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Campania: racconto di una terra

Cosa vuol dire vivere in una realtà paradossale, dove il quotidiano vive e si nutre della criminalità organizzata. La vera forza della camorra risiede non in chi è criminale, ma in chi è onesto e rimane in silenzio. Guardare con gli occhi del filosofo alla realtà campana per non finirne immischiati è l’unico modo per sopravvivere.

I militari Usa si interrogano sulle troppe malformazioni che colpiscono i neonati delle famiglie americane di stanza in Campania. Esaminano l’acqua e la scoprono inquinata. Esaminano il terreno e lo scoprono inquinato. Esaminano l’aria e la scoprono inquinata. "Ma questa non è la Campania Felix, decantata da poeti e letterati di ogni secolo, fin dai tempi di Strabone e Virgilio?" si domandano perplesse e preoccupate le autorità americane. Eppure gli Americani dovrebbero esserne esperti; hanno deforestato e distrutto Paesi come il Vietnam, riempiendoli di napalm e bombe chimiche. In Campania succede una cosa uguale in tutto e per tutto, che avviene però in modo più silenzioso. Un aumento spaventoso delle patologie tumorali fra le persone. Si stima che sia stata sversata nei terreni una quantità di rifiuti pari a due volte l’Everest. E stiamo a guardarci fra di noi, come degli idioti, interrogandoci su delle cose così scontate e così palesi...

Gli sversamenti non avvengono necessariamente in modo nascosto, ma anche alla luce del sole. Perfino sul terreno di uno stabilimento balneare in piena stagione turistica. Il procedimento è più o meno questo: si sceglie il posto più adatto dove sversare i rifiuti acquisiti a basso prezzo da una ditta, in questo caso materiale inerte proveniente da un cantiere edilizio, ovviamente privo di cartelloni e d’ogni autorizzazione. Ma che fa, qui la polizia non passa mai, si preferisce concentrare 1500 agenti a Chiaiano per aprire l’ennesima ferita nel territorio campano. Il comandante della locale caserma dei carabinieri era stato arrestato, per poi essere rilasciato, perchè informatore dei Casalesi. A proposito, che fine hanno fatto dopo tanto clamore mediatico? Svaniti!

Viene arruolato un gruppo di persone, spesso immigrati africani, che stazionano lungo la Domiziana o in qualunque altra parte fra casertano e napoletano in attesa d’un lavoro.

Il procedimento è rapido: una ventina di queste persone comincia frettolosamente a scavare, dinanzi a centinaia di persone (d’estate gli stabilimenti balneari del litorale domizio diventano un carnaio) di Napoli e province. Abbassano tutti la testa e fanno finta di non vedere, sanno già che dietro c’è la camorra, ma nessuno osa aprire la bocca o dire la sua, chi comincia a sussurrare viene immediatamente zittito da amici e parenti: <<Sssh! Lieva occasione, lieva mano>>. E’ il mormorio più gettonato. D’un tratto spunta dal nulla un camion che scarica robaccia d’ogni genere nella fossa appena aperta. Il tutto viene poi ricoperto in fretta e furia.


Finita l’operazione il teatrino popolare riprende nello stabilimento, e le urla dei bambini unite alle canzoni neomelodiche a tutto volume, provenienti dalle automobili, si uniscono all’odore acre delle salsicce e della carne sulla griglia dei bagnanti. Più in lontananza si scorgono un paio di fumi neri: sono i roghi di mondezza che appestano quotidianamente l’aria di tutto l’hinterland napoletano. Da Scampia in poi è un inferno di fuoco, che ormai abbraccia tutta Napoli.



Questi criminali offrono prezzi ottimi per sversare i rifiuti delle ditte di edilizia di tutto il casertano. Camminando per il litorale domitio o per l’omonima strada si possono facilmente scorgere degli enormi macchinari industriali arrugginiti coperti da canne di bambù, le aree dove vengono continuamente dati alle fiamme rifiuti di ogni genere, dagli elettrodomestici all’amianto, su cui vengono aggiunti numerosi pneumatici. Non v’è giorno che non vengano scaricati o bruciati rifiuti, in Campania. Dei mitici checkpoint dell’esercito rimangono solo i titoli dei notiziari televisivi.

Villaggio Coppola, Mondragone, Castelvolturno. Un altro triangolo della morte oltre a quello di Acerra, Marigliano e Nola. Anche la Provincia casertana, come quella napoletana, deve avere il suo. La camorra è così vicina, così inserita nella vita quotidiana; le sue ville, azzurre su uno sfondo grigio-marrone sono così spudoratamente messe in bella mostra in queste cittadine che davvero bisogna rendere onore a quel centinaio di persone africane che si ribellò a Settembre dopo la famosa strage di San Gennaro. Dove sono gli abitanti della zona? Si fanno scudo dei neri? Preferiscono il clan dei Casalesi alla mafia nigeriana? Forse non capiscono che non vi sarebbe alcunchè di criminale se non vi fosse la camorra.

Perchè ai ragazzi, anche di buona famiglia, brillano gli occhi quando parlano di loro amici figli di boss o semplici affiliati? Perchè si vantano delle loro conoscenze? Perchè parlano del clan del proprio quartiere come se stessero parlando della propria squadra di calcio che va ad affrontare una rivale?

Il camorrista può essere benissimo il barista, il gommista, la persona conosciuta in spiaggia, il tuo amico di sempre; ma anche l’avvocato, l’imprenditore, il notaio conosciuto per la sua diligenza ed affabilità.

C’è chi dice che il confine fra camorra e società civile sia fin troppo sottile: errore, non v’è alcun confine. C’è chi dice che parlando così di Napoli e della Campania si creano pregiudizi fuori di qui. Errore, l’ipocrisia è la prima nemica di questa terra e il silenzio è mafioso, come dice Di Pietro. L’economia italiana, in tempo di crisi, si regge anche sugli investimenti che partono dai clan di questa parte del suo territorio. Nell’ultima puntata di Annozero sull’economia, invece di proporre i noiosi monologhi di Tremonti, bisognava ricordare ciò.
ù

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