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Cattivi magistrati e cattivi giornalisti

I trasferimenti non riguardano solo i magistrati scomodi. Dopo De Magistris, anche i giornalisti troppo zelanti, come Carlo Vulpio, sono costretti ad abbandonare le loro inchieste. Un favore del Corriere della Sera a qualche amico potente?

Non è una "censura" nel vero senso della parola, ma poco ci manca.
Carlo Vulpio è uno dei pochi giornalisti seri che in Italia scrivono ancora articoli scomodi, denunce che non si fermano davanti ad alcun colore politico.
Per il Corriere della Sera seguiva da più di un anno le inchieste di De Magistris in Calabria e Basilicata, raccolte anche in un libro "Roba Nostra", edito da Il Saggiatore.

Insieme ad Antonio Massari (La Stampa) è il cronista più informato sui casi "Why Not", "Poseidone" e "Toghe Lucane", che delineerebbero uno scenario criminoso "peggiore di Tangentopoli", come annunciato da Carlo Azeglio Ciampi e Primo Greganti. 

L’ultimo suo articolo risale al 3 dicembre: un servizio sulle perquisizioni ed i sequestri della Procura di Salerno, con tanto di nomi di chi compariva negli atti giudiziari non più coperti da segreto istruttorio. Ciò che
deve fare comunemente un giornalista, per dovere deontologico nell’offrire una corretta e precisa informazione ai suoi lettori.



Sarà una coincidenza, ma la sera stessa della pubblicazione dell’articolo, riceve una telefonata del direttore Paolo Mieli (come racconta Vulpio sul suo blog) che gli comunica l’esonero dalla copertura delle indagini che stava seguendo nei suo viaggi tra Catanzaro, Salerno, Potenza, San Marino, Roma e Lamezia Terme.
Semplice scelta editoriale? Oppure una chiara ed evidente rimozione forzata, coatta, imposta magari da qualche "amico" potente?
O semplicemente il vizio tutto nostro dell’auto-censura preventiva?

Se fosse così sarebbe un episodio davvero grave, sul quale riflettere a lungo.
Dopo De Magistris ed i magistrati scomodi, anche i giornalisti troppo scrupolosi non sono esenti dal "trasferimento".

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