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Ancora violenza sull’infanzia disabile

Ancora violenza sull'infanzia disabile

E’ successo a Treviso. Due operatrici di un ente assistenziale che maltrattavano bimbi disabili in tenerissima età, di pochi anni. Invece di cure e di affetto, schiaffoni.
Prima a poi, siamo tutti destinati ad essere disabili; almeno a causa dell’età. Esistono, però, delle differenze fra chi è diventato disabile in età avanzata e chi lo è diventato nell’infanzia.
 
La prima è che i soggetti disabili dall’infanzia dimostrano un’età inferiore a quella effettiva. Per chissà quale motivo, appaiono tutti più giovani di una decina d’anni. Questa cosa non comporta alcun problema.
 
La seconda è che alcuni soggetti disabili dall’infanzia sono autistici; tutti, però, indistintamente, i soggetti disabili dall’infanzia, autistici lo sono un poco. Questa cosa comporta molti problemi, perché la generalità degli adulti ignora completamente cosa vuol dire autismo e come ci si deve relazionare correttamente con gli autistici.
 
Forse per questo motivo o forse per qualche altro, nella nostra società la reazione degli adulti nei confronti del disabile, più o meno autistico, è, nella generalità dei casi, sintetizzabile in una sola parola: razzismo. Il disabile viene visto e considerato come un essere sub-umano. Proprio come i giapponesi consideravano i nativi delle isole del Pacifico e gli abitanti della Manciuria; proprio come nazisti consideravano gli ebrei e gli slavi.
 
Questo fenomeno non conosce differenza di classe: accade sia con cittadini appartenenti ai ceti più popolari sia con soggetti appartenenti alla classe dirigente.
Un esempio? Il vostro reporter ha presentato ripetuti esposti alla Procura della Repubblica della sua città, in cui compiutamente denunziava atti di discriminazione e di soperchieria compiuti in danno di un congiunto disabile; con il risultato di vedere tutte quante archiviate le sue denunce e di essere a sua volta sottoposto a processo penale. Detto processo è ancora in corso e chiunque ha diritto a seguirlo. Come le denunce di cui sopra sono tutte archiviate nella cancelleria del Tribunale, lì per essere lette da chi ne avesse interesse.
 
Di episodi simili il vostro reporter ne conosce tanti, sia che riguardano il proprio congiunto sia che riguardano altri soggetti appartenenti alla galassia della disabilità della propria comunità; potrebbe scriverne per settimane.
 
Bruno Bettelheim, il grande medico dell’infanzia autistica ed ebreo viennese ospite dei campi di sterminio nazisti per quest’ultimo motivo, a lungo denunciò la mancanza di iniziativa e di resistenza contro il nazismo da parte degli ebrei, scagliandosi contro quella che chiamò “la mentalità del ghetto”, ossia la mentalità di non voler sapere cosa accade oltre il cancello del proprio cortile. Per chi fosse interessato, basta leggere cosa ha scritto negli ultimi capitoli del suo saggio La Vienna di Freud. Ma, direte voi, cosa fare incisivamente contro gli stivali delle SS? Qualcuno ha detto che l’unica cosa appropriata per gli ebrei caduti in potere dei nazisti era il suicidio.
 
Nel caso dei disabili del nostro Paese, senza giungere a tanto, si può pensare a lottare descrivendo l’orrore che li circonda e denunciandolo alla pubblica opinione, incuranti dei “nazisti” che occupano posti di rilievo nelle Istituzioni. Sta proprio facendo questo, mentre lo leggete, il vostro reporter.
 
E sogna un mondo dove giudici e pubblici ministeri, questori e poliziotti, educatori ed insegnanti, rettori e presidi di facoltà, tutti insieme, prima di assumere le loro funzioni, vengano formati sull’autismo e sull’infanzia autistica; tutti insieme prendano coscienza che la nostra Costituzione pone al centro l’uomo, anche se disabile (anzi, ancor più se è disabile); tutti insieme riservino ai disabili attenzioni, cure ed affetto, e non schiaffoni, come è accaduto a Treviso e come ancora accadrà se questo Paese non saprà riconquistare la propria umanità davanti ai suoi figli più deboli.

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