'invio di un curriculum vitae, sono un canale di accesso ancora resistente nel 17,7% degli incontri fra domanda e offerta. Percentuale che sale al 24% per il segmento delle nuove generazioni. Attraverso le offerte di lavoro pubblicate sulla stampa, invece, si è determinato appena il 3% delle intermediazioni. Quanto ai concorsi pubblici, essi hanno dato un impiego al 18,3% degli attuali occupati (solo al 6% dei giovani). Un canale di accesso destinato tuttavia a ridimensionarsi rapidamente, considerate le restrizioni alle assunzioni nella Pubblica Amministrazione decise a livello di governo centrale.

L'Isfol, nel suo dossier, si preoccupa di fornire uno spaccato anche sulle modalità di ricerca di un posto di lavoro da parte di chi è ancora disoccupato, che nelle statistiche generali costituisce il vero (e drammatico) elemento di problematicità. Ovviamente, la tendenza di muoversi privilegiando il canale delle conoscenze private (amici e parenti) nella circostanza è addirittura maggiore che fra gli occupati: 66%. Seguono le autocadidature (57%), i Centri per l'impiego (50%) e le agenzie di lavoro interinale (28%). In ogni caso, chi usa internet può fruire di livelli di ricerca di gran lunga maggiori rispetto a chi ricorre solo agli strumenti più tradizionali. La recente manovra finanziaria (ammesso che riesca mai a giungere a una stesura definitiva), punta proprio in tale direzione quando riconosce alla rete il ruolo di intermediazione.

Guardando ai numeri nell'insieme, 2 disoccupati su 3 hanno svolto attivamente una ricerca di lavoro nei trenta giorni precedenti all'intervista. Fra loro, risultano più attivi i giovani, i laureati, i maschi e i residenti nelle regioni settentrionali. Rispetto al 2008, infine, vale a dire prima dello scoppio della crisi economica tuttora in corso, si registra un calo nelle azioni di ricerca di lavoro del 4% degli inoccupati, specialmente da parte dei giovani. Segno della crescente sfiducia nel futuro e di un diffuso senso di frustrazione. E del fatto che perfino il vecchio calcinculo, in fondo, non suscita più così tante aspettative come in passato.
 

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