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Burle e segreti. Il Giornale attacca: “Ecco il dossier Marcegaglia, scritto dagli altri”

Vittorio Feltri: “Porro è un burlone”. Il Giornale attacca: “La colpa è degli altri giornalisti. Il dossier lo hanno fatto loro”. Ma le fughe di notizie avrebbero potuto permettere al Giornale di far sparire le tracce di un eventuale vero dossier contro la presidente di Confindustria.

Era tutto uno scherzo, spiega Vittorio Feltri nel suo editoriale di prima pagina su Il Giornale di oggi. Nicola Porro è “un burlone” che al telefono scherzava con “un amico”. Un amico che deve sentirsi trascurato se, per stessa ammissione di Porro al telefono, ha ricevuto solo cinque telefonate “in cinque anni”. Ma non importa, la difesa de Il Giornale è inattaccabile. Come quella del rapinatore che entra in banca, minaccia il cassiere con una pistola giocattolo, lo spaventa, poi getta il passamontagna e ride: “Ma io scherzavo!”. Ecco, Nicola Porro (“i cui scherzi sono noti a chiunque nell’ambiente giornalistico”, scrive oggi Feltri) non voleva minacciare e ricattare davvero il portavoce della Marcegaglia, voleva solo spaventarlo un po’. Così, per vedere l’effetto che fa e riderci sopra. I veri colpevoli sono gli altri. Il titolo di apertura de Il Giornale recita: “Ecco il dossier sulla Marcegaglia: lo hanno costruito l’Espresso, Il Fatto Quotidiano, La Repubblica e l’Unità”. Spiega Feltri nel suo editoriale: “A titolo pedagogico, oggi forniamo la prova che altri giornali si sono nel tempo dedicati alla famiglia Marcegaglia con vari articoli severi. È stato sufficiente raccoglierli e, come d’incanto, è nato un dossier”. 

All’interno del giornale, in quattro pagine di “Dossier Marcegaglia” sono stati raccolti undici articoli, anche dal Corriere della Sera e dal Sole 24 Ore, tutti sulle ombre del gruppo imprenditoriale della presidente di Confindustria. Così oggi su Il Giornale si possono leggere pezzi a firma di Emilio Randacio, Vittorio Malagutti, Marco Travaglio, Luigi Ferrarella e Luca Piana. Finalmente, dopo anni di frustrazioni, anche i lettori del quotidiano che fu di Montanelli possono tornare a leggere notizie di qualità.

Accusa Feltri nel suo editoriale: “I colleghi sofisticati scaricano su di noi i peccati commessi da loro”, ovvero “utilizzare materiale giudiziario al fine di porre in cattiva luce la signora Emma i suoi cari”. Con una differenza, però. Quando Randacio e Galbiati raccontano su la Repubblica le indagini della magistratura sul gruppo Marcegaglia lo fanno perché ne sono appena venuti a conoscenza, non perché la presidente di Confindustria ha rilasciato un’intervista che a loro non piace. Quando Ferrarella scrive sul Corriere del patteggiamento di Antonio Marcegaglia, fratello di Emma, di una condanna per corruzione, il fatto risale al giorno prima. Nessuno dei giornali ritagliati dai “segugi” de Il Giornale ha avvertito la Marcegaglia di quello che stava per pubblicare. Tantomeno hanno mai pensato di non pubblicare le notizie in cambio di un’intervista o della rettifica delle sue opinioni sul Governo. Hanno solo riportato delle notizie vere per informare i lettori, e non per punire qualcuno. Questa è la differenza che Feltri non riesce a concepire, ma va capito: l’idea che si possa fare giornalismo al servizio del lettore, anziché del padrone, va contro la sua natura.

Questo scandalo, almeno, un risultato positivo l’ha avuto: per la prima volta dopo due mesi ininterrotti il titolo d’apertura de Il Giornale non è dedicato a Fini.

ps. Nicola Porro lamenta nel suo articolo che la Procura di Napoli ha fatto avere l’audio delle intercettazioni ai giornalisti de Il Fatto anziché a lui, violando la legge (“violazione delle norme a tutela dell’indagato”, scrive). Gli consigliamo di fare un colpo di telefono al suo avvocato (che le ha ricevute prima de Il Fatto) e di ripassare la procedura penale (il segreto investigativo cade quando gli atti di indagine sono conoscibili dall’indagato, art. 329 c.p.p., da quel momento il pm può passarli a chi vuole). Poi, semmai fosse scandalizzato dalle fughe di notizie, si senta libero di sfogarsi con il suo direttore Sallusti, che già domenica era informato sull’esistenza di intercettazioni telefoniche con la voce di un giornalista de Il Giornale anche da parte di una procura “al Sud”. La fuga di notizie ancora segrete è arrivata alle orecchie degli indagati ancora prima della perquisizione, permettendo loro (almeno in linea teorica) di far sparire le tracce di un eventuale dossier contro la Marcegaglia. Certo, è un vero scandalo che dalle procure escano notizie segrete che arrivano ai giornalisti indagati prima dei mandati di perquisizione. Fortuna che c’è Porro a battersi per la giustizia: domani scriverà che le fughe di notizie segrete a Il Giornale sono illegali, ne siamo sicuri.
 
LEGGI: Bufala o Porro? Il dossieraggio vero o presunto del Giornale contro la Marcegaglia
 

Commenti all'articolo

  • Di pv21 (---.---.---.196) 9 ottobre 2010 17:45

    Chi pensa che i reporter del Washington Post tenessero in ufficio le prove da usare per lo scandalo Watergate? Chi crede che per incassare il pizzo i mafiosi debbano ogni volta esibire pistole, mitra o bombe? Da quando le inchieste-dossier di giornalisti "impegnati" sono diventate il collage di articoli pubblicati da altri? Forse da quando "nessuno più si vergogna" (come ha detto Romiti). Forse da quando si è perso il senso ed il significato di Parola e Merito …

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