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Charlie Hebdo: un’altra provocazione che fa paura

Questa qui a fianco è la copertina dell'ultima edizione del settimanale satirico francese Charlie Hebdo: una vignetta satirica che rischia - purtroppo - di aggravare una situazione già drammatica. Lo scorso sabato una manifestazione salafita non autorizzata di fronte all'ambasciata americana a Parigi ha portato a 152 arresti.  

Il giornale, fondato nel 1970 da un agguerrito gruppo di giornalisti e disegnatori non è nuovo a polemiche del genere. Nel 2006, l'hébdomadaire aveva deciso di pubblicare provocatoriamente le 12 famigerate caricature del profeta Maometto apparse sul giornale danese Jyllands Posten nel settembre precedente, vignette che avevano creato una crisi internazionale senza precedenti.

Notoriamente, la religione islamica proibisce qualsiasi rappresentazione del viso del profeta. All'indignazione delle comunità musulmane di tutta Europa avevano fatto seguito una serie di azioni diplomatiche ai danni della Danimarca (la Libia chiuse la propria ambasciata a Copenhagen, l'Arabia Saudita fece rientrare in patria il suo ambasciatore, il parlamento giordano invitò persino a "castigare" gli autori), per non parlare dei boicottaggi politico-economici, delle minacce di morte e delle violenze che seguirono la pubblicazione.

Un anno fa, poco prima dell'uscita del numero 1011 del settimanale, titolato ironicamente "Charia Hebdo" (la "sharia" è la legge islamica, Ndr), con Maometto come "caporedattore straordinario", la redazione del giornale, al 62 di boulevard Davout, veniva presa d'assalto a colpi di molotov. Bilancio: locali distrutti ma, fortunatamente, nessun ferito. Contemporaneamente, un attacco informatico condotto da un gruppo turco "defacciava" il sito, con scritte inneggianti ad Allah e alla Mecca.

Il numero di quest'oggi è consacrato alle reazioni provocate nel mondo islamico dal del video razzista ed islamofobo "The innocence of muslisms" che ha portato all'attacco, lo scorso 11 settembre, dell'ambasciata USA in Libia, durante la quale ha perso la vita l'ambasciatore Stevens. Il direttore di CH, Charb, sotto scorta dall'anno scorso, è l'autore della vignetta di copertina che recita "Non bisogna prendere in giro" (per la cronaca, "Intouchables" è il titolo originale del film "Quasi amici", con François Cluzet e Omar Sy, candidato agli Oscar come miglior film straniero).

Lo stesso Charb si è così difeso da chi lo ha accusato di alimentare una polemica potenzialmente esplosiva: 

"Se cominciamo a chiederci se abbiamo il diritto di disegnare o meno Maometto, se è pericoloso oppure no, la domanda successiva sarebbe 'possiamo rappresentare dei musulmani nel giornale?', e quindi la domanda diventerà 'per caso possiamo rappresentare degli esseri umani nel giornale?' etc. E alla fine non disegneremmo più niente, ed il manipolo di estremisti che si agitano nel mondo e in Francia avrà vinto". 

Si registrano già le prime reazioni della comunità franco-musulmana. Il rettore della Grande Moschea di Parigi ha invitato a "non gettare benzina sul fuoco" ed ha criticato "ogni forma di provocazione", pur ribadendo l'importanza della libertà d'espressione. Più duro il Consiglio francese per il culto musulmano, che ha ha condannato con forza "l'ennesimo atto d'islamofobia che mira ad offendere deliberatamente i sentimenti dei musulmani". L'organo ha altresì lanciato un appello affinché i musulmani di Francia "non cedano alla provocazione".

Ancora una volta la satira ci spinge ad interrogarci su quali siano i limiti della libertà d'espressione in un ambito delicato come quello dei fondamentalismi religiosi. Nella speranza che il confronto non porti ad altre tragedie come quella di Bengasi. 

Commenti all'articolo

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.96) 19 settembre 2012 12:13
    Damiano Mazzotti

    La non rappresentazione del viso del profeta serviva proprio per non idolatrare il profeta.

    Il profeta sapeva bene i rischi che portano gli esseri umani a seguire l’adorazione di un uomo, fatta da uomini pronti a celebrare e mantenere i difetti degli uomini: la violenza e la sopraffazione delle donne.

    La celebrazione di Dio passa anche attraverso la desacralizzazione dei profeti, che anche nel mondo ebraico non hanno esitato a celebrare il culto della guerra, nel momento in cui la guerra serviva ai loro scopi.

    Però le vignette sono vignette e l’Islam dovrebbe modernizzarsi, anche perchè le parole scritto quasi sempre non permettono di far passare l’umorismo e i doppi sensi, cosa in cui invece molti profeti come Maometto erano maestri.
     
    In estrema sintesi bisogna ammettere i forti limiti emozionali e relazionali delle parole scritte, che senza codici non verbali e senza rappresentazioni figurative non permettono di capire tutti i significati espressi (cosa che nelle vignette avviene attraverso la rappresentazione umoristica). E in molti casi la verità si può dire solo scherzando...

  • Di Barev (---.---.---.17) 19 settembre 2012 12:34

    Interessante articolo.
    Devo ammettere che si tratta di una situazione che mi confonde non poco. Sono dell’idea che la satira debba essere libera, svincolata da ogni limite, altrimenti diviene un divertissement a senso unico. Ma è anche vero, come si fa notare nell’articolo in questione, che ciò può portare a gravi conseguenze, come le vignette di Maometto qualche anno fa, e l’episodio di Bengasi.
    Una situazione quasi paradossale: la libertà è importante, ma è bene anche salvaguardare i cittadini dalla furia intransigente del fanatismo religioso.

  • Di Danilo Rota (---.---.---.118) 19 settembre 2012 12:36
    Danilo Rota
    Condivido pienamente le parole del direttore di "Charlie Hebdo", il vignettista Charb, riportate nell’articolo.
    Il principale compito della satira (quella vera) è sbeffeggiare ogni potere, conformismo ed estremismo.
    Il fatto che poi i potenti, i conformisti o i fondamentalisti si arrabbino è un’ulteriore prova dell’egregio lavoro svolto dall’’autore di satira. 
     
  • Di (---.---.---.21) 19 settembre 2012 18:40

    Quello che succede ogni volta che si va a toccare il "profeta" è sotto gli occhi di tutti. Ogni reazione è subordinata alla "cultura" della parte lesa. La corona britannica si è accontentata della restituzione degli originali degli scatti della bella principessa e non ha iviato gli aerei a bombardare il giornale reo della pubblicazione delle foto.

    La maggior parte del mondo islamico non ha niente, solo caffettani e lunghe barbe.

    L’unica loro ricchezza è il corano ed il profeta.Vivono per quello e basta. Tutto il resto viene dopo.

    Al di la di facili considerazioni, resta inattaccabile il concetto che ogni credo vada rispettato e che non bisogna cadere nell’errore di giustificare, con pseudo libertà di pensiero, l’offesa ai sentimenti religiosi di chicchessia.

    Il motivo per cui ci meravigliamo tanto di tali reazione (comunque inaccettabili) è perchè abbiamo perso ormai da alcuni secoli il senso religioso. A noi ci possono dire qualunque cosa sulla fede o quant’altro che non ci interessa più di tanto.

    Ma dimentichiamo quando anche la nostra giornata, secoli addietro, era scandita dal suono delle campane e c’erano alcuni organi di vigilanza sulla fede tipo inquisizione...?

    Ebbene impariamo innanzitutto il rispetto per i sentimenti altrui ed interroghiamoci sui nostri.

    Siamo proprio certi di essere sulla giusta strada?

    Giovanni Piccolo.

     

     

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