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Conoscete Bagnoli?

Di Bagnoli hanno parlato e scritto in tanti. Chi non ricorda “Vendo Bagnoli” di Bennato o “ La dismissione” di Rea. Io ci vivo dal lontano sessantaquattro e voglio raccontare come un quartiere di Napoli possa assomigliare a una di quelle città del Klondyke per le quali, finita la corsa all’oro, non c’è stato altro che un perenne degrado.

Bagnoli è una frazione di Napoli, appartenente per la precisione alla decima Municipalità, un’area urbana con una popolazione di centomila abitanti (di cui venticinquemila a Bagnoli), più di Savona ed Imperia messe assieme!

Di Bagnoli hanno parlato e scritto in tanti.

Chi non ricorda “Vendo Bagnoli” di Bennato o “ La dismissione” di Rea.

Io ci vivo dal lontano sessantaquattro e voglio raccontare come un quartiere di Napoli possa assomigliare a una di quelle città del Klondyke per le quali, finita la corsa all’oro, non c’è stato altro che un perenne degrado.

Nel sempre più lontano sessantaquattro, questo rinomato centro balneare e termale viveva di una miniera d’oro che aveva un nome latino: la mitica ILVA, conosciuta anche come Italsider, che di seguito chiameremo “il cantiere” come farebbe ogni buon bagnolese DOC.

Per chi non lo sapesse il nome ILVA è l’antico nome dell’isola d’Elba, nota per le sue miniere di ferro.

Bagnoli vantava, allora, cinque, dico cinque sale cinematografiche, tante da permetterci il lusso di affittarne perennemente una a dipendenti e familiari americani della base Nato: Roma, Terme, Cabiria, La Perla e Ferropoli.

La presenza dei cosiddetti “trasferisti” nel cantiere (i fuori sede, in linguaggio universitario), manteneva una discreta quantità di ristoranti, bar, trattorie, tavole calde e, naturalmente, pizzerie, nonché una rete di quelli che oggi si direbbero “bed & breakfast”, che poi erano stanze in casa di famiglie che arrotondavano stringendosi nei locali rimanenti.

Lo status di dipendente del cantiere era considerato elemento preferenziale per acquisire una fidanzata con benedizione paterna.

Il cosiddetto “Italsiderino”, poi detto “casco giallo” ma in epoca di lotte e cortei, non solo aveva uno stipendio garantito fino alla pensione, cascasse l’Italia, non solo questo stipendio si gonfiava per turni, mancati riposi, straordinari ecc. quasi a seconda delle necessità, ma accedeva a quella specie di albero della cuccagna che erano le esposizioni del Circolo aziendale per acquisti a rate minimissime: pentole, servizi di piatti, macchine fotografiche, turismo e villeggiature come se piovesse!

Il tutto a soddisfare quel nascente fascino dello status borghese nella classe operaia.

Il cantiere e il sicuro va e vieni dello stipendio per le famiglie dei dipendenti residenti, avevano, inoltre, alimentato la nascita e crescita di numerose attività commerciali: non meno di sei negozi di ferramenta, altrettante officine auto e moto, un numero di pasticcerie, barbieri, parrucchieri, calzolai ecc. sicuramente superiore alla media nazionale pro-capite.

Quando, nel finire degli anni settanta, il cantiere ha cominciato a morire (agonia durata quasi trenta anni e non ancora definitivamente compiuta), anche Bagnoli ha cominciato a trasformarsi.

I floridi e affidabili “Italsiderini” si erano trasformati nei rabbiosi (e fastidiosi) “caschi gialli” per poi diventare definitivamente “i cassintegrati”, allucinati zombi passati da un sogno ad un incubo in poco tempo; la finanza locale cominciò subito a risentirne, le buste paga prima accettate da tutti per il finanziamento di acquisti rateali (manco fossero l’American Express Platinum!) ora erano come pezze infette degli untori!

Chiusero definitivamente gli ultimi cinema (resiste il "La Perla"), si ridussero attività commerciali di tutti i tipi. E’ scomparso persino un panificio storico!

Adesso Bagnoli è un susseguirsi di serrande abbassate, se chiude un negozio potete scommettere che verrà sostituito da un centro scommesse (sic!).

La parte più straziante di questa crisi commerciale è data dal tourbillon di attività che aprono e chiudono nello spazio di pochi mesi. Tentativi disperati di dare lavoro ad un figlio disoccupato, meccanismi che divorano le liquidazioni dei genitori e che non trovano nessuna collaborazione nelle istituzioni.

E con tutto questo, anche se può sembrare contraddittorio, anche se resta il rimpianto di un perduto quasi-benessere e di una realtà industriale aggregante, è necessario evidenziare l’errore storico di aver sacrificato una baia e un litorale deliziosi in nome dei quella indigestione di siderurgia che causa ancora oggi non pochi mali di pancia (vedi Taranto).

Bagnoli, per chi non la conoscesse, ha un potenziale turistico naturale sprecato.

Vista dal parco Virgiliano, sopra Posillipo, reclama tutta la sua vocazione balneare.

L’ampia baia, i potenziali collegamenti su rotaia con il centro storico, la vicinanza con il meglio dei Campi Flegrei e con il Parco naturalistico degli Astroni, ne farebbero un ideale polo turistico.

Scherzando potremmo dire che ci vorrebbero gli imprenditori “Riminesi”, ma lo scherzo dura poco, i napoletani, quando vogliono, sanno fare bene e meglio. L’ex area Italsider è in corso di riqualificazione da tempi biblici, il sistema dei trasporti e collegamenti peggiora di giorno in giorno, le strade d’accesso sono solo e continuamente “rappezzate”, il tessuto sociale, lasciato senza futuro, è facile preda delle note endemiche piaghe.

Mi piacerebbe poter sperare che questo quartiere che è stato fucina di artisti, che ha sempre un paio di compagnie filodrammatiche attive ed un coro polifonico che è arrivato, senza alcun appoggio dalle istituzioni, a portare la canzone classica napoletana negli Stati Uniti, riviva una stagione nuova, con reali opportunità di lavoro per i giovani ed iniziative stimolanti per gli anziani che muoiono di noia sulle panchine del mitico viale Campi Flegrei.

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