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Alitalia: dalla tragedia alla farsa

Fino a 10 anni fa c’erano tutte le condizioni per fare di Alitalia una grande multinazionale del trasporto aereo.

Alitalia, grazie all’illuminata direzione del dottor Domenico Cempella, era diventata la prima compagnia aerea europea. L’accordo di fusione, stipulato nel 1998, tra Alitalia e KLM fu la lungimirante mossa strategica che rese possibile un risultato che oggi appare fantascientifico. Gli olandesi di KLM furono convinti da Cempella a fondersi con Alitalia, perché si aspettavano l’imminente trasformazione dell’aeroporto di Malpensa in un grande scalo intercontinentale da utilizzare, al pari degli aeroporti di Fiumicino ed Amsterdam, come grande base operativa della neonata Alitalia-KLM. Quando, nell’aprile del 2000, gli olandesi di KLM capirono che le loro aspettative sull’aeroporto di Malpensa erano destinate ad essere deluse, disdettarono la fusione con la compagnia di bandiera italiana e pagarono 250 milioni di euro di penale.

Quella disdetta fu l’inizio della fine di Alitalia! I veri colpevoli dell’ingloriosa fine di Alitalia dobbiamo, pertanto, trovarli tra coloro che, impedendo lo sviluppo dell’aeroporto di Malpensa, indussero gli olandesi di KLM a rimangiarsi l’accordo sottoscritto con Cempella.

Il primo colpevole dell’assassinio di Alitalia è stata la politica milanese e lombarda (in primis, l’allora sindaco di Milano Gabriele Albertini), che si oppose con le unghie e con i denti all’indispensabile ridimensionamento dell’aeroporto cittadino di Linate. Senza il ridimensionamento dell’aeroporto di Linate, infatti, non è stato (e non sarà) possibile far raggiungere all’aeroporto di Malpensa i volumi di traffico necessari a poterlo trasformare nella base operativa di una grande compagnia aerea internazionale.

Il secondo colpevole è stato il governo presieduto D’Alema che, alla fine del 1999, sotto la pressione della lobby lombarda, bloccò il programmato trasferimento dei voli da Linate a Malpensa.

Eccoli i veri colpevoli della morte di Alitalia: l’ingordigia della politica milanese e lombarda e la debolezza del governo centrale dinanzi alle campanilistiche e particolaristiche (ipocritamente spacciate per federalistiche) rivendicazioni dei cacicchi milanesi.

Dall’aprile del 2000, la sorte di Alitalia è segnata.

L’agonia si prolunga per otto lunghi anni sino al fallimento decretato da Augusto Fantozzi nel settembre del 2008. Dall’aprile del 2000, Alitalia non riuscirà a liberarsi dalla maledizione di essere troppo piccola per competere con i grandi vettori intercontinentali e di essere troppo grande per competere con le più piccole compagnie a basso costo.



A questa tragedia nazionale si è aggiunta la farsa berlusconiana di questi ultimi mesi. Con l’acquisto del 25% della Cai-Alitalia da parte di Air France – KLM, la compagnia franco-olandese diventa l’azionista di riferimento della mini-compagnia nata dalle ceneri della fallita Alitalia e non deve nemmeno accollarsi gli oltre 3 miliardi di debiti che era disposta a prendersi in carico lo scorso marzo, quando presentò allo già sfiduciato governo Prodi un’offerta vincolante di acquisto.

Con poco più di 300 milioni di euro Air France – KLM può esercitare un’influenza rilevante sulla gestione della sdebitata - a spese dei contribuenti italiani - e rimpicciolita Cai-Alitalia. Inoltre, l’assorbimento in Cai-Alitalia del maggiore vettore aereo italiano concorrente - Air One - della defunta Alitalia ha oggettivamente limitato l’offerta dei servizi di trasporto aereo in Italia e ridotto notevolmente la concorrenza nel settore.

Infine, il fallimento di Alitalia ha reso disoccupati più di 7.000 lavoratori, circa il triplo di quelli che sarebbero risultati in esubero se fosse stata accettata l’offerta di
acquisto presentata a marzo da Air France – KLM.

Alla fine della fiera, agli italiani restano solo i debiti, i disoccupati e la soppressione di un bel po’ di collegamenti aerei. E’ persino inutile puntualizzare che è di Silvio Berlusconi l’esclusiva responsabilità di questo capolavoro di autolesionismo e di stupidità.

Ancora una volta, trova conferma la tesi di chi lo considera un abile venditore d’idiozie, un ottimo gestore dei suoi non sempre leciti interessi privati e, soprattutto, un pessimo governante.

Malgrado tutti questi disastri, non è assurdo prevedere che la fuoriuscita dello Stato dalla gestione del trasporto aereo (che non è un settore tecnologicamente strategico) possa, nel medio termine, tornare utile ai passeggeri.

Liberati dalle incombenze di gestione, infatti, i pubblici poteri avranno la possibilità di concentrarsi sulla tutela degli utenti del trasporto aereo, adottando sempre più spinte politiche di liberalizzazione dei diritti di volo. E’ importante sottolineare che questa speranza potrà trovare attuazione NEL MEDIO TERMINE, perché il breve termine ci riserva solo ciarlatani e cialtroni.

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