• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Tribuna Libera > All that remains: il berlusconismo senza Berlusconi

All that remains: il berlusconismo senza Berlusconi

Il berlusconismo, che ovviamente esisterebbe senza Berlusconi, esattamente com’è possibile avere un fascismo senza Mussolini, è il sintomo tutto italiano, più evidente e fastidioso di quelli che si manifestano altrove, di una malattia che sta colpendo tanti paesi democratici.

Per comprenderlo meglio, si deve operare una riduzione al minimo del berlusconismo, privandolo di tutti quegli elementi che sono legati alla persona di Silvio Berlusconi, ai suoi problemi giudiziari ed economici, ed alla sua personalissima biografia: resta un coagulo di forze contrarie, di fatto, alla democrazia liberale (di cui rispettano a malapena le forme, ma i cui principi non comprendono neppure) e, più in generale, alla politica.
 
Il berlusconismo, volto italiano del populismo nell’era della televisione (è vecchio, il berlusconismo, figlio degli anni 70 e 80, non solo nella pseudo-ideologia economica di stampo reaganiano, ma anche nei modi di comunicazione) e che proprio al dominio incontrastato della televisione deve i suoi successi, esprime, infatti, lo stesso fastidio per le limitazioni al potere del governo che ritroviamo nella Francia di Sarkozy, come pure nella stessa Spagna di Zapatero ed era caratteristica saliente dell’America di Bush. Non è solo in Italia (anche se solo in Italia si è arrivati alla completa esautorazione del Parlamento) che i governi si sono posti a legiferare utilizzando con sempre maggiore frequenza e spregiudicatezza la decretazione d’urgenza.
 
E’ un fenomeno globale, ben spiegato da Giorgio Agamben nelle sue opere, la tendenza degli esecutivi a trasformarsi, da poteri degli stati, in superpoteri, sottraendosi alle limitazioni loro poste dai parlamenti; in Italia però, ed è su questo punto specifico che non si può prescindere dalla personalità di Berlusconi, si vorrebbe addirittura sottrarre il governo al controllo della magistratura. Il potere esecutivo, se i berlusconiani potessero compiere i propri disegni, assumerebbe anche le funzioni del potere legislativo (e questo lo ha già fatto in tutto e per tutto) agendo in uno spazio suo, dove le normali leggi della Repubblica non valgono. Il capo del governo diverrebbe anche un legislatore sopra le leggi, che le leggi emana, ma alle quali non è egli stesso soggetto: una visione dello stato che è direttamente antitetica a quella che troviamo espressa nella nostra Costituzione e, più in generale, ai principi della democrazia liberale.
 
Il Presidente del Consiglio trasformato in sovrano assoluto, quello che alla fine i berlusconiani vorrebbero, attrae una plebe (si può benissimo essere plebei e miliardari) che è stata educata al disinteresse per la politica. Trovo ridicole, anzi demenziali, le accuse rivolte a certe frange dell’opposizione d’essere antipolitica. L’antipolitica in Italia ha un proprio partito di riferimento: il PdL. Chi lo vota non può, per definizione, avere il minimo interesse al dibattito e al confronto d’idee (che da quel partito sono esclusi per principio) come pure non può pensare di fare politica attiva, se non come vassallo del Capo da cui promanano tutte le cariche, in un movimento che non conosce alcuno strumento di democrazia interna. Le infinite leggi approvate in questi anni solo per risolvere i problemi di Silvio Berlusconi, possono far sorridere gli italiani e ridere gli stranieri, che pure sghignazzano davanti ai comportamenti più popolareschi del nostro presidente del consiglio, ma non v’è nulla da ridere per nessuno se si comprende quale sia la natura profonda del berlusconismo. Esattamente come il fascismo non era un male solo italiano, ma in Italia si manifestò per primo, così il berlusconismo esprime una crisi della politica che non è solo italiana e, seppure in forme diverse, potrebbe contagiare anche altri paesi. Per le masse decerebrate prodotte dalla civiltà dell’intrattenimento obbligatorio, per i cittadini dell’occidente che non sanno neppure più leggere sei righe una sull’altra, non sopportano la poesia, si annoiano ascoltando una sinfonia e rifuggono da qualunque cosa non sia facile, immediata e superficialmente divertente, il berlusconismo può avere un fascino straordinario. Il fascino di ciò ci promette risultati senza sforzi; che ci chiede solo un atto di fede e ci risparmia poi, per sempre, la fatica di pensare. E‘ la politica ridotta al nulla, alla fiducia nel Capo, che può attrarre chi ha ormai il terrore della noia e che non può concedere alla propria mente il tempo riflettere; di chi vuole essere informato a ritmo di spot e chiede al dibattito politico d’essere divertente. (Che risate, le mie, quando ho sentito certi figuri dire che zittire un interlocutore è antidemocratico; certo che lo è ed è esattamente quel che fanno loro, continuamente, nei loro salotti televisivi).
 
Diceva Sartre che le rivoluzioni nascono a letto; aveva ragione, ma si può dire di più: anche la democrazia si pratica a letto o dovunque uno si senta comodo per riflettere. Anche la democrazia (torniamo sempre a leggere Pericle) richiede tempo e cura. Resta viva solo fino a che noi, tutti, lo vogliamo; quando non abbiamo più attenzione da dedicarvi diventa altro e il berlusconismo, che ci sia o no Berlusconi cambia poco, e il prodotto politico perfetto per la società degli eterni distratti. Fermare il berlusconismo ora non significa solo risparmiarci altri anni di pessimo governo come non significa solo salvare quel che resta della democrazia in Italia, primo passo della restituzione del nostro paese ad una normale vita politica. Significa dare al resto d’Europa e al mondo il segnale che il processo non è irreversibile; che la post-post-modernità, o come diavolo vogliamo chiamare questa condizione umana che ancora nome non ha, contiene assieme ai germi del male anche la sua cura. Che finito l’abuso dei giocattoli della modernità si possono finalmente usare gli strumenti della tecnologia per creare una democrazia ancora più forte, condivisa e partecipata. Servirebbero degli uomini di visione per riuscirci davvero, altrimenti, Berlusconi o no, il berlusconismo resterà con noi. Uomini di visione? Sì, quelli che un tempo si chiamavano politici. Da qualche parte, io ho fiducia, ci saranno.

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares