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Consumatori. Di luoghi comuni

Ieri Istat ha comunicato che l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, registra una variazione nulla rispetto al mese precedente e aumenta dell’1,1% nei confronti di aprile 2012, con una decelerazione di cinque decimi di punto percentuale rispetto alla variazione tendenziale registrata a marzo (+1,6%). E puntualmente, ecco le lamentazioni delle associazioni di consumatori, che continuano a perdere eccellenti opportunità per farsi una cultura economica ed evitare ogni volta di intasare le agenzie di stampa con comunicati pavloviani di stampo sovietico.

Ad esempio, per l’incontentabile Codacons, la frenata nella dinamica dei prezzi al consumo altro non sarebbe che la conseguenza del “crollo dei consumi”, e che comunque un tasso all’1,1% equivale “ad una stangata da 384 euro, per una famiglia di tre persone, superiori ai 329 euro che si risparmierebbero con lo stop ad Iva ed Imu”. Per questo l’associazione di consumatori chiede al Governo Letta di “bloccare, almeno fino al 2015, tutte le tariffe e gli aumenti previsti, non solo Iva, ma anche Tares, acqua, trasporto pubblico locale, pedaggi autostradali, canone Rai”

Ad analoghe conclusioni e lamentazioni giungono Federconsumatori ed Adusbef, che la prendono larga, accusando Istat di avere le traveggole e di rilevare “un crollo dell’inflazione del tutto inesistente”, calcolando un tasso “del tutto sottostimato” che comunque “comporta ricadute insostenibili per le famiglie, pari a 533 euro annui per un nucleo di tre componenti”. Come si nota, la specialità delle sedicenti associazioni dei consumatori, oltre ad emettere comunicati stampa che ricordano molto da vicino le lamentele degli anziani sui mezzi pubblici, è anche quella di quantificare i maggiori oneri per i consumatori facendosi concorrenza al rialzo nello sparare numeri del tutto privi di verifica e riscontro.

Anche per Trefiletti e Lannutti, comunque, la decelerazione dell’inflazione sarebbe frutto “delle gravi
condizioni dell’economia italiana, affetta da una profonda crisi dei consumi”. Ed anche qui, che dovrebbe fare il governo? Indovinate:

«(…) Intervenire sulla crescita spesso ingiustificata dei prezzi, avviando un serio piano di controlli e bloccando con effetto immediato l’aumento dell’Iva da luglio»

Andiamo per ordine. Se i nostri eroi leggessero in dettaglio i comunicati Istat, scoprirebbero che la disinflazione tendenziale nel corso del mese di aprile ha una precisa radice, che nulla c’entra con le motivazioni manieristiche addotte dai sedicenti consumatori:

«Il forte rallentamento dell’inflazione ad aprile è principalmente imputabile alla frenata dei prezzi dei beni energetici che calano del 2,1% rispetto a marzo e registrano una diminuzione dello 0,9% su base annua (dal +3,4% di marzo). Questo andamento è il risultato di una dinamica comune a entrambe le componenti (regolamentata e non)»

Tutto lì, e la tendenza coinvolge l’intero pianeta. Riguardo alle “ricette” suggerite dai tre “sindacati”, cioè il blocco di prezzi e tariffe amministrate, siamo alle solite: questo significherebbe esclusivamente più deficit pubblico, per una via o per l’altra. Quanto sarebbe carino se, un bel dì, riuscissimo a leggere comunicati consumeristi di questo tenore:

«Il governo intervenga sulla dinamica dei prezzi e tariffe amministrate e regolate attraverso la messa a gara dei relativi servizi, aprendoli alla concorrenza. Si intervenga parimenti sulle imposte indirette procedendo a razionalizzazioni di spesa in misura tale da evitare aumenti di imposte indirette»

Troppo difficile? Pare di sì. Meglio invocare i “controlli” e le tessere annonarie, che è sempre very pop per un paese ad incallita vocazione statalista quale l’Italia. Che poi, fateci caso: quando il tendenziale d’inflazione aumenta, i “consumatori” invocano controlli sui prezzi e razionamenti. Quando il tendenziale cala, potete scegliere: o l’Istat trucca i numeri oppure c’è grossa crisi e nessuno compra più nulla, però ci vogliono i controlli sui prezzi, signora mia, ché la speculazione trama alle nostre spalle.

Decisamente, un paese dalla disarmante pochezza argomentativa, malato di ideologie muffite. I risultati sono sotto gli occhi di vuole vedere.

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