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"Basaltica", i vini artigianali della Garganega

Tre generazioni di Marchetto nella gestione della cantina: nonno Emilio, papà Luciano, ora il figlio Federico. Tre amici legati dalla passione per i vini non solo per mestiere, ma per profonda amicizia e spirito di rinnovamento: Federico Marchetto, titolare della cantina, Matteo Franchetto, enologo e Junior Jader Framarin, ingegnere, la voce “fuori dal coro”: creativo, storico del territorio e innovatore negli obiettivi. Che sono nientemeno alcuni dei “goals” dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite: salute e benessere; lavoro dignitoso e crescita economica; imprese e innovazione; consumo e produzione responsabili; frenare la perdita di diversità biologica. Tutto questo è il progetto “Basaltica”, nato nel 2019 dai tre amici, con la produzione di due vini inconsueti, a partire dai nomi “Zygo” e “Ryo”.

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IL PROGETTO

“Basaltica” è nata dal dispiacere nel vedere il nostro vitigno tipico, la Garganega, declinare negli ultimi anni e venire soppiantata da varietà alloctone come il Prosecco o Glera, nonché messa in ombra da piani commerciali che non le hanno dato valore” spiega Junior. “Noi siamo cresciuti con la Garganega e mi piace valorizzare i prodotti del mio territorio anche quando viaggio. Assaporo i prodotti del luogo in cui mi trovo, li scambio con quello che porto da Gambellara”.

“La Garganega è un’uva particolare, che permette una produzione di vini molto ampia: dai fermi da tavola al Vin Santo, passando per spumanti a metodo classico, che non hanno nulla da invidiare a nomi ben più famosi” precisa Federico. “Gambellara ha un po’ perso il treno, restando nascosta dalla fama dei vini più noti. Dal punto di vista commerciale, ai nostri produttori la Garganega viene pagata 25-30 cent/€ al kg. Molti contadini, con vigneti a fine vita o per scelta hanno deciso di cambiare varietà, es. con il Prosecco. Il grave è che viene fatto sia in pianura che in collina, dove la Garganega dovrebbe essere maggiormente tutelata”.

Coinvolgere il territorio: ecco uno dei goal. “Se il contadino mantiene il vigneto di Garganega, seguendo il nostro protocollo, noi siamo disposti a pagare di più, fino a 50-60 cent/€ al kg e ci auguriamo anche di poter aumentare questa remunerazione” spiega Junior. “Se il mercato ci sosterrà, noi vorremmo salire anche con il prezzo al produttore, il coinvolgimento dei contadini è indispensabile per una produzione di qualità, già altre cantine a Gambellara lo fanno”. Ed ecco un altro goal, lavoro dignitoso e crescita economica.

Grazie al lavoro dell’enologo cambia anche il modo di fare vini, non convenzionali, partendo dai trattamenti nel campo, alle lavorazioni in cantina, all’uso dei lieviti che non stravolga il senso del vino (es. usando lieviti esteri). I tre amici vogliono dimostrare che la Garganega è un vitigno su cui investire, non obsoleto, che si presta a molte varianti per la sua storica versatilità (altro goal, la biodiversità).

“Il nostro prodotto rientra nell’ambito dei “vini naturali”, anche se questa è una terminologia borderline, in po’ inflazionata. Commercialmente possono starci anche vini con difetti, alla vista, all’olfatto, al gusto” commenta Marchetto. “Preferisco chiamare i nostri vini “artigianali”, ben lavorati in cantina. Il cervello conosce a istinto sapori, odori, quindi dobbiamo dare un prodotto gradevole. Usiamo uve biologiche, di buona qualità, in cantina viene fatta fermentazione naturale sfruttando la buccia dell’uva. Abbiamo rinnovato la tradizione dei “vini macerati”, cioè dei bianchi fermentati con le bucce, come i rossi, che danno un bel colore dorato. L’enologo ha costantemente monitorato la fermentazione e si è vista la presenza del nostro “zygosaccaromyces gambellarensis”, il lievito tipico dei vini di Gambellara, scoperto una decina di anni fa dal Consorzio Vini con l’Università di Verona nel Vin Santo. Ma con il Covid-19 abbiamo deciso per una produzione più giovane, meno lunga da lavorare. Anche se con i “picai” (tecnica di appendere i grappoli a uno spago per farli appassire durante l’inverno in luogo fresco e arieggiato, ndr) abbiamo creato altre linee di vino. E con la macerazione, abbiamo ripreso l’unica tecnica di vinificazione usata in passato”.

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Gambellara I basalti colonnari del Parco San Marco

I VINI

“Zygo” è il top di gamma, per piatti importanti (arrosti, brasati, cacciagione, ecc), con macerazione sulle bucce per tre settimane e poi maturazione di sei mesi in botti di rovere esauste di Vin Santo. “Sull’etichetta abbiamo voluto ricordare i basalti colonnari, simbolo del terroir di origini vulcaniche e ha una lavorazione tattile in rilievo, si “tocca” il basalto. Bottiglia nerissima, come i pregiati vini rossi” racconta Junior. “E sul retro della bottiglia una piccola storytelling che racconta il nostro progetto”.

L’altro è “Ryo”, in omaggio al Rio, il torrente che attraversa Gambellara, con macerazione sulle bucce di una settimana, sosta in acciaio per qualche mese, poi rifermentazione con mosto di uva Garganega passita. “E’ un vino più fresco, giovane, agrumato, con un deposito di lieviti che consigliamo di agitare per metterli in sospensione e godere delle note più doclci, armoniose, meno taglienti”, spiega Federico. L’etichetta stilizzata ricorda lo scorrere del fiume, c’è sempre lo storytelling. 

Anche i tappi delle bottiglie sono personalizzati, creati da un maestro orafo, apposta per “Basaltica”. Ma perché Basaltica?, chiediamo ai creatori: “Perchè è l’acronimo di basalti+vulcanica, l’origine della nostra terra!”

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