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Dal Laboratorio di Ingegneria Istituzionale e Costituzionale dell’Università di Messina

Da un paio di anni la Facoltà di Scienze Politiche dellUniversità di Messina, sotto la guida del costituzionalista professore Alberto Russo, ha istituito un vero e proprio Laboratorio di Ingegneria Istituzionale e Costituzionale. Per farlo ha dovuto cercare di riunire attorno allo stesso tavolo gli esponenti di spicco delle varie parti politiche e, incredibile dictu, vi è riuscita! Fra i relatori delle tavole rotonde organizzate si sono alternati esponenti del PD (Cracolici e Genovese), del PdL (Nania), dell’UDC (D’Alia), dell’FlI (Briguglio), e di altri movimenti politici ancora, cosicché la rappresentanza politica è risultata la più ampia possibile. Per di più il confronto delle varie tesi e della varie posizioni non è mai diventato polemica politica, rimanendo nell’ambito di un confronto sereno sulle discrasie istituzionali del Paese. E questo è un fatto più unico che raro nel nostro rissoso panorama politico.

Se a questo uniamo la competenza e la professionalità degli organizzatori dell’Ateneo peloritano, si capisce così il buon esito registrato dall’iniziativa.

Volendo riassumere in breve la materia trattata e cercando sempre di rispettare la pluralità degli orientamenti, si può dire che i meccanismi elettorali della prima Repubblica (proporzionale estremo senza alcun premio di maggioranza ed alto numero di preferenze) hanno portato ad una situazione di non equilibrio fra potere esecutivo e potere legislativo, a tutto svantaggio del primo. E forse non poteva non essere così, come reazione al Ventennio di dittatura mussoliniana.

Il sistema nato nel dopo-guerra era sostanzialmente bipolare, con un polo rappresentato dalla Democrazia Cristiana e dai suoi alleati ed un polo rappresentato dal Partito Comunista e dai suoi alleati. Esso, però, non consentiva l’alternanza fra i due poli: nella fase finale della prima Repubblica il “compromesso storico” è stato un disperato tentativo per giungere a superare questo problema per via politica.

Dalla crisi della prima Repubblica sono nati i tentativi di modifica del sistema elettorale in senso maggioritario con permanenza di quota proporzionale ; in appresso l’attuale sistema, che prevede sia il premio di maggioranza sia l’assenza di preferenze sia una sostanziale elezione diretta del premier, pur restando al Parlamento il potere di sfiduciarlo.

In tal modo è stato assicurato il bipolarismo con alternanza e con adeguata rappresentanza sia della maggioranza sia dell’opposizione, ma le liste bloccate hanno tolto legittimazione democratica alla scelta dei parlamentari, cui è affidata la funzione legislativa. Insomma, se nella prima Repubblica il sistema era squilibrato a vantaggio del legislativo, nella seconda il sistema è squilibrato a vantaggio dell’esecutivo. Per di più le anticipazioni sulla riforma del sistema giudiziario sono nel senso di un ulteriore inaccettabile squilibrio a vantaggio dell’esecutivo ed in danno del giudiziario.

A questo punto viene il difficile, ossia individuare le ricette per porre rimedio alle gravi discrasie riscontrate, riscrivendo anche, se necessario, talune parti della Costituzione; ed in questa ricerca si finisce tutti per guardare a quanto avviene in altri Paesi.

Qualcuno è favorevole al sistema statunitense delle elezioni primarie; qualcun altro è favorevole al ripristino del sistema maggioritario in una delle due versioni (quella anglosassone in secco e quella francese a doppio turno); qualcuno è favorevole al ritorno al sistema proporzionale con quota di sbarramento ; qualcuno è favorevole all’elezione diretta del premier; e così via. Insomma, a livello di proposte si registra una certa frammentazione, dovuta anche certamente alla varietà di percorsi possibili.

Resta però nella consapevolezza di tutti che è necessaria una evoluzione del sistema elettorale ed istituzionale, e ciò anche per consentire una modernizzazione del Paese, richiesta dall’attuale contesto europeo ed internazionale. E’ questa la prima emergenza politica nazionale.

Cosa c’azzeccano in tutto questo le nuove elezioni che talune formazioni politiche chiedono a gran voce? Orbene, nulla. Potrebbe essere questa l’unica attuale risposta compiuta e definita del Laboratorio di Ingegneria Istituzionale e Costituzionale della Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Messina: nuove elezioni senza una significativa riforma elettorale ed istituzionale appaiono inutili nel senso che i problemi fondamentali del Paese non verrebbero in tal modo affrontati.

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