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Animal Activists Forum. La conferenza di Melbourne

Il 10 e 11 ottobre scorso, ho partecipato all' Animal Activists Forum in Australia, tenutosi questo anno a Melbourne.

Il programma era fitto: quattro aule nella bellissima e interessante Town Hall della città in cui si dibatteva riguardo i diritti degli animali.

Ho seguito cinque interventi il primo giorno. Il primo sulla vivisezione, tenuto da Douglas Leith, in cui, semplicemente tramite citazioni di illustri professori, mostrava le ragioni perché questa pratica non funziona. In chiusura ha affermato che il”migliore” paese in questa materia è l'Italia, il Sud Tirolo nello specifico.

Il secondo, tenuto da Clare Mann, psicologa vegana, ero improntato su come interagire con chi vegano non è, quali tattiche bisogna adottare per non perdere il senno e cercare di mostrare i fatti a tali profani.

Anche il terzo era simile. Tenuto da Ron Prasad. Un ex amministratore delegato per alcuni noti marchi sportivi, ha spiegato come si possano adottare 5 punti chiave della comunicazione di vendita (punti in comune, evitare stereotipi, controllare le proprie emozioni, sorridre sempre a tutti, istruirsi continuamente) per le campagne a favore degli animali. Questa presentazione, sebbene avesse uno stile troppo americanizzato, ha posto chiaramente quali sono i limiti degli animalisti: arrabbiarsi subito e non conoscere l'interlocutore.

Gli altri due dibattiti erano tenuti, rispettivamente, da Daniele Beecher della Animals Australia (consigli su come usare facebook nelle vostre campagne) e Emmanuel Giuffreavvocato di Voiceless, l'istituto per la protezione animale. Questultimo ha illustrato i problemi legali in cui si possono imbattere alcuni attivisti, sottolineando come alcune leggi (ad esempio, la AG-GAGxxx nata negli Stati Uniti, arrivata anche in Australia, riguardante filmati non autorizzati nel settore agricolo e dell'allevamento) possano nascondere delle trappole per limitare la libertà di espressione e azione di alcuni gruppi.

Nella seconda giornata, ho partecipato alla brillante spiegazione della Prof. Suzanne Pope, della Central University del Queensland, la quale ha illustrato le sue ultime conclusioni su un vasto lavoro di ricerca riguardante le immagini da utilizzare nelle campagne per i diritti degli animali. La sua tesi sostiene che le immagini e frasi forti non funzionano mai, anzi, allontanano sempre più le persone “normali” (ha mostrato la classica frase “Auschwitz inizia ogni volta che qualcuno guarda a un mattatoio e pensa: sono solo animali”. Ha scatenato una bufera in Australia, allontanando le simpatie verso gli animalisti e alcune loro cause). Inoltre, ha introdotto il concetto del “Paradosso della Carne”, riassunto nella seguente contraddizione: Amo gli animali, ma mangio la carne.

In seguito, ho raggiunto la sala 2 per ascoltare l'avvocato Angela Pollard (titolo del suo intervento: Solo un gran brutto giorno: trasporto e macello degli animali), accompagnata da Josh Agland, il quale lavorava, per tre anni, come operaio in un mattatoio, ora pentito e convertito vegano, il quale ha raccontato la sua esperienza, describendo nei minimi dettagli, alcuni macchinari per l'uccisione e lo smembramento delle mucche. Da non sottovalutare la sua forte convinzione nel non criminalizzare i lavoratori in questi macelli poiché, finché non gli si daranno condizioni lavorative migliori, non si possa essere contro di loro. Essendo vittime del sistema stesso, non hanno alternative, per certi aspetti.

Ho concluso la seconda giornata assistendo agli interventi di Emma Hurst della Animal Liberation del Nuovo Galles Del Sud, riguardo la psicolinguistica e il modo in cui l'industria della carne usa il linguaggio per difendersi e diffondersi. L'opinione della Hurst è di sforzarci nel conoscere i termini linguistici utilizzati in modo da sovvertirli e controbatterli.

L'ultima esperta, Monika Merkes, ricercatrice e fondatrice del blog Ozsheba, in cui pubblica i dati di tutte le compagnie quotate nella borsa australiana, sottolineando il loro coinvolgimento, diretto o indiretto, con la sperimentazione animale.

Le conferenze e i workshop erano veramente tanti impossibile essere presente a tutti. Purtroppo, per un errore di calcolo, non ho potuto assistere alla presentazione di alcuni esponenti del Partito Animal Justice insieme ai Verdi.

Tutti i dibattiti erano incentrati su quali strategie adottare per allargare il consenso tra chi vegano non è e avere più voce tra i media e nella politica. Non ci sono irrilevanti interventi autoinclusivi, il tutto era rivolto verso il mondo reale. Molte idee sul tavolo, concretizzabili a breve termine e la voglia di giocare un importante ruolo nella società, politicamente e intellettualmente.

Il livello dei presentatori, eccetto forse un paio a cui non ho partecipato, era molto alto e qualificato, nessuna gattara o hippy del momento. Molta la serietà e la preparazione di chi vi era dietro.

Hanno partecipato circa 1000 persone, considerato il costo di ingresso elevato (95 $ al giorno), un successo.

 

 

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