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Corpi senza anime

Diceva Anna Magnani al truccatore che prima del ciak stava per coprirle le rughe del volto: “Lasciamele tutte, non me ne togliere nemmeno una, ho impiegato una vita a farmele”.

Solo in Italia, vengono eseguiti oltre 600.000 interventi di chirurgia estetica all’anno, per correggere piccoli o grandi inestetismi.

I pazienti che decidono di sottoporsi a interventi chirurgici di questo tipo possono essere spinti da necessità fisiologiche, ovvero nel caso in cui il difetto fisico impedisca una vita corretta, oppure da esigenze di tipo puramente estetico.

La ragione di questo aumento di richieste per la chirurgia, che di anno in anno si fanno sempre più insistenti, dipende essenzialmente dagli aspetti psicologici, palesi e/o inconsci, che produce un intervento su di noi, in una società che si basa sull’immagine, dove ciò che conta è apparire, che fa della fisicità, piuttosto che dell’essere, un vero simbolo e ci rende schiavi della bellezza e sottoposti a servirla.

L’Italia è una nazione in cui ancora oggi, nonostante le lotte femministe del passato, nonostante una maggiore presa di coscienza da parte della società, essere donne, madri, lavoratrici, avere una laurea e riuscire a conciliare il tutto è davvero molto difficile. Sono altissime le percentuali di donne-madri che non riescono a mantenere il proprio posto di lavoro dopo la gravidanza, ed è altrettanto vero che, a parità di lavoro, le donne percentualmente guadagnano meno dei colleghi o ricoprono spesso posizioni lavorative non sempre consone alla loro formazione.

Per molte ragazze sembra molto più affascinante e facile da raggiungere il mondo patinato delle riviste e soprattutto della tv, non importa poi con quali strumenti, quali compromessi e a quale prezzo.

Perciò, l'importanza che riveste il nostro aspetto fisico, generalmente, è molta. Esso determina come noi ci vediamo allo specchio ed è la base su cui formuliamo il giudizio di noi stessi, e il giudizio che noi pensiamo che gli altri abbiano di noi.

Care donne, urge un risveglio di coscienza:

Io non ci sto ad essere solo corpo. Da guardare, da toccare, da giudicare, da mercificare.

Io non ci sto poiché conosco cosa genera l’offerta della mia carne sugli sguardi inconsapevoli. Io non ci sto e pretendo rispetto e che si dia spazio a tutte le mie diversità.

La mia rivoluzione comincia con il rifiuto dell’immaginario imposto per mutare nel respiro di una nuova dignità.

Oggi i palinsesti televisivi, dalla pubblicità al telegiornale, ci presentano un modello di donna che punta tutto sull’apparire e sulla perfezione, per la quale la chirurgia estetica è un obbligo dopo i 30 anni. Ormai siamo completamente assuefatti a questo genere d’immagini e a questa mentalità che gli schemi mediatici sono diventati prototipi in cui identificarsi. Basta una breve panoramica della televisione italiana per rendersi conto che la donna, che appare sul piccolo schermo, non è nulla di più di uno strumento sessuale, umiliata e degradata, privata della propria identità, della propria personalità.

Occorre imparare ad apprezzare i corpi a loro modo gloriosi, imperfettissimi e realissimi, che muovono a un misto di ripugnanza e onore che si chiama tenerezza.

I corpi umani, dove le anime albergano un po’ scomode e pure albergano, ne sono il fiato vitale, il movimento profondo.

Onore ai corpi così così, per cui non ci si volta, ma che se li fissi, vengono bruciati in una vampata di più profondo onore, quasi un oro. E non è un effetto del solleone.
Oggi la chirurgia estetica è diventata un fenomeno di massa, per cui la consideriamo come una pratica di democratizzazione. Tuttavia, dobbiamo porre attenzione alla sua natura biopolitica, in quanto diretta al controllo del corpo collettivo della società, non solo creando modelli estetici per le donne, ma generando nuove e non tanto nascoste forme di discriminazione (razziali, di classe, di età).

D’altra parte lo stesso mondo femminile ha introiettato il modello maschile così profondamente e così a lungo da riuscire a guardare le altre donne solo con occhi maschili. Oggi le donne che hanno raggiunto fama e potere in tv sembrano, infatti, gareggiare al livello estetico con le più giovani e le poche immagini non artefatte di donne adulte sono feroci perché non possono che utilizzare l’aggressività laddove il confronto estetico è impari. La stessa pubblicità utilizza immagini con riferimenti sessuali appetibili per i maschi per attrarre però un pubblico femminile.

Scrive il filosofo e psicanalista Umberto Galimberti: “Se questo è il nuovo modello di perfezione che ci siamo creati, allora il lifting facciamolo non alla nostra faccia, ma alle nostre idee e scopriremo che tante idee che in noi sono maturate guardando ogni giorno in tv lo spettacolo della bellezza, della giovinezza, della sessualità e della perfezione corporea, in realtà servono per nascondere a noi stessi, e agli altri, la qualità della nostra personalità, cui magari per tutta la vita non abbiamo prestato la minima attenzione perché, sin da quando siamo nati, ci hanno insegnato che apparire è più importante che essere, con il risultato di rischiare di morire sconosciuti a noi stessi e agli altri”.

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