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Argentina e petrolio: esproprio alle Repsol. Il 51% torna in mano allo Stato

La presidentessa argentina Cristina Fernández Kirchner ha annunciato che prenderà il controllo della compagnia del petrolio YPF, che dal 1999 è sotto il controllo del gruppo spagnolo Repsol.

 

In un intervento nella Casa Rosada il capodell'esecutivo argentino ha annunciato “l'esproprio” del 51% delle azioni della compagnia che passeranno nelle mani del governo: il 49% di questa fetta sarà distribuito tra le province produttrici di petrolio, il 51% resterà allo Stato centrale.

Il governo argentino, la cui decisione è stata preceduta da mesi di voci e inchieste giornalistiche, ha spiegato la misura con il fatto che nel 2010 il paese si è visto obbligato a importare combustibili per un totale di 10 miliardi di dollari. La decisione è stata presentata come recupero della “Sovranità degli idrocarburi della Repubblica Argentina” con la finalità del raggiungimento dell'autosufficienza. L'esproprio riguarda esattamente quel 51% della totalità di YPF che corrisponde alla quota di Repsol. La restante proprietà rimarrà in mano della famiglia Eskenazi e di altri piccoli investitori.

Nel 1999 Repsol aveva comprato il gruppo YPF per 13 miliardi 437 milioni di euro. Il Financial Times allora lodò il presidente del gruppo, Alfonso Cortina, per aver condotto la fusione dell'anno. Il gruppo Petersen (della famiglia Eskenazi) fu scelto nel 2008, con il consenso del governo, che mantenne diritto di veto, per “argentinizzare” la gestione, ed estese la sua quota al 26%. Recentemente c’era stato un relativo deterioramento delle relazioni del governo Kirchner con la famiglia proprietaria di Petersen, che tuttavia non è stata toccata.

Per salvare il salvabile è intervenuto perfino il re Juan Carlos. E a un recente infortunio di Juan Carlos in una battuta di caccia all’elefante in Africa ha fatto un riferimento derisorio Cristina affermando che a forze di bugie alla Repsol è spuntata una vera proboscide…

YPF rappresenta un quarto dell'utile operativo di Repsol, che non può probabilmente reggere il colpo dell'esproprio. El País aveva accusato la politica economica del governo argentino (aumenti dei salari superiori al 20% e congelamento delle tariffe e dei prezzi dei prodotti) di essere la causa dei problemi di approvvigionamento energetico. Ma la presidentessa ha reagito con una certa durezza, che ha fatto temere altri investitori (tra cui due gruppi italiani che gestiscono le reti del gas, Camuzzi e Techint).

In Spagna le reazioni sono state furibonde, non solo da parte del governo di destra: il partito socialista ha subito offerto il suo appoggio al governo, mentre il segretario generale del PSOE, Alfredo Pérez Rubalcaba, ha subito telefonato la sua solidarietà al presidente della Repsol Brufau. La posizione di IU è stata invece blandissima, e si è concentrata solo sulle reazioni minacciose e di stampo colonialista del governo, ma limitandosi a “criticare” Repsol che dimenticherebbe di pensare ai suoi impegni sociali, badando solo ai profitti, tanto è vero che ha investimenti o imprese in diversi paradisi fiscali…

Ovviamente le azioni di YPF sono cadute intanto del 19% alla borsa di New York.

Per un giudizio complessivo, aspetto i commenti più articolati di diversi compagni argentini: intanto posso solo dire che – anche se prevalentemente propagandistico, e lontano dall’essere una vera nazionalizzazione – questo gesto può avere una notevole risonanza in tanti paesi che sono stati ugualmente derubati. Ma per essere qualcosa di diverso dalla celebrazione della guerra delle Malvine utilizzata di recente a fini di politica interna, questo gesto deve anche affrontare altri aspetti del terribile saccheggio subito dall’Argentina nel periodo della dittatura militare e durante i regimi liberisti che hanno portato all’esplosione del 2001: ad esempio il vero e proprio furto di Aerolineas Argentinas da parte di Iberia…

Su questi antecedenti rinvio a Il debito argentino: retrospettiva e 2001. La crisi dell'Argentina.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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