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Chi detiene il debito pubblico americano

Gli otto anni di presidenza Bush e due guerre dissennate tuttora in corso hanno dissanguato le casse degli Stati Uniti. L'ultimo bilancio in pareggio si è avuto nel 2000 durante l'era Clinton. Da allora il Tesoro americano ha sempre chiuso i conti in deficit (-10% nel 2010), stratificando il passivo nello stock del debito pubblico. Se nel 2000 tale debito ammontava ad un gestibile 60% del PIL, oggi si approssima al 100%, pareggiando di fatto il conto con la ricchezza nazionale.

Attualmente il Paese non può ricorrere con i Buoni del Tesoro perché la facoltà di emettere titoli di debito per garantirsi liquidità non è infinita. La cifra massima, fin dal 1917, è calmierata da un tetto massimo (debt ceiling) fissato dal Congresso, oltre il quale il governo federale non ha la potestà di finanziarsi tramite obbligazioni.

1. L’attuale limite, fissato nel febbraio 2010, ammonta a 14.294.000 miliardi ed è stato raggiunto il 16 maggio. Il segretario al Tesoro, Timothy Geithner è riuscito a metterci una pezza sospendendo i versamenti ai fondi pensione dei dipendenti federali, procrastinando il problema al 2 agosto, fatidica data in cui i liquidi per oliare la pesante macchina burocratica Usa saranno veramente finiti.
L'unica soluzione è l'innalzamento del tetto del debito, altrimenti gli Stati Uniti si troveranno in default tecnico.

2. Il rischio di default che incombe sugli Usa pone l'interrogativo in merito alla sorte del debito stesso. In proposito l'Economist riporta un interessante grafico, elaborato dalla Congressional Quarterly, nel quale vengono riassunti tutti i possessori di Buoni del Tesoro Usa.
L'analisi propone diverse diverse chiavi di lettura.
Essa distingue innanzitutto tra due macrocategorie. Da una parte troviamo il “pubblico”, ossia il complesso degli investitori pubblici e privati, interni ed esterni (8.229 miliardi) e il sistema della Federal Reserve (1.427 miliardi). L'ammontare di titoli detenuto da questa ampia categoria ammonta a più di 9.000 miliardi di dollari. Spiccano in particolare i 1.152 miiardi detenuti dalla Cina, a cui vanno aggiunti i 112 miliardi in mano a Hong Kong e una frazione più risibile a Macao. A seguire c'è il Giappone, creditore fin dai primi anni Ottanta, con 906 miliardi. Terzo posto per il Regno Unito con 333 miliardi e quarto per le companies petrolifere con 221,5 miliardi. Da notare anche il Brasile con quasi 207 miliardi.
Dall'altra ci sono gli enti governativi statunitensi con i restanti 4.613 miliardi. Per la gran parte si tratta di fondi fiduciari per finanziare il sistema del welfare (come i programmi Social Security e Medicare) e la costruzione di infrastrutture. In pratica, se sommiamo questi titoli a quelli detenuti dalla Fed scopriamo che quasi la metà (circa 6.000 miliardi) del debito del Paese è con se stesso, il che non è molto rassicurante. Un po' come avveniva da noi negli anni Ottanta, quando l'allora Ministero del Tesoro apriva linee di credito presso la Banca d'Italia per finanziarsi. L'adesione all'euro, con il conseguente trasferimento delle competenze di politica in tema di monetaria in capo alla Bce, ha posto fine a questa pratica licenziosa.


In secondo luogo, oltre 7.840 miliardi sono detenuti da investitori nazionali, mentre la restante metà è in mano ad investitori esteri. Ciò significa che in caso di default il mercato soffrirebbe non poco, con ripercussioni potenzialmente gravi per la stabilità della finanza internazionale.
Infine, l'ultima demarcazione è tra titoli negoziabili e non. Quasi tutto il debito detenuto dal “pubblico” è negoziabile, ovvero passibile di essere oggetto di scambio sui mercati. Solo una piccola parte (540 milioni) è non negoziabile, dunque emesso in favore di determinati possessori e detenuto stabilmente da questi ultimi.

3. In caso di mancato accordo, l'agenzia di rating Moody's ha già avvertito circa un probabile declassamento del debito degli Usa, i quali perderebbero così la loro immacolata aura della tripla A. L'agenzia, a mercati chiusi, ha reso noto di messo sotto revisione il rating Usa a causa della “crescente possibilità che il limite del debito non venga alzato per tempo, portando a un default sulle obbligazioni del Tesoro”.
In realtà nessuno mette in dubbio la solvibilità degli Usa. I titoli sottoscritti non sono a rischio di mancato rimborso. Il punto è che un probabile declassamento comporterà di conseguenza un aumento dei rendimenti richiesti dal mercato, aggravando così la voce interessi passivi nel bilancio del Paese. E dunque il deficit. Di riflesso, anche i sistemi economici maggiormente interconnessi a quello statunitense (Europa e la Cina) potrebbero subire contraccolpi.
Si capisce come mai l'attenzione di tutti sia rivolta al braccio di ferro tra il presidente Barack Obama e il presidente della Camera John Boehner.

4. In un discorso alla nazione il presidente ha chiesto il sacrificio di tutti.Obama propone un taglio alla spesa di 2,7 miliardi, una maggiore pressione fiscale sui ceti abbienti e l'innalzamento del tetto del debito, il modo da reperire le risorse necessarie per tutto il 2012 - assicurandosi così una campagna elettorale senza patemi d'animo. Secondo i Repubblicani, invece, l'enorme mole di sacrifici dovrà ricadere solo ed esclusivamente sulle spalle dei ceti medio-bassi (direttamente attraverso il fisco e indirettamente tramite pesanti tagli al welfare) senza erodere i ricchi portafogli dei miliardari.
Ormai è chiaro a tutti che il vero obiettivo del Congresso è colpire Obama in vista delle presidenziali 2012, anche a costo di lasciar cadere gli Usa nel baratro. In altri termini, la questione è politica. Pertanto anche se un accordo fosse raggiunto in extremis, pare scontato si tratteràdi una soluzione meramente compromissoria e a medio termine, e non improntata su un ottica di lungo periodo come invece sarebbe necessario.
Con la conseguenza di riportare le parti al tavolo delle trattative (in condizioni simili) fra un anno, ossia in piena bagarre elettorale.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di pv21 (---.---.---.8) 28 luglio 2011 20:06

    Meglio e peggio >

    Le Borse europee sono da tempo sotto pressione della speculazione internazionale. Può apparire male comune il prevalere di segni negativi.
    Doveroso cogliere le sostanziali differenze.

    A fine 2009 Berlusconi dichiarava che eravamo usciti dalla crisi “meglio di altri”.
    Dopo 2 anni la nostra Borsa registra un +3% sui valori minimi del 2009 (anno nero) mentre Parigi oscilla intorno ad un +25%.
    La Borsa di Londra si muove su quota +40% e Francoforte è attestata su un +60%.
    Se i mercati Europei soffrono per i timori non risolti sul default “selettivo” della Grecia e sul deficit USA, la piazza di Milano è lo “specchio” della mancata crescita.

    Le nostre Banche sono sempre più “prudenti” nel concedere credito.
    Confindustria parla di consumi piatti, di investimenti e di export in frenata.
    La manovra finanziaria, approvata in tempi record, non ha frenato la salita degli interessi da pagare sul debito pubblico.
    La crisi, ex ripresa passata a semi-crescita, continua a gravare sul paese come Se fosse Stagnazione

  • Di yepbo (---.---.---.83) 31 luglio 2011 02:36

    E’ mia opinione, che gli Stati Uniti, siano sostanzialmente falliti, ed il dollaro una moneta decotta. E questo, non da "oggi", ma da parecchio tempo. E’ impossibile pensare e, credere che a tale debito sia possibile porre rimedio. Tanto più, se non si intende minimamente eliminare una volta per tutte, le cause che lo hanno generato.

    Ritengo anche, che il rating USA debba essere pesantemente declassato, che sia doveroso declassarlo, e, se le varie agenzie, Moody’s ecc. non fossero sfacciatamente di parte, questo sarebbe avvenuto da tempo.

    Il resto, temo siano solamente voli pindarici, atti a prender tempo, nella speranza che piova la soluzione ad un problema che, soluzione non ha.

    Il braccio di ferro in corso penso sia inevitabile, Obama é un voltagabbana raccontapalle di cui, gli USA non vedono l’ora di liberarsi, e prima é meglio é. 

    Purtroppo, quale sia l’accordo a cui ritengo certamente arriveranno, il problema resterà immutato, anzi lieviterà ancora per prima o poi esplodere.

    E credo questa sia una situazione comune a moltissimi paesi, se non tutti.

  • Di (---.---.---.41) 31 luglio 2011 12:44

    La crisi che viene da lontano

     Se Berlusconi cadesse la crisi non migliorerebbe.

     

     Creata da individui viscidi come lui

     crisi che va ricercata nella cupidigia di una Nazione

    che definirei usando un eufemismo governata dal Male.

     

    Nazione con un governo fantoccio

    e due Governi occulti che rappresentano i due schieramenti politici.

     

     Non fidandosi l’uno de l’altro ogni uno fa i suoi  interessi 

     tenendo all’oscuro il Governo di facciata

    che all’occorrenza dovrà ripianare i danni da loro creati.

     

    Danni che quando si manifestano è tropo tardi per rimediarli

     vedi la crisi Mondiale creata per cupidigia

    senza tenere conto delle conseguenze Mondiali.

     

     Mi chiedo a cosa serve  la comunità EUROPEA?

     non doveva servire a creare una unione Forte

     per difenderci dallo strapotere del male?

     

    La Nazione del Male, per dominare sui mercati mondiali

    non esita a finanziare Guerre .

     

    Quando le fa personalmente ,si inventa armi chimiche che non ci sono

     per chiede  il sostegno delle Nazioni appartenenti a L’ONU

     (organizzazione obsoleta) che permette al male di sopravvivere.

     

    Se da parte della comunità Europea non prevalesse l’egemonia del Potere

     potremmo isolare la (Nazione del Male)

     che con Prepotenza  domina il resto del Mondo.

     

     Altrimenti ci porterà a fondo dando  vita al motto Morse tua vita mea. Vittorio

  • Di (---.---.---.169) 6 maggio 2012 10:00

    l’europa sta pagando il debito pubblico americano. l’euro avrebbe dovuto svalutarsi moltissimo rispetto al dollaro e invce no! paura che l’europa diventi grande esportatore. volenti o nolenti l’unico paese che ci puo’ salvare (come europa) e’ la cina detentore del debito pubblico americano, ma che vede calare le esportazioni verso l’europa

  • Di (---.---.---.145) 17 maggio 2012 20:36

    Non comprendo una cosa, se io sono indebitato con me stesso come faccio a fallire?

    "quasi la metà (circa 6.000 miliardi) del debito del Paese è con se stesso, il che non è molto rassicurante."

    FALSO!

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