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Bufala o Porro? Il dossieraggio vero o presunto del Giornale contro la Marcegaglia

“Sono stati poi bravissimi gli inviati del Giornale e gli altri colleghi che si sono interessati alla vicenda a correggere le imprecisioni, cercare conferme, trovare nuovi particolari: è stato un bell’esempio di giornalismo investigativo, raro di questi tempi, di cui vado fiero per la nostra categoria”. Livio Caputo ieri, su il Giornale.

Tira in ballo persino lo scandalo Watergate, Caputo, dichiarando solennemente che “la storia ci darà ragione”. E che solo quelli “che non sanno a cosa attaccarsi continuano a vaneggiare di dossier e a accusarci di spargere fango”.

Già, si tratta solo degli sproloqui di qualche giustizialista dietrologo o, al massimo, delle affermazioni concitate di tre o quattro pasdaran finiani, pronti a fare gruppo attorno al loro capo colto sul fatto. Forse. Peccato che ad essere stati sorpresi con le mani in una pasta densa fatta di dossier, segugi ed intimidazioni, siano stati ieri proprio i colleghi dello stesso Caputo.
 
Ma facciamo un passo indietro, ad un titolo che potremmo definire preventivo. Lunedì scorso il Giornale apriva con una prima pagina inquietante, dai toni accusatori: “Gli abusi della magistratura. I pm spiano i telefoni del Giornale”. Il direttore Alessandro Sallusti lanciava l’allarme con un infuocato editoriale: “abbiamo la certezza che almeno due procure della repubblica, una a Nord e una a Sud, tengono sotto controllo i telefoni e i telefonini di direttori e vicedirettori de Il Giornale”.
 
Come l’hanno saputa con “certezza” questa notizia, è cosa che vorremmo tanto chiedere a Sallusti. Qualche indizio forse può darcelo lui stesso: “i magistrati sono curiosi di sapere che cosa diciamo al telefono perché non si sa mai, magari qualche cosa si scopre: una battuta, una frase che può essere indizio di reato o di gossip privato da passare al momento giusto a ricattatori fabbricanti di dossier”.
 
Proviamo ad unire i puntini delle coincidenze: la battuta, l’indizio di reato, il gossip privato, i ricattatori ed i fabbricanti di dossier. Che il nostro caro Sallusti sapesse già che qualche suo giornalista aveva fatto la frittata? Ma andiamo per ordine.
 
Così facendo, tra sirene, accuse e rivelazioni, arriviamo a ieri. Quando si scopre che lo stesso Sallusti ed il vicedirettore Nicola Porro sono stati iscritti nel registro degli indagati dalla procura di Napoli, con l’ipotesi di reato di concorso in violenza privata (art. 610 del codice penale) ai danni della presidente di Confindustria Emma Marcegaglia. A seguito di ciò i due pm, Vincenzo Piscitelli e Henry Woodcock, hanno ordinato la perquisizione della redazione del Giornale e delle abitazioni dei due indagati. Il procuratore Giovandomenico Lepore, che ha autorizzato i controlli, sottolinea che i magistrati “stavano indagando su altro” e che il reato è emerso nel corso di un’altra inchiesta.
 
Tutto sarebbe partito dall’intervista rilasciata al Corriere dalla stessa Marcegaglia, il 15 settembre scorso, nella quale la presidente di Confindustria ha avuto parole critiche contro il governo. Il giorno dopo Sallusti risponde prontamente alla Marcegaglia dalle pagine del Giornale e, contestualmente, Porro invia un sms al portavoce di questa, Rinaldo Arpisella, dal testo piuttosto ambiguo: “Ciao Rinaldo domani super pezzo giudiziario sugli affari della family Marcegaglia”. Segue una lunga telefonata tra i due nella quale il vicedirettore del Giornale si scatena: “adesso ci divertiamo, per venti giorni romperemo il cazzo alla Marcegaglia come pochi al mondo!”. Inoltre, a quanto pare, Porro avrebbe sottolineato che non sta scherzando, e che avrebbe “spostato i segugi da Montecarlo a Mantova”.
 
Una frase del genere, detta proprio nell’occhio del ciclone dello scandalo Fini-Tulliani per la proprietà del celebre appartamento monegasco, avrebbe suscitato i timori della stessa Marcegaglia, la quale telefona al presidente di Mediaset Fedele Confalonieri, chiedendogli di placare i cani da guardia del quotidiano di Paolo Berlusconi (di cui la Mediaset, tra l’altro, possiede il 40%).
 
La redazione del Giornale indice ieri pomeriggio una conferenza stampa per difendere, giustamente, i propri giornalisti. I toni di Vittorio Feltri sono quanto mai energici ed eleganti. Sostiene che Porro sarebbe semplicemente stato “un pirla”, perché avrebbe “cazzeggiato” in quel modo con il suo amico Arpisella; che si trattava chiaramente di "uno scherzo” e che, a loro del Giornale, della Marcegaglia non “gliene frega niente”; che è una che parla sempre, che “fa venire il latte alle ginocchia” e che, diciamocelo, “ci ha anche rotto i coglioni”.
 
La versione della boutade viene ribadita dallo stesso Porro, che sostiene di essere amico di Arpisella da anni, ed invita a pubblicare gli audio delle intercettazioni, dal tono delle quali sarebbe chiaro che lui stava solo scherzando. Il che, sia detto, potrebbe anche essere vero.
 
Se non fosse che c’è qualcosa che non torna. Che motivo c’era di prolungare il simpatico scherzo ancora per diversi giorni? Sì, perché le telefonate tra Porro e Arpisella continuano ben oltre quel 16 settembre. Il 22 settembre, ad esempio, Porro ha un tono molto meno ambiguo: “dobbiamo trovare un accordo perché se no non si finisce più qui... la signora se vuole gestire i rapporti con noi deve saper gestire... quello che cercavo di dirti è che dobbiamo cercare di capire come disinnescare in maniera reciprocamente vantaggiosa, nel senso diciamo delle notizie, delle informazioni, della collaborazione no...”.
 
E basta dare un’occhiata al blog dello stesso Porro per rendersi conto di come circa la metà degli interventi siano attacchi alla “Sciura” ed all’attuale gestione di Confindustria.
 
Il timore fondato che non si sia affatto trattato di uno scherzo esiste. Suffragato oltretutto dalle numerose intercettazioni, dalla reazione della stessa Marcegaglia, dai precedenti casi di linciaggio mediatico di cui si è “occupato” il quotidiano di Feltri (ricordiamo solo i vari Dino Boffo, Veronica Lario, Gianfranco Fini) etc., etc. Per quanto riguarda l’altro protagonista della vicenda, il dottor Rinaldo Arpisella, questi si è trincerato, finora, dietro un silenzioso “no comment” (non risponde al telefono da ieri pomeriggio).
 
Chissà cosa ne pensa oggi Livio Caputo, se è ancora convinto che la storia darà ragione a lui ed ai suoi prodi ed impavidi colleghi. E chissà cosa ne penserebbero davvero i due eroici - loro sì - giornalisti dello scandalo Watergate, Bob Woodward e Carl Bernstein, di questa versione all’italiana de tutti gli uomini del presidente. Di quel presidente. 


LEGGI: Burle e segreti. Il Giornale attacca: "Ecco il dossier Marcegaglia, scritto dagli altri"
 

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