• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Cultura > Cinque scatti per ricordare 90 secondi

Cinque scatti per ricordare 90 secondi

Cinque immagini in bianco e nero, tratte da un reportage a Pescopagano del 1982, dopo il terremoto dell’Irpinia al Mountain Photo Festival di Aosta.


Dal 22 agosto al 20 settembre 2008 la città di Aosta ha ospitato un’iniziativa internazionale che ha coinvolto un intero sistema di relazioni, territoriale e digitale: il Mountain Photo Festival.

 

Un progetto ampio, nel tempo e nello spazio e nel coinvolgoimento di realtà anche molto distanti fra loro; un grande evento che ha parlato di montagna secondo modalità non comuni, fuori dagli schemi della retorica e dell’ovvio. Una montagna che è stata reinterpretata attraverso mostre, eventi, incontri e tecnologie della comunicazione. Il tutto aggregato attraverso una rete di strumenti basati sul social networking e il web 2.0 – un vero e proprio ecosistema digitale.

Le montagne si sono “aperte” consentendo di scavalcare i luoghi comuni reainterpretandoli del tutto. Attraverso il concetto della scalata all’incontrario – la montagna diventa metafora di sé stessa e porta aperta su una coerenza di idee e modelli comunicativi di avanguardia. “Open your mountains”, il titolo del photocamp che si è tenuto durante la giornata conclusiva ben rappresenta il concetto che ha sostenuto l’iniziatva.

Grazie a questa “finestra” e al coraggio intraprendente di Fabrizio Bellavista e dei suoi collaboratori ho potuto utilizzare la montagna in senso esteso per ricordare con cinque scatti di un vecchio reportage (anno 1982) un evento che ha insanguinato una realtà sociale e di cui ancora oggi nel sottobosco della memoria si leggono profonde cicatrici.

L’immagine del treno riporta in modo inequivocabile l’idea di viaggio: in questo contesto la partenza assume un significato fuori dal comune. È esodo forzato, abbandono della terra, evento senza spiegazione razionale.

Ventotto anni fa una scossa di 90 secondi al settimo grado della scala Richter ha stravolto l’Irpinia provocando quasi tremila morti e più di ottomila feriti. Pescopagano è stato uno dei tanti paesi colpiti: in pochi istanti il profilo di un territorio, la popolazione e la sua identità culturale sono stati violentati. La geografia ha assunto una connotazione diversa in cui lo spazio umano ha perso significato e storia.

Il tempo si è fermato: i muri sgretolati, mesi dopo portavano ancora il segno “NO” della non abitabilità. Chi è sopravvissuto ha cercato di restare fra quattro mura ancora in piedi, circondato da case diroccate e baracche “provvisorie” ricavate dai container. Il nuovo panorama si assesterà su questo profilo per lungo tempo; un mondo che sembrava immutabile improvvisamente capovolto, sradicato dalle sue consuetudini. La stabilità, la lineare continuità di un luogo con la sua storia e le sue tradizioni ha perso improvvisamente significato soppiantata da un opposto inatteso che esprime lo spessore della tragedia attraverso i segni indelebili di una terra ferita.




Commenti all'articolo

  • Di MrJones (---.---.---.56) 4 ottobre 2008 20:53

    Belle queste foto.Ma bisognerebbe farla conoscere tutta questa zona martoriata. Complimenti a lei e a chi come Arminio fa conoscere questa zona al limite tra irpinia e Lucania e tengono sempre vivo il ricordo di uno dei più grandi disastri e le conseguenze ancora peggiori. Ma lei è della zona?

    • Di Enrico Miglino (---.---.---.34) 5 ottobre 2008 11:00

      No, non sono della zona ma ho fatto un reportage al tempo durante l’invio dei soccorsi e ho cercato di raccontare l’evento attraverso le emozioni; non quelle che si provano - inevitabili - di fronte ad una tragedia ma quelle che sono emerse dalla gente, tristezza, voglia di ricominciare, voglia di vivere, capovolgimento di una realtà inquietante.
      Sono d’accordo con te che si dovrebbe tenere viva la memoria di questi eventi, non dimenticare... E’ un po’ anche per questi motivi che credo in una stampa libera e indipendente. Personalmente, ho parecchio materiale di questo reportage, sia in b/n che a colori, ci sarebbe da fare un evento di qualche genere, visto che è passato quasi un trentennio. Non credo che siano sparite completamente le tracce di quanto è accaduto allora, se si facesse un sopralluogo ora negli stessi luoghi, anzi...

    • Di MrJones (---.---.---.56) 5 ottobre 2008 13:55

      Beh, no, assolutamente no, le ferite ci sono sempre, sono aperte e c’è chi continua a spargerle di sale. Basta fare un giro a Conza, per esempio o in quelle zone per rendersene conto. E non parlo perché sia di quelle zone (diciamo che lo sono d’adozione, ormai), parlo perché è un’ingiustizia enorme quello che è successo. Ci sono posti stupendi, ancora incontaminati, e sfregi che non permettono di dimenticare, e soprattutto c’è una dignità enorme in quelle persone di cui parli.
      Mi permetto di linkare un pezzo di Arminio uscito un annetto fa: http://www.nazioneindiana.com/2007/...
      vediamo se si riesce a organizzare qualcosa, chissà!

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares