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 Home page > Attualità > Economia > Mario Draghi e le sue armi retoriche non convenzionali

Mario Draghi e le sue armi retoriche non convenzionali

«L’area euro è molto, molto più forte di quanto le persone riconoscano oggi. Entro il nostro mandato, la Bce è pronta a fare qualsiasi cosa serva per preservare l’euro. E credetemi, sarà abbastanza. Ci sono sfide di breve termine, per usare un eufemismo.[...] Nella misura in cui la dimensione dei premi al rischio sovrano danneggia il funzionamento dei canali di trasmissione della politica monetaria, essi ricadono nel nostro mandato». 

Mario Draghi, 26 luglio 2012.

Nulla di nuovo in dichiarazioni di questo tipo: sono il rilancio di quanto affermato nella intervista a Le Monde giorni addietro. Come leggere questa dichiarazione? Come un tentativo di abbassare la febbre dei mercati usando la comunicazione, magari senza avere alle spalle consenso entro il board della Bce? Sarebbe mossa avventata e potenzialmente controproducente, nel momento in cui i mercati dovessero andare a vedere il bluff. E quindi, che altro? Forse entro il sopracitato board si sta facendo strada una posizione che metterà i tedeschi in minoranza? Vedremo a breve nuove dimissioni eccellenti a Francoforte?

E ancora: in che modo questa interpretazione del concetto di “stabilità finanziaria” verrebbe declinato, in caso? Con acquisti di titoli di stato italiani e spagnoli? Ma con le modalità sparagnine del Securities Markets Program viste sinora, compricchiando carta governativa e innervosendo i mercati, quindi con incapacità di piegare i rendimenti in un arco temporale che ecceda i pochi giorni o le poche ore? Oppure in modalità shock and awe? Non ci sono risposte, al momento. Ma quello che è certo è che, ancora una volta, pur negando risolutamente e “per contratto” di voler “integrare l’azione dei governi” (che non esiste, peraltro), Draghi sta nuovamente svolgendo un ruolo di supplenza.

A volerla leggere bene, peraltro, se la “dimensione degli spread sovrani danneggia il funzionamento dei canali di trasmissione della politica monetaria”, ciò significa che la dimensione di questi spread non è (più) misura e sanzione del “peccato” dei paesi sovrani, ma riconoscimento che siamo di fronte ad un fenomeno sistemico che travalica in modo perverso gli sforzi di aggiustamento compiuti dai singoli governi. Oppure, a seconda dei punti di vista, che il moral hazard si è impossessato dell’Eurozona. Noi sottoscriviamo la prima chiave di lettura ma siamo tolleranti, a differenza di altri.

Nessuno si illuda, comunque. La strada resta molto accidentata e piena di IED, non solo in prossimità dei marciapiedi.

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