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Chi partecipa alla battaglia contro il razzismo?

Domenica avevo cominciato a scrivere in merito al pogrom di Torino, ma mentre procedevo mi sono spento, avevo come una sensazione di déjà vu. Ho lasciato perdere. Poi ho seguito le reazioni di media e giornali a quel tristissimo evento e ieri è arrivata la quasi-strage di Firenze. Anche in questo caso informazione sporcata da un sostanziale razzismo, evidente nella scelta semantica come dall’appello di presenti e assenti.

Troppi di quelli che ieri hanno parlato in seguito a queste plateali e violentissime esplosioni di razzismo hanno sorvolato velocemente sulla condanna del pogrom e hanno identificato la causa della violenza razzista nella semplice presenza delle vittime, considerate all’ingrosso un bubbone criminogeno.

Molte discussioni sono presto scivolate sul problema rappresentato dalla presenza degli stranieri in condizioni d’indigenza e degrado, senza che ovviamente nessuno pensasse a risolverla in maniera diversa dal vietare la loro presenza. Anche dalle parti del movimento di Beppe Grillo è finita così. 

Oggi accadrà lo stesso, anche per i fatti di Firenze qualche sventurato farà notare che gli ambulanti abusivi sono una piaga e che vivono nell’illegalità. Si sentiranno i ragli di quelli che cercheranno di negare la natura razzista di questi orrori, ma ancora di più si noterà il silenzio di quei maestri del pensiero e della tolleranza sempre pronti a indignarsi per una pernacchia a un potente o per una vetrina sfondata. E questo succederà a destra come a sinistra nell’immobile attesa che il procedere del ciclo delle notizie cancelli la memoria dei fatti e dei loro protagonisti.

Chi non ha esitato a paragonare ai terroristi schiere di cittadini che protestavano legittimamente e pacificamente in difesa di qualche loro interesse diretto, all’improvviso si ritrova afono di fronte a questa tragedia e al suo significato auto-evidente. Tutto già visto, per questo alla fine ho deciso di ricopiare oggi le stesse considerazioni di qualche mese fa, dopo la strage in Norvegia.

Allora ci furono degli irresponsabili che negarono a oltranza che anche nel nostro paese la deriva a destra del 2000 avesse gettato i semi dai quali potevano nascere altri Breivik. E anche che una mano fosse giunta da quella sinistra che, per rincorrere la destra, ha maneggiato maldestramente l’ordine pubblico e supportato politiche securitarie assurde quanto inutilmente populiste. Allora come ora ci fu chi diede la colpa al “multiculturalismo”, alla società multirazziale e multiculturale, invece di dare la colpa ai razzisti assassini e chi li ha eccitati per anni parlando di minacce islamiche, cinesi, gitane e, perché no, omosessuali. Persino il complotto degli avidi banchieri ebraici è tornato oggi di gran moda sull’onda della crisi economica.

Raccogliamo quello che una banda d’irresponsabili ha seminato nell’indifferenza generale.

Adesso che abbiamo il nostro Breivik è ancora più urgente che il paese riesca ad organizzare una risposta “alla norvegese”, di esemplare civiltà, all’evidente minaccia che il diffuso razzismo ha già materializzato nelle strade delle nostre città.

La solita robaccia cerchiobottista non può bastare, tutti i media di destra, centro o sinistra si devono impegnare a bandire il razzismo dal discorso pubblico e ad emarginare bruscamente chi non lo faccia, tutti gli opinionisti “per bene”, tutti coloro che sono impegnati nella comunicazione e nella politica e che vogliano ancora conservare una dignità, devono promuovere uno sforzo congiunto in questa direzione. Per il bene e l’interesse di tutti, anche di quelli che non hanno l’interesse collettivo in cima ai loro pensieri.

25 luglio

La strage di Oslo ha rivelato a tutti i progressisti italiani un’amara verità, per la quale è risultato evidente che l’ideologia esibita in Norvegia da Breivik, che là si sussurra lontano da orecchie indiscrete, nel nostro paese è invece saldamente radicata in buona parte del mainstream e sicuramente anche nella compagine di governo. Che sulla matrice della strage infatti non ha speso una parola di condanna.

La prova provata l’hanno offerta le testate che in questo paese fanno riferimento alla destra parlamentare, su tutte quella del Presidente del Consiglio Berlusconi che negli ultimi due giorni si è trasformata in catalogo d’orrori. Una prima pagina ad accusare della strage “i musulmani”, diversi articoli contro i “musulmani” arricchiti da commenti degni del peggiore nazistume sul sito Internet.

Poi gli editoriali di Fiamma Nirenstein contro i musulmani, di Magdi Allam contro il “multiculturalismo” e la necessità di stroncarlo per evitare nuove stragi (via i negri e non ci sarà razzismo, via i froci e non ci sarà omofobia, via gli ebrei e non ci sarebbe stato nazismo) e infine oggi un articolo di Vittorio Feltri ad accusare (giuro) le vittime della strage di essere giovani egoisti e incapaci d’organizzarsi, perché si sono lasciati ammazzare senza saltare alla gola del killer armatissimo, fidando sulla superiorità numerica.

Immaginate un articolo che all’indomani del 9/11 avesse accusato le vittime dei tre aerei finiti sulle torri e sul Pentagono, di essere stati incapaci di fermarsi a ragionare e d’organizzarsi per rispondere alla minaccia. Lo avrebbe potuto scrivere lo stesso Feltri, se Bin Laden lo avesse assunto per tempo, ma c’è da giurare che sull’autore e sul giornale che l’avesse ospitato si sarebbe riversata l’indignazione dell’intero Occidente.

Immaginate che accusino i vostri giovani figli d’essere stati egoisti ed egocentrici perché, disarmati, sono fuggiti di fronte a un folle che sparava con un mitragliatore e stava facendo una strage, immaginate che chi verga quest’accusa sia ideologicamente affine a chi ha commesso la strage, che abitualmente diffonda idee simili, quando non sovrapponibili, a quelle di chi ha commesso la strage, quel qualcuno è Feltri e lo ha già fatto, solo che voi non siete norvegesi e i figli erano quelli di altri.

Un articolo pubblicato su Il Giornale di Berlusconi, accusando i minorenni uccisi di essere gente incapace di fare gruppo contro la minaccia, che non si preoccupa dell’interesse collettivo. Mica come Breivik che per difendere la sua comunità ha ucciso da piccoli questi pericolosi marxisti e sollecita altri a proseguirne lo sterminio, perché inquinano la cultura che Feltri e i suoi supportano con entusiasmo da quelle stesse pagine.

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E questa è solo la punta dell’iceberg, perché dal servizio del TG1 che attribuiva la colpa della strage ai videogame (!), passando per intere edizioni nelle quali l’unica definizione religiosa usata nei servizi sulla strage è stata “islamico”, fino alla litania di commentatori che si sono spesi sostenendo la teoria della mela marcia (e ancora non è sicuro che la mela sia sola), del singolo folle senza seguito nella nostra società, è stato tutto un fiorire d’affermazioni agghiaccianti improntate al più ostinato negazionismo. Come se il corpus teorico dell’azione di Breivik, che lui stesso si è preoccupato di diffondere, non fosse perfettamente sovrapponibile al tono, ai termini e ai temi del discorso pubblico italiano delle destre italiane.

Non si può certo sperare di redimere un Feltri o un Allam senza disporre di milioni di euro per convincerli a fare i progressisti, così com’è impensabile pensare di far breccia in certe teste cubiche di leghista o di rintronato cristiano che sogna il medioevo, per questo ritengo sia il caso di soffermare l’attenzione su chi siede da tempo sul confine che separa gli arruolati nella crociata razzista e la vasta platea di benpensanti e mal attenti che, come spesso è accaduto nella storia, si stanno dimostrando sordi al ritorno di tempi bui nel nostro paese.

Spesso nella storia è successo così, discorsi inammissibili per una democrazia si sono diffusi come il cancro, mentre le frustrazioni dei cittadini contro governi inetti e corrotti venivano incanalate contro minacce esogene (o allogene) inventate dalla stessa propaganda, che poi ha offerto l’intervento dell’uomo del destino, sulle ali di un’ideologia malvagia imperniata sulla guerra e la repressione del diverso, del non abbastanza bianco o cristiano.

Si sono diffusi contando sul silenzio e sulla complicità felpata dalle gente per bene, dei benestanti che istintivamente non vogliono veder turbato il loro bene stare, degli egoisti e degli ignoranti sui quali le ideologie che si fondano sulla paranoia esercitano un fascino forte e perverso.

Per questo penso che sia il caso di rivolgersi a Pierluigi Battista, per dargli una svegliata e richiamarlo alle sue responsabilità di uomo e di giornalista, penna di uno dei più illustri quotidiani italiani.

Bisogna, è estremamente importante, che Battista si renda conto che il suo commento apparso il 24 luglio sul Corriere è anche peggio dell’articolo di Feltri che se la prende con le giovani vittime del crociato vichingo. Non è più devastante solo perché appare su un quotidiano che vende dieci volte di più del fogliazzo di Berlusconi e che molti ritengono autorevole, ma soprattutto perché liquida il dibattito su un evento come la strage norvegese derubricandolo a una lite tra folli a seguito del gesto di un pazzo.

Battista è un maestro del terzismo apparente, quello che fingendo di non stare da nessuna parte finisce per aiutare sempre la stessa, e anche in questo caso appare evidentemente in soccorso della destra italiana più retriva. Tanto che arriva a negare che esista un problema che riguarda l’emergere prepotente di questo genere d’ideologia, banalizzando l’allarme per l’estremismo crociato e riducendolo alla denuncia da parte di alcuni squilibrati di sinistra dell’esistenza di un misterioso grande complotto dell’estrema destra.

Uno a uno e palla al centro tra gli islamofobi del Giornale e Libero e i mattocchi di sinistra che sparano stronzate, questa è la partita che racconta Battista.

Ipotesi, quella del big complotto, che non ha fatto nessuno e che Battista inventa e oppone come schermo per nascondere al suo lettore tutte le critiche serie e le denunce circostanziate che sono circolate nelle ultime ore a seguito dellastrage.

Non stanno denunciando il grande complotto della destra, quelli che in queste ore s’indignano per gli articoli che Il Giornale sforna a nastro a commento della vicenda. Si stanno scandalizzando perché quelle sono affermazioni da folli che giustificano il gesto del folle norvegese, e incidentalmente dovrebbero dimostrare anche a Battista che non si tratta affatto di un folle solitario e che nel nostro paese ce ne sono parecchi altri, ben piazzati nei media e nella politica.

Sono almeno dieci anni che i nostri media e i nostri politici vomitano sui musulmani e su altre minoranze. Dieci anni nei quali nessun musulmano, nessuno straniero ha attentato all’integrità nel nostro paese. Nella stessa Norvegia non c’è mai stata altra violenza che non avesse una matrice d’estrema destra.

In Norvegia la sinistra non è mai stata protagonista d’atti di violenza e nemmeno gruppi stranieri vi hanno mai operato, l’unico episodio che si ricordi è attribuito al Mossad israeliano, che uccise per errore un uomo a Lillehammer. Ci sono stati invece attentati di destra, omicidi politici di destra, agguati di destra e persino l’esecuzione di due esponenti di destra accusati di essere traditori di un gruppo di destra. Eppure anche in Norvegia la propaganda atlantica ha costruito pezzo dopo pezzo la paura del musulmano, ha allevato e nutrito Breivik e chissà quanti come lui.

Sono anni che i colleghi di Battista ci dicono che dobbiamo aver paura dei musulmani, dei black bloc, dei “terroristi” della Val di Susa, come li definiva ieri Il Giornale in un titolo messo in prima posizione nella home del suo sito, con più evidenza del massacro di Oslo.

Se possibile, questo dispositivo comunicativo è stato ancora di più eccitato dall’attentato, ad oggi non si contano gli interventi che hanno fatto violenza all’intelligenza e alla decenza. Feltri, Allam, Nirenstein, Belpietro, Borghezio e altri agitatori razzisti hanno scorrazzato incontrastati, non un solo politico di destra li ha affrontati, non un solo principe della chiesa si è alzato a zittirli o a tacitare in passato le esibizioni di gente come Marcello Pera, incautamente spacciato per un intellettuale liberale.

Capisco sinceramente lo sconcerto di Battista, per anni ha lavorato in un giornale che ha sostenuto a spada tratta la retorica dello “scontro di civiltà”, sponsorizzato le fallimentari guerre d’aggressione, corteggiato e vezzeggiato la destra italiana più retriva e cialtrona, offerto le terga con piacere alla retorica contro i migranti, i musulmani, i comunisti e via con la paranoia. Adesso è dura guardare questa gente con occhi diversi, scorgere in loro la vera minaccia alla nostra democrazia e alle nostre libertà, eppure sono gli stessi che hanno appena votato e sostenuto la detenzione senza processo fino ad un anno e mezzo per migranti che non hanno commesso alcun reato, mentre si esercitavano nel numero del “liberale garantista” sotto il suo sguardo d’esperto notista politico.

Un giornale il suo, che ha pubblicato e spinto i deliri razzisti della senescente Fallaci, che ha ospitato l’incessante calunnia di Magdi non ancora Cristiano Allam a qualunque cosa puzzasse di musulmano o di progressista. Per non parlare di altri articoli scelti fior da fiore dalla stampa internazionale o della plateale complicità nella propaganda atlantica a sostegno delle guerre contro l’estremismo islamico e prima ancora l’adesione all’isteria anticomunista, sublimata poi in un brutale disprezzo per tutti quelli che non condividevano un pensiero di destra volto al medioevo e intercalato da rutti altrettanto medioevali.

Tutto questo Battista lo liquida definendolo un’ipotesi complottista, una teoria del complotto, ma nessuno ha parlato di un complotto, è tutta roba che stava alla luce del sole, denunciata pubblicamente ormai da anni,

L’esistenza e le attività di questi crociati dell’inciviltà sono continuate indisturbate nelle scrivanie vicine a quella di Battista e lui non ha detto niente, faceva finta di non vedere. Eppure questa solfa è durata anni, è dal 1994 che le Lega ha sdoganato le teorie di Breivik nel discorso pubblico ed è almeno dal 2001 che decine e decine di commentatori le ripetono incessantemente, anche dalle pagine del Corriere della Sera, mentre vengono sdoganati presso l’opinione pubblica come portatori di opinioni legittime come tutte le altre, anche se predicano l’odio e mirano al sovvertimento della democrazia.

Anche ora nel nostro paese, dopo la strage di Oslo, i giornali che fanno riferimento al governo parlano apertamente di “minaccia del multiculturalismo“, di giovani di sinistra smidollati, si accusano le vittime, l’estremo oltraggio.

Nascosto dietro l’uso del termine “multiculturalismo” c’è il no alla società multietnica, il sempiterno razzismo della destra europea appena ridipinto da un velo d’ipocrisia semantica, termine che poi identifica il “nemico interno” in tutti quelli che non abbracciano il delirio razzista. Quelli che vengono dipinti come complici dei barbari alle porte, quinte colonne dell’invasione alla decadenza che viene dall’esterno, complici del nemico e in quanto tali da sterminare. Basta leggere quello che scrivono i fan nei commenti su Il Giornale, per notare il livello d’odio e di violenza che questi italiani di destra esprimono prima di tutto contro i compatrioti, accusati di non essere abbastanza razzisti, di voler arrendersi e consegnare il paese alternativamente al feroce saladino o agli “omosessualisti” che ne vogliono pervertire i costumi.

Non c’è nessun complotto dietro tutto questo, solo il preoccupante ritorno del razzismo a cavallo della reazione agli attentati del 9/11, quando le destre di governo occidentali, e il Corriere della Sera con loro, trasformarono l’atto di un gruppo d’estremisti nella dannazione per tutti i musulmani e in particolare per numerosi paesi islamici, che furono devastati prendendo a pretesto quegli attentati. Bisognava fare così per tornare a vendere la guerra fallimentare e inutile alle opinioni pubbliche occidentali, per superare il blocco psicologico che dal Vietnam in poi aveva impedito all’Occidente il ricorso all’intervento bellico per disciplinare i paesi ribelli o ostili.

Ma con quel blocco è saltata anche l’esclusione dell’estrema destra dal dibattito pubblico, perché per andare in guerra si è sdoganato ed eccitato il razzismo più retrivo e volgare e con esso si è data la stura al revanscismo delle forze che avevano trascinato l’Europa nella tragedia della Seconda Guerra Mondiale, tornate ad alzare la testa ora che le grandi democrazie hanno cominciato ad usare la stessa retorica di radice totalitarista, a sostituire al confronto la propaganda. Personaggi diventati ormai indistinguibili da molti rispettabili politici di destra e di sinistra, che pure hanno aderito a questa sbornia criminale e si sono confusi con i fascisti finalmente “sdoganati” al governo.

Non è una novità delle ultime ore, è un processo lento e massiccio che s’avanza da anni senza che quelli come Battista e il suo pubblico di riferimento facciano una piega o diano un cenno di contrarietà.

Al caro Battista e a quelli come lui vorrei dire che a me è successo, anni fa, di essere definito “odiatore di sinistra” e “amico dei terroristi” in un libro del suo collega Allam, perché gli rimproveravo a ragione quello che oggi Battista cerca maldestramente d’attribuire ad altri: d’essere impegnato nella calunnia infondata di una buona fetta dell’umanità.

Forse anche io nel mio piccolo dovrei chiedere la censura della sua propaganda d’odio e correre a chiedere una scorta per me e la mia famiglia. In fondo sono stato messo all’indice da uno degli intellettuali crociati (Allam usa e nomina la croce in maniera ossessiva) più in vista tra quelli che condividono pubblicamente le idee di Breivik. Uno di quelli duri e stimati dai crociati italiani, che nemmeno oggi tira indietro la gamba e che “prevede” e giustifica altri massacri se non si metterà un freno al “multiculturalismo” tra la ola dei suoi commentatori.

E lo fa dal giornale del Presidente del Consiglio. E lo fanno anche i cattofanatici del sito Pontifex.roma.it, che compilano ridicoli dossier sul mio conto e mi segnalano ai lettori come elemento ambiguo e complice dei cattivi. Una situazione nella quale posso solo sperare che, se mai qualche folle decidesse di farsi braccio armato di questi deliri, rivolga altrove la sua attenzione.

O forse ancora dovrei procurarmi un’arma ed addestrarmi alla difesa, per prepararmi almeno a morire da uomo ed evitare così che Feltri mi prenda pure per il culo da morto.

Non farò niente di tutto questo, anche se l’impressionante statistica delle violenze politiche dell’estrema destra è imponente e in preoccupante aumento, anche se conosco la pericolosità di questi fanatismi. Invece sono qui a rivolgermi a Battista come soggetto numero uno della mia personale campagna da smidollato progressista, che abbraccia senza condizioni la risposta del premier norvegese alla strage. Non tragga in inganno il titolo che riecheggia uno slogan famoso quanto tragico, quello serve ad attirare l’attenzione del geronto-pubblico che condivide la formazione del destinatario di questo appello.

Offro invece a Battista ancora più democrazia, più umanità e più apertura di quanto sia capace d’esprimere abitualmente. Prometto a Battista la mia disponibilità a trascorrere lunghe ore per spiegargli a quattrocchi perché è importante che abbandoni questo atteggiamento negazionista e fintamente cerchiobottista e perché quello che ha scritto è grave, al punto di risultare un’oggettiva complicità con i seminatori d’odio e i propugnatori della rivoluzione crociata che identificano i progressisti e i musulmani con una minaccia esistenziale alla nostra civiltà.

Di più, invito quanti condividano queste riflessioni ad avvicinare quelli che tra i loro conoscenti sono come Battista e a spiegar loro la situazione, senza inutili enfasi e tenendo presente che dalla salute e dalla tenuta morale di quelli come Battista dipende il futuro di questo paese e quindi anche il nostro e quello dei nostri figli. Non c’è una maggioranza razzista e suprematista, ma c’è una maggioranza degli italiani che non è turbata dal razzismo e che, al seguito di Battista e di altri come lui, può scendervi a patti ingannata dai propri egoismi e dall’ignoranza.

È importante che quelli come Battista si rendano contro che c’è una sottovalutazione della minaccia, che comprendano l’importanza di non offrire sponda a predicazioni come quella leghista, che cavalcare l’isolazionismo e il razzismo non è una risposta sensata alla crisi economica e nemmeno servirà ad alimentare altri valori, che non siano quelli patrimonio d’estremisti che disprezzano i diritti umani come un roba da frocetti comunisti.

Per questo invito Pierluigi Battista a diventare il primo terzista che si scuote dal torpore e che si schiera pubblicamente dalla parte dell’umanità e delle democrazia, a dimostrare il coraggio di denunciare per nome i predicatori dell’odio, a condannarne le tesi malate e costituirsi ad argine a difesa della salute del dibattito pubblico, della convivenza e della democrazia in questo paese.

Non voglio più leggere un Battista che minimizza e giustifica. La sua posizione d’editorialista del Corriere della Sera comporta delle responsabilità civili che sono convinto che possa e debba assumersi, lui come i suoi colleghi. Pierluigi Battista deve dare l’esempio, alzarsi in piedi con la schiena dritta e scrivere a chiare lettere che la gente perbene non condivide le parole e le teorie di Allam, della Fallaci, della Lega, di Breivik e del resto del circo crociato.

Ci vuole coraggio, ci vogliono dichiarazioni nette, ci vogliono prese di posizioni coraggiose e bisogna puntare il dito sui responsabili, uno per uno. Non generiche e frettolose condanne a entità confuse e nemmeno generalizzazioni criminali, non tutte le persone di destra nel nostro paese sono messe come Feltri, Allam e compagnia bella e non meritano certo d’essere confuse con gente del genere.

Altrimenti è meglio il silenzio, perché con editoriali come quello di ieri si rischia solo d’alimentare l’orrore e di essere scambiati per i suoi complici, per quegli intellettuali e giornalisti che per amor del quieto vivere si sono voltati dall’altra parte quando si sparava agli oppositori e quando partivano i vagoni piombati che portavano alla morte milioni di europei, colpevoli solo di essere diversi da quelli che si credevano investiti della sacra missione civilizzatrice di ripulire il mondo dai sub-umani, fossero comunisti, ebrei, zingari od omosessuali.

Credo fermamente che Pierluigi Battista e quelli come lui non abbiano niente a che spartire con questi criminali, non credo proprio che i lettori e azionisti del Corriere sentano il fascino di un progetto isolazionista e suprematista. Credo quindi che Pierluigi Battista ce la possa fare anche da solo, ce la può fare lui, ce la possono fare i suoi colleghi come lui e ce la possono fare anche quegli italiani che cazzeggiano incoscientemente sui confini dell’orrore.

Se dovesse servire aiuto però sono disposto a dare una mano e con me mi auguro molti altri che non delirano di complotti, ma che sanno che queste sono battaglie culturali fondamentali per un’evoluzione positiva del nostro paese e della stessa Europa.

Il vero patriottismo e la vera difesa dei valori cominciano qui, dalla ferma difesa della nostra democrazia e della civiltà politica originata dalla Rivoluzione Francese, contro i fantasmi del medioevo ritornante e l’incombere del fanatismo religioso di qualunque matrice. In Norvegia qualche giorno fa qualcuno si è incaricato di tracciare una riga a dividere il medioevo delle crociate razziste, dalla modernità e dalla civiltà che si riconoscono nella difesa dei diritti umani e nell’uguaglianza tra gli uomini.

Da allora anche a Battista e a quelli come lui è chiesto di decidere e dire esplicitamente da quale parte della riga si schierano, non è più tempo d’ipocrisia, terzismi e cerchiobottismi irresponsabili. Quelli che una volta erano solo atteggiamenti ipocriti, ora sono complicità con l’orrore e, se pur quietano le coscienze di tanti, risaltano stridenti all’orecchio di qualsiasi sincero democratico che conosca la pericolosità di certi discorsi. Perché nella storia si ritrovano invariabilmente come premesse dei periodi più bui del continente.

Bisogna che Battista e quelli come lui decidano al più presto se schierarsi accanto a chi è stanco di razzismo e intolleranza e vuole battersi per vivere in un paese democratico e moderno o se salire sul carro di chi invece corteggia, fosse anche solo per opportunismo elettorale, i deliri dei crociati alla Breivik. Domani potrebbe essere già troppo tardi.

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