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Brancher: autogol del Governo

Brancher: autogol del Governo

Il comunicato ufficiale del Quirinale sulla vicenda Brancher è la definitiva pietra tombale di una vicenda già di suo indigeribile. Non si è capita la necessità di una nomina del genere, vale a dire di un Ministero le cui competenze erano di fatto già affidate ad Umberto Bossi (che infatti, pur essendo molto legato a Brancher ci ha messo un secondo a dichiarare che “esiste un solo ministro del federalismo, e sono io“). Non si è capito, inoltre, il perché di una nomina così improvvisa, quando c’erano ben altre urgenze come l’investitura dell’ancora vacante titolare delle Attività Produttive. L’unica ipotesi praticabile è quella, sollevata dall’opposizione, di una nomina con il solo scopo di salvare Brancher dal processo che ha in corso, attraverso lo scudo del legittimo impedimento. Un’ipotesi che ha del disgustoso. Ipotesi che, però, diventa molto concreta quando, oggi, i legali del Ministro Brancher ricorrono immediatamente al legittimo impedimento. Con una fretta che è raccapricciante.

E se il primo atto di un Ministro della Repubblica appena nominato è invocare il legittimo impedimento allora l’ipotesi diventa realtà. Con elementi anche da dilettanti, perché invocare lo scudo per “organizzare il Ministero” è inaccettabile, tanto da provocare la nota di Giorgio Napolitano. Una presa di posizione, quella del Capo dello Stato, che non ha precedenti e che trasmette una certa irritazione. Probabilmente Napolitano si è sentito, e pure giustamente, tradito: le rassicurazioni sulla bontà della nomina erano quindi balle.

Una vicenda, per questi motivi, inaccettabile. E gestita pure peggio. Politicamente un autogol clamoroso. Perché, e ne siamo sicuri, anche una futura eventuale condanna dell’imputato Brancher, considerata la sua poca esposizione mediatica, sarebbe finita in secondo piano, come tante altre. Invece, per come è stata gestita, questa vicenda non riguarda più il solo Brancher, ma direttamente il Presidente del Consiglio, l’intero governo e tutta la maggioranza. E per Berlusconi è diventata una sconfitta. E pure pessima.

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