• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Tempo Libero > Recensioni > Come pietra paziente

Come pietra paziente

Apparentemente un film di guerra in Afghanistan, di bombe troppo grosse e tuonanti per essere intelligenti, di violenze dei militari e dei talebani che penetrano arroganti nelle case (e che violentano le vergini, non le prostitute): tutto sconvolge la vita misera di una città arrampicata in modo insicuro sulle montagne, gli atti quotidiani di piccola gente che diventano impossibili a farsi, vite precarie come fossero di formiche.

In realtà è un film sulla condizione femminile in quei luoghi, una denuncia netta di come la donna è tenuta in subalternità, dello scrittore e regista Atiq Rahimi, 50enne afgano, e della protagonista Golshifteh Farahani, affascinante attrice iraniana, entrambi esiliati a Parigi. In “Viaggio a Kandahar” era detto che le donne afgane sperano un giorno di venir guardate dagli uomini, dato che possono uscire solo coperte dal burqa.

In “Come pietra paziente” è mostrato un altro aspetto dei rapporti tra uomo e donna: esse non possono parlare liberamente col proprio marito, non vengono ascoltate nemmeno dai padri, le loro opinioni non vengono tenute in conto. Oggetti da proteggere o sopraffare, a seconda delle voglie maschili, o da evitare perfino per la preghiera col mullah, nei giorni del ciclo.


 
È ciò che è avvenuto a questa moglie nei due-tre anni complessivi vissuti accanto al marito, sui dieci totali da quando diciassettenne gli andò in sposa; “sposata con te senza di te” dice, accanto alla sposa vi era solo la foto di lui. Lui è un eroe e come per tutti gli eroi sono importanti ”anima e onore”, solo nelle pause delle sue missioni si concedeva alla famiglia, in questi “riposi del guerriero” si avventava sulla consorte e così - pare - sono nate le due bambine della coppia.

Ma, come dice alla protagonista sua zia, profonda conoscitrice di uomini, “chi non sa fare l’amore fa la guerra”. Questo marito è in stato di coma, con una pallottola nel collo, respira ma è del tutto incosciente. La moglie se ne prende cura e gli parla, continuamente; quello che sembra un racconto, di fatto allo spettatore diventa un fiume di parole che questa può finalmente dire al marito. Lui diventa la sua “pietra paziente” che la solleverà dai pesi che ha dentro: le oppressioni sopportate dalle donne. Gli parla in tranquillità di come furono concepite le bambine, dell’amore e dei rapporti che ha, proprio davanti al marito incosciente, con un soldato talebano, un ragazzo timido e balbettante.
 
La denuncia del regista diventa qualcosa a metà tra grottesco e ironico quando l’uomo, dopo tante cure, si risveglia mentre sente i segreti che lo feriscono nell’onore, quel poco di energia estrema lo avrebbe usato per punire, non per cambiare. Dello stesso autore il libro e il film, di grande valore.

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares